Robert Badinter, morto uno degli ultimi grandi del ‘900: abolì la pena di morte in Francia

Con Robert Badinter, scomparso a 95 anni, se ne va uno degli ultimi grandi del secondo Novecento. E’ una frase fatta, ma solo fino a un certo punto. Non è stato solo un giurista, un ministro della Giustizia e un presidente del Consiglio costituzionale francese, non solo un politico di qualità oggi inimmaginabile, ma un uomo capace di integrare nella politica e nella giurisprudenza la comprensione umana e la dimensione morale.

La sua storia personale lo aveva forgiato: cresciuto in una famiglia ebraica parigina, a 14 anni aveva perso il padre, deportato e ucciso nel lager di Sobibór. Con la madre e il fratello trovò rifugio in un villaggio vicino a Chambéry: si salvarono grazie a documenti falsi e al coraggioso silenzio dei paesani.

 Il suo nome resta legato all’abolizione della pena di morte. Ai giovani sembrerà impossibile, ma ancora nel 1977 un uomo fu ghigliottinato nel carcere di Marsiglia, ultimo giustiziato in Europa occidentale.

E fu Badinter a battersi come un leone per sopprimere quella barbarie. Dapprima come avvocato. Penalista di grido, nel 1972 non riesce a salvare un ex militare. Cinque anni dopo assume la difesa di Patrick Henry, colpevole di aver sequestrato e ucciso un bambino di 7 anni.

Badinter non difende l’accusato, ma processa la barbarie della pena di morte. Nel silenzio carico di tensione dell’aula ricorda «il rumore della lama che taglia in due un uomo vivo». Poi si rivolge ai giurati : «Se decidete di uccidere Patrick Henry, è ognuno di voi che vedrò al mattino presto, all’alba. E mi dirò che siete stati voi e voi soli ad averlo deciso».

L’uomo fu condannato all’ergastolo. Dopo di lui Badinter salvò altri cinque criminali dalla ghigliottina. Uomo di sinistra, convince François Mitterrand a inserire nel suo programma elettorale l’abolizione della pena di morte. Non era facile, allora: secondo i sondaggi, il 63 per cento dei francesi era favorevole a quella barbarie. Mitterrand e Badinter non indietreggiano di fronte alla democrazia d’opinione, tengono duro. Insieme a loro, fra i pochi di destra a votare per l’abolizione, ci sarà Jacques Chirac. Oltre alla soppressione della ghigliottina, Badinter estese enormemente i diritti individuali. Tra questi, quelli degli omosessuali. I rapporti tra persone dello stesso sesso erano stati depenalizzati durante la Rivoluzione, ma il regime di Vichy aveva introdotto un nuovo reato con il pretesto della protezione dei minorenni e i governi del dopoguerra scansarono l’argomento.

Badinter difese con la sua brillante retorica il provvedimento: «Qualcuno bolla ancora l’omosessualità come una perversione – disse ai deputati -. L’Assemblea consentirà a un giurista, quale sono, di far osservare che una tale applicazione costituisce una vera perversione del diritto, perché il legislatore non può dare una risposta penale a un problema di ordine morale, che appartiene a una scelta individuale». Non spetta alla legge definire o normalizzare la sessualità.

“Peccato che nessun psicanalista abbia intrapreso la psicanalisi dei nostri codici!”. Ebbe anche un ruolo nell’accoglienza degli autonomi e dei terroristi italiani che si rifugiarono Oltralpe dopo la vittoria di Mitterrand. Ministro della Giustizia, Badinter seguì le direttive dell’Eliseo, ma non ha mai nascosto il suo imbarazzo. In un libro di memorie scritto molti anni dopo, disse che la Francia non poteva ergersi a «virtuoso censore di Stati democratici amici in preda al terrorismo».

Trovò anche una soluzione: la creazione di una corte penale europea in cui avrebbero dovuto essere giudicati i terroristi rifugiati in un altro paese. Stese un progetto e lo presentò ai suoi colleghi europei: “La mia proposta ricevette un accoglienza glaciale”. E’ stato insomma un personaggio furori dal comune. Ma aveva anche le debolezze di tutti gli uomini. Una ventina d’anni fa, Bernardo Valli e io andammo a intervistarlo a casa sua. L’indomani gli facemmo recapitare una copia di Repubblica. Poco dopo in ufficio squillò il telefono. Era lui. Non disse niente sul testo, disse solo che la sua foto era brutta. Era considerato un gran seduttore e aveva la sua vanità: in fondo, poteva permettersela.

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Giampiero Martinotti