La Repubblica Veneta: ovvero resistenti, non separatisti. I giornali li snobbano, compresi stranamente i giornali locali..
Ma sotto la cenere continua a covare un focherello. Che come sempre in questi casi, considerato dall’esterno folclore può anche trasformarsi in un incendio, data anche la non ottima situazione italiana ed europea che si presta a sviluppi imprevedibili.
La Repubblica Veneta è un organismo che non ha nulla a che vedere con il leghismo, cioè né con la Lega di Salvini e neppure con la Liga Veneta.
E’ invece nato sette anni fa, nel 2016, come autonominato erede della gloriosa repubblica nota anche come Serenissima. Capitale Venezia.
Storia millenaria e territori in Italia fino a Bergamo. E fuori Italia oltre l’Adriatico.
La ricca e potente Repubblica Veneta era guidata dalla figura del Doge e dall’assemblea del Maggior Consiglio. Composto da 1.200 patrizi e massimo organo politico della Repubblica. Le decisioni del Gran Consiglio per essere valide prevedevano il numero legale di almeno 600 presenze.
L’attuale Maggior Consiglio, autonominatosi nel 2016 e composto da 120 persone (un decimo dei 1.200 dei secoli d’oro), il 22 ottobre dello stesso 2016 ha designato come doge – per la precisione il 121esimo (in numeri romani CXXI) – il venezianissimo Albert Gardin, ex direttore della veneziana Editoria Universitaria.
La più recente iniziativa del Doge e della sua Repubblica Veneta prevede addirittura la creazione di una propria criptovaluta, o moneta digitale che dir si voglia, sull’esempio del Bitcoin, da chiamare Zecchino.
Da chiamare cioè col nome della moneta forte che fu della Serenissima.
Vale dunque senz’altro la pena di intervistare Gardin a partire da questa ambiziosa novità.
DOMANDA – La vostra più recente iniziativa riguarda la creazione di una moneta virtuale della Repubblica Veneta. Cosa significa esattamente, come pensate di crearla e, infine, come pensate di utilizzarla? Per quali tipi di scambi commerciali e con chi?
RISPOSTA – Va da sé che uno Stato indipendente abbia un portafoglio indipendente e non controllato da Uffici esteri o stranieri.
La moneta rappresenta la forza vera di uno Stato. Per ricostituire la nostra indipendenza monetaria, abbiamo bisogno di regolare i nostri rapporti con lo Stato occupante, uscire dall’Euro e riprendere l’emissione dello Zecchino, la prestigiosa moneta della Serenissima.
Un percorso risolutivo sul tesoro veneto trattenuto dalla Banca d’Italia e sull’emissione dello Zecchino ci è stato prospettato dal monetarista francese, Philippe Simmonot.
D – Siete impegnati anche in un’azione giudiziaria contro il questore di Padova per dei divieti di manifestazione e per il divieto nei suoi confronti di poter mettere piede a Padova per un certo periodo. Quale periodo, per l’esattezza e perché è nato tale divieto?
R – L’emissione di un “foglio di via” dal Comune di Padova a danno di 10 patrioti veneti (due anni verso il sottoscritto e un anno agli altri 9) dal Questore per la nostra celebrazione di un processo indipendente contro i crimini giudiziari ( https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/repubblica-veneta-il-25-aprile-davanti-al-duomo-di-padove-celebra-san-marco-non-la-liberazione-cerca-incidenti-3264472/ ), processo effettuato sul Sagrato della Basilica di Sant’Antonio, è stata così eccessiva e spropositata per cui è legittimo pensare che sia una disposizione ordinata direttamente da Roma, nella speranza di metterci a tacere.
Il provvedimento ricorda nello spirito le misure di confino contro gli antifascisti emesse dal fascismo nel 1926.
D – Può fare la cronistoria di come si è arrivati al punto di rottura da voler processare il questore di Padova? Quali sono i singoli punti del contenzioso?
R – I fatti sono questi. Abbiamo reagito all’arresto di un avvocato pordenonese, noto per le sue battaglie giudiziarie.
Abbiamo denunciato la situazione con un volantinaggio quotidiano per un mese davanti al Tribunale di Padova, divenuto competente sul caso, dove prospettavamo un processo giudiziario indipendente sul caso in questione.
Infatti il 21.1.2023, sul sagrato della Basilica del Santo, territorio pontificio a seguito del Concordato Santa Sede/Italia del 1929, ci siamo riuniti in Corte processuale per affrontare la complessa situazione sotto tutti i punti di vista.
Sul Sagrato eravamo attesi dalla Digos e dalla polizia in divisa .
Ci fu notificato una prescrizione del Questore di Padova, Antonio Sbordone (ora promosso a Bologna), di effettuare la nostra “manifestazione” (non era una manifestazione!) “fuori dal Sagrato”.
Non abbiamo preso in considerazione la prescrizione perché: non si trattava di manifestazione, ma di un raduno privato, ristretto ai 20 convocati del Tribunale Tortora, a sfondo “antoniano” e per di più in territorio fuori giurisdizione della Questura di Padova. Il nostro rifiuto ha portato all’emissione di un “foglio di via” dal Comune di Padova.
Abbiamo denunciato il Questore per abuso d’ufficio e attentato ai diritti civili e politici. Con nostro stupore la Procura, senza avviare indagini sui fatti, ha chiesto l’archiviazione della denuncia, assecondata dal Giudice per le Indagini Preliminari che ha respinto la nostra opposizione all’archiviazione.
Il processo verrà dunque ripreso da una Corte indipendente del Tribunale Tortora presso il Palazzo di Giustizia di Padova o in altro ambiente giudiziario se gli spazi del Tribunale di Padova ci venissero negati.
D – Avete chiesto di poter celebrare il processo in un’aula del tribunale di Padova. Davvero pensate che potrebbero concedervela?
R – Noi poniamo civilmente il problema, ai responsabili di rispondere in modo democratico o in modo burocratico. Li giudicheremo dai fatti!
D – L’azione la vorreste condurre con il vostro tribunale al quale avete dato il nome di Tortora. Come è nato tale tribunale, quali sono i suoi magistrati e come sono stati scelti?
R – Il Tribunale “Enzo Tortora” è un’organizzazione democratica e libera, composta da personalità attente ai diritti civili, che viene attivato per giudicare i crimini commessi dai Tribunali italiani.
D – Come sono andati i rapporti con le autorità francesi che pochi anni fa pareva volessero dialogare con voi a partire dal trattato di Campoformio, voluto da Napoleone e che mise fine alla Repubblica Veneta spartendone i territori tra la Francia e l’Austria? Quali erano i temi sul tappeto ( https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/venezia-macron-repubblica-cana-3214919/ )? Sono stati affrontati? Quando, dove e come?
R – La Francia resta un “paese canaglia”, un paese che non riconosce i suoi crimini politici e militari.
Finita la Seconda guerra mondiale, Parigi ha preteso un Trattato di Pace con la Germania per il risarcimento dei danni di guerra e le spoliazioni commesse dalle truppe tedesche durante l’occupazione della Francia.
Noi chiediamo la stessa cosa alla Francia che continua a fingere di non sentire! È uno scandalo pubblico che il Louvre sia pieno di opere d’arte veneziane, ma anche italiane, furti compiuti a mano armata dalle truppe francesi. Uno scandalo che deve finire!
D – Nel corso degli anni avete ventilato rapporti anche con altri Stati, europei e non europei. Con quali e per ognuno di loro per quali motivi? Siete poi riusciti a creare dei rapporti concreti e stabili, diciamo istituzionali, con qualche Stato? Se sì, con quali?
R – Noi siamo attivi su molti fronti, ma le politiche internazionali soggiacciono a regole imperialistiche, coloniali. Gli Stati si muovono con grande prudenza nei nostri confronti per non incappare in veti o sanzioni internazionali. Riconoscere la Repubblica Veneta avrebbe un effetto destabilizzante per tutto il quadro politico internazionale!
D – Lei è stato nominato 121esimo doge della Repubblica Veneta dai membri dell’asserito Gran Consiglio. Quanti sono e chi ha nominato i membri del Gran Consiglio?
R – Le istituzioni rappresentative della Repubblica Veneta si sono costituite in un arco di tempo di alcuni decenni.
La stessa presa del Campanile del 1997, ad opera degli 8 “Serenissimi”, fa parte di questo processo.
Nel 2010 abbiamo messo le cose in chiaro: non siamo secessionisti rispetto all’Italia (paese occupante), ma resistenti della Repubblica Veneta.
Il Maggior Consiglio è un parlamento, non formato da delegati eletti o votati, ma da patrioti volontari, come lo era il Maggior Consiglio della Serenissima. Nel 2016, il Maggior Consiglio ha eletto il 121° doge in segno di continuità giuridica e politica della Repubblica Veneta che noi Veneti consideriamo sempre viva, sebben provvisoriamente e illecitamente occupata.
D – Come si svolge e in quali sedi la vita organizzativa del Gran Consiglio?
R – Sotto dominazione straniera, operiamo necessariamente “alla macchia”, senza sedi fisse, senza uffici organizzati, ma teniamo tra di noi relazioni strette e costanti, aiutati dalla tecnologia che ci permette di effettuare la maggior parte delle nostre riunioni in videoconferenza.
D – Avete un vostro giornale e altri mezzi di comunicazione di massa?
R – Non abbiamo giornali che sostengono la nostra causa. Nonostante che siamo molto attivi nella comunicazione, la censura contrasta i nostri comunicati con una rigorosa e spudorata cortina di silenzio.
D – In che lingua parlate nelle sedi e nelle mansioni istituzionali: in italiano o in veneto?
R – Come in passato, parliamo in lingua veneta nelle relazioni interne e private, ma dal 1525 pratichiamo la proposta di Pietro Bembo (“Prose della Volgar Lingua”) di usare la lingua toscana nelle comunicazioni ufficiali. Nel Maggior Consiglio era normale esprimersi in veneziano, ma i documenti venivano trascritti in toscano, la lingua ufficiale riconosciuta dalla Serenissima.
D – Se parlate in veneto, in che lingua pensate di comunicare con i rappresentanti di Stati esteri?
R – Per le comunicazioni internazionali usiamo il toscano o altre lingue suggerite dal caso. La lingua veneta resta un nostro prezioso patrimonio identitario.
D – Qualunque organizzazione ha dei costi, certamente anche la vostra dato anche che cercate rapporti internazionali, con altri Stati. Come vengono coperti tali costi? Esiste un bilancio?
R – Non possediamo ancora un apparato organizzativo statuale classico, perciò la nostra organizzazione finanziaria è ancora provvisoria. Evitiamo sempre spese superflue e comunque dispendiose.
D – Quali dovrebbero essere i confini della Repubblica Veneta?
R – Rivendichiamo i confini della Repubblica Veneta prima dell’occupazione franco-austriaca del 1797 e ben descritti nel Trattato di Campo-Formio: “La Repubblica Veneta dov’era e com’era!”
D – Per domenica 24 gennaio dell’anno prossimo è stata convocata a Treviso, con partenza alle 15 dallo spazio antistante la stazione ferroviaria, una manifestazione dei veneti per la pace e la libertà.
Lo slogan ufficiale è “I veneti in marcia per la pace e la libertà”. Quante persone pensate che vengano?
R – Per molte ragioni avverse, se riusciremo ad essere in 200 alla Marcia di Treviso, lo considereremo un grande successo politico!
D – Le parole d’ordine della manifestazione non sono poche:
Storia, Valori, Autodeterminazione, Diritto, Decolonizzazione, Indipendenza, Lingua, Libertà. Può riassumere brevemente cosa volete ottenere per ognuna di queste voci?
R – La marcia ha lo scopo di tenere viva la questione dell’indipendenza, di ricordare ai Veneti che il nostro obiettivo è quello di liberare la Repubblica Veneta perché possa contribuire alla formazione di una nuova Europa, libera dal colonialismo USA, libera dalla peste della guerra; alla formazione di un’Europa non frantumata, ma coesa e inclusiva, secondo le idee che furono anche di Charles De Gaulle e di Michail Gorbaciov. La brillante e pacifica storia di Venezia ci permette di sostenere questa prospettiva, la prospettiva di un’Europa migliore, in un Mondo migliore.
D – Volete che il veneto venga insegnato nelle scuole? Ma il veneto dell’area veronese è diverso dal veneto dell’area veneziana, in un’area per esempio per dire soldi si dice “schei”, suono duro, nell’altra invece si dice “sghei”, suono più morbido.
R – La Nazione Veneta deve curare e valorizzare il suo ricchissimo patrimonio culturale e linguistico.
Non abbiamo bisogno di inventarci una lingua veneta, perché è semplicemente quella della nostra letteratura, della letteratura, dei libri circolati presso tutte le persone colte prima delle occupazioni straniere.
Le scuole e le università non dovranno pertanto inventarsi nulla, ma semplicemente ridare vita e ossigeno al nostro patrimonio linguistico e culturale.
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