
Salvini cerca la resurrezione dal Papeete e mette la Meloni (e l’Italia) nei guai - Blitzquotidiano.it (Foto Ansa)
Matteo Salvini è in cielo, in terra e in mare, proprio ripeteva il ritornello di una canzone assai in voga durante il ventennio.
Che cosa vuole, si chiede l’uomo comune? È vice presidente del Consiglio, ministro delle infrastrutture, è stato pure un esponente di spicco durante uno dei due governi di Giuseppe Conte.
Che cosa desidera di più? Bisognerebbe chiederlo a lui, ma non avremmo risposta. La verità, forse, è che ancora non è riuscito a digerire il disastro del Papeete, quando il suo partito volava sopra il trenta per cento e ora naviga sotto Forza Italia, ad uno striminzito otto per cento.
Così, ogni giorno ne pensa una, ma se fosse per dare una mano alla maggioranza sarebbe un atteggiamento comprensibile. Il fatto è che spesso e volentieri è in disaccordo con la premier.
Salvini come Fini

Se ci è permesso un paragone assomiglia molto a quel Gianfranco Fini che da presidente della Camera (posto che aveva raggiunto grazie anche a Berlusconi) quotidianamente non mancava di dare una stoccatina al Cavaliere.
Salvini gli assomiglia molto. Le sue giornate non sono di ventiquattro ore, ma di quarantotto, metà delle quali le passa per tentare la scalata a quella poltrona che probabilmente gli è sfuggita in tempi assai favorevoli. Ora non è più così, ma Matteo non abbozza e va alla ricerca del pelo nell’uovo per strappare un titolo in prima pagina sui giornali.
Ammirevole? Si, se fosse per aiutare il governo e combattere gli avversari. Purtroppo, nove volte su dieci accade il contrario. Prendiamo, ad esempio, gli ultimi avvenimenti: per il riarmo (cambiato poi in un più cauto Rearm Europe ed infine in readiness che vuol dire prontezza) il segretario della Lega si è subito schierato contro il parere della premier. “Neppure per idea, questa proposta la respingiamo con forza”.
C’è Vance al telefono
Imbarazzo certo, e anche un nervosismo evidente di Giorgia. Alla vigilia del discorso che la Meloni doveva fare in Parlamento, i due si sono incontrati trovando un accordo: riarmo era un sostantivo che doveva sparire e di nostre truppe in Ucraina nemmeno a parlarne. Ok, tutto a posto, dunque. Nemmeno per sogno: il giorno dopo Salvini non era al suo posto a fianco della premier “impegnato all’estero per una questione importante”.
Di ritorno da Varsavia, ha ripetuto il suo no al progetto Europa. Non solo, ma ha dato la parola a Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera del Carroccio, il quale ha riferito che la premier non poteva andare a Bruxelles per difendere il riarmo perché non ne aveva avuto l’ok da parte della maggioranza. Stavolta si che la goccia aveva fatto traboccare il vaso.
Ma non contento di questo Matteo proseguiva il suo “progetto”, meravigliando un po’ tutti. Prendeva il telefono e chiamava “sua sponte” a James David Vance, vice presidente degli Stati Uniti, con cui colloquiava per quindici minuti ritenendolo un uomo di prim’ordine ed una persona molto preparata nel campo della connessione satellitare. Non solo, ma faceva sapere, tramite l’ufficio stampa del partito, che presto sarebbe andato a Washington per incontrare lui e, magari, anche Trump.
Come vogliamo definirlo se non un derby? Tutto avviene alla vigilia di un altro importante viaggio verso la capitale americana. Solo che stavolta a salire sull’aereo di Stato sarà Giorgia Meloni: prima perché molti l’hanno definita l’unica pontiera in grado di rafforzare l’alleanza con gli Stati Uniti. Poi, perché è il presidente del consiglio che deve colloquiare con il numero uno americano.
Matteo non demorde.
Capisce che in questo momento, la sicurezza è il tema che appassiona di più anche l’opinione pubblica e fa di tutto per essere il “primus inter pares”. Dunque, è l’emergenza difesa a primeggiare, ma in che modo? Salvini la pensa diversamente dalla Meloni e cerca in tutti i modi di primeggiare. Così facendo favorisce il Paese, il nostro futuro e soprattutto la pace?
Probabilmente, come dice il cardinale Victor Manuel Fernandez, riferendosi al Pontefice, l’onnipresente ministro dovrebbe reimparare a parlare. Se vuole che l’attuale maggioranza continui a governare.