Il rimpasto è un sostantivo che in cuor suo Giorgia Meloni sogna, ma le viene difficile se non impossibile attuarlo. Chi potrebbe essere sostituito nel governo potrebbe tacciare di tradimento la leader di Fratelli d’Italia, ma queste sono parole grosse, pur se chi subisce la bocciatura forse le pensa.
Perché se ne parla un’altra volta con insistenza? Per il motivo (è la stessa premier a sostenerlo) che il 2025 sarà un anno difficile per cui “dovremmo ricaricare le batterie” per affrontarlo e superarlo. Che cosa significa? Vuol dire non commettere nemmeno il più piccolo errore, altrimenti “l’opposizione ci salterà addosso” e sarà assai complicato difendersi.
Problema dei migranti a parte di cui parleremo più avanti, ecco presentarsi all’orizzonte uno degli argomenti più significativi sostenuti dalla Meloni: il premierato. Attenzione, bisogna riconoscerlo: il governo ha già fatto un passo indietro al riguardo. La premier sognava il presidenzialismo, cioè l’elezione diretta del capo dello Stato che oggi spetta alle Camere riunite in seduta comune.
Meloni frena sul premierato
Apriti cielo: in tal modo si volevano ridurre i poteri del presidente della Repubblica in favore di chi avrebbe occupato la poltrona di Palazzo Chigi. Retro-marche, quindi, per evitare spiacevoli sorprese. Anche perché, sia pure non ufficialmente, Mattarella intervenne per convincere la premier “a più miti consigli”.
Oggi, pure quella riforma è in bilico. Per il momento riposa, avrà la possibilità di ritornare a galla? Risposta difficile pur conoscendo la caparbietà di Giorgia. Anche in questo caso, c’è l’evidente pericolo di un referendum e quanto pericolose siano le scelte popolari lo si potrebbe chiedere a Matteo Renzi, relegato da quella sconfitta nel dimenticatoio.
Il problema dell’immigrazione clandestina, un altro problema che ha dato e darà seri grattacapi all’esecutivo. Il flop dell’esperimento Albania è stato un duro colpo per il governo, Viaggi di andata e ritorno per meno di venti passeggeri contenti di fare una inaspettata crociera. Ora Giorgia Meloni ritorna in trincea e rilancia l’idea: i centri albanesi torneranno a funzionare “anche se dovessi lavorare ventiquattro ore su ventiquattro” fino alla fine della legislatura. In questo caso, la Meloni ha l’appoggio dell’Unione europea che segue con attenzione una simile strada che potrebbe essere percorribile da altre Nazioni del vecchio continente.
Perché ci vorrebbe un rimpasto
Last but not least, ecco il tema della giustizia e della divisione delle carriere in cui, oltre all’opposizione, sarà necessario difendersi da quel braccio della magistratura che non vuole perdere i risultati ed i “privilegi” fin qui raggiunti. Se ne parlerà presto, anzi prestissimo già dall’inizio di gennaio quando il ministro Nordio spiegherà in Parlamento le ragioni di questa riforma. Non saranno tutte rose e fiori: ce ne accorgeremo tra una manciata di giorni.
A farla breve, il 2025 sarò un anno assai complicato ed irto di ostacoli. Ecco la ragione per la quale Giorgia Meloni non sarebbe contraria ad un rimpasto che possa dare più forza e più autorevolezza al governo. Sarebbe propensa? Forse, più si che no.
Ma è il rapporto privilegiato con i suoi ministri che frena questo desiderio. Il caso di Gennaro Sangiuliano le è stato sufficiente a capire quanto sia difficile e pericolosa la sostituzione di uno dei suoi più stretti collaboratori. Allora, ci si trovava dinanzi ad un episodio sul quale non si poteva chiudere un occhio. Oggi, l’eventuale rimpasto avrebbe un impatto ben più serio su cui la sinistra si potrebbe appoggiare per dimostrare quanto il governo sia incapace. Una battaglia forzata, probabilmente; però “a la guerre comme alla guerre”. Non si deve essere docili in momenti del genere: Eddy Schlein e i suoi cespugli lo sanno e non arretrerebbero di un metro se si presentasse una favorevole occasione.
Poi ci sono le ambizioni di Matteo Salvini, che vorrebbe tanto tornare a fare il ministro dell’Interno, pulpito che gli permetterebbe di infastidire non poco il capo del Governo. Argomento vincente per sopprimere l’idea di un rimpasto.