Si potrebbe dire parafrasando il titolo di un vecchio film, “non c’è più religione”. Perchè? Un’azienda (forse in crisi) ha avuto la cattiva idea di creare uno spot in cui al posto dell’ostia divina alcune suore ricevono dal sacerdote una patatina rimanendo per un momento incredule. I cattolici e comunque i fedeli rimangono basiti ed iniziano le proteste finché l’autorità del garante stabilisce che quella pubblicità offende, oltre che essere blasfema, e ordina di non mandarla più in onda.
Insomma Cristo sarebbe così ridotto ad una patatina. Un commento? Senza parole si potrebbe rispondere. A che pro inventare una pubblicità che va contro le convinzioni morali, civili e religiose dei credenti? La speranza era questa: con un “bum” di certo sconcertante si sarebbe potuto rilanciare di nuovo un prodotto che non attirava più il mercato. Ora, tutto si può comprendere perché la pubblicità è l’anima del commercio, ma per quale motivo si è scelto un filmato talmente irrispettoso che ha creato indignazione ai credenti e ancora di più magari a quei fedeli che ogni settimana vanno in chiesa per comunicarsi?
E’ un momento assai difficile per i cattolici, ma anche per le persone che, pur non essendo bigotte, rispettano i principi dettati dal cristianesimo. Un primo turbamento lo si è avuto qualche settimana fa quando a Pioltello, un paese non lontano dalla metropoli lombarda, il consiglio di istituto di una scuola ha deciso di non tenere le lezioni per la fine del Ramadan, una festa religiosa assai cara agli islamici. Il motivo? Perchè il 43 per cento dei ragazzi che lì studiano sono per l’appunto di fede islamica.
Tutto questo senza ascoltare o addirittura avvertire i parenti di quegli alunni che di islamico non hanno proprio nulla. Proteste, titoli a caratteri cubitali sui giornali, i social impazziti, quindi l’intervento del ministro Valditara, fino alle parole del presidente della repubblica che si è detto d’accordo con le scelte del consiglio di quell’istituto. Ancora oggi, il “putiferio mediatico” non si è placato e forse avverrà questo in futuro: nei banchi di una classe non potranno esserci percentuali così alte di islamici, al massimo non dovranno superare il venti per cento.
A riportare tempesta fra i cattolici, ecco lo spot delle patatine in crisi commerciale. Come uscire da questa difficile situazione dell’azienda? Con uno spot traumatico che avrebbe certamente sconvolto il mercato. Allora, si ricorre a riferimenti blasfemi e anche degradanti per chi fa pubblicità. Lo scopo è solo quello: “purché se ne parli”. Fino a che punto è lecito questo comportamento? Crediamo che non si possa andare al di là di qualsiasi regola. Che determinate credenze non possono essere derise solo perchè quella patatina (soltanto quella) non è più di moda.
Osseviamo quanto segue: se qualcuno avesse azzardato a violare determinati principi di qualsiasi altra religione si sarebbe gridato allo scandalo. Così come è avvenuto di recente a Monfalcone, un paese in provincia di Gorizia, dove un sacerdote ha dato agli islamici del luogo, la possibilità di servirsi di una chiesa per incontrarsi ed andare a pregare.
I cattolici di quel paese si sono indignati, hanno puntato il dito contro quel prete che si è detto sconcertato dalla reazione di un buon numero di paesani. Però, alla fine, il permesso è stato accordato e tutto è tornato alla normalità.
Nel caso di “Cristo ridotto ad una patatina”, non si è trattato solo di uno spot irriverente. Si voleva dimostrare che determinati princìpi della cristianità possono essere oltreppassati e nessuno deve meravigliarsi. Questa volta agli autori di quella pubblicità è andata male perché l’onda d’urto è stata tale che il divieto è stato immediato e lo spot non si vedrà più in nessuna rete. Siamo sicuri che quell’ azienda – in crisi per un prodotto – avrà perduto, oppure avrà fatto centro perché tutti oggi ne parlano sia pure per condannarla? In futuro, quindi, si dovranno premunire certe scelte perché bandirle dopo può non significare nulla.
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