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Salvini e Tajani come i polli di Renzo, ora le beccate di Piersilvio e Marina

Salvini e Tajani come i polli di Renzo, ora le beccate di Piersilvio e Marina. “Cui prodest”, ammonivano i nostri padri latini: a chi giova questo eterno battibeccarsi tra Matteo Salvini e Antonio Tajani?

Vengono in mente i manzoniani polli di Renzo: ogni giorno, una polemica, un litigio, un distinguo, neanche fossero avversari invece che alleati.

Per Salvini e Tajani rischio di fuoco amico

Che cosa li divide? All’apparenza poco o nulla se si guarda la politica con una certa superficialità. La verità è che entrambi sentono alle spalle un venticello che non è proprio un ponentino. Paura di trovarsi dinanzi al fuoco amico? Certo che i due non trascorrono giorni tranquilli neanche dopo le europee.

Il segretario del Carroccio è onnipresente ed ogni argomento è buono per fare polemica, Giorgia Meloni inclusa. Pensa così di respingere coloro che in via Bellerio storcono la bocca e cominciano ad accampare i primi dubbi sulle sue strategie. E’ dal lontano Papete che la discesa non si è fermata: prima Salvini ha cercato di sfondare nel sud, ma il disegno non gli è andato bene, è stato respinto con perdite.

Oggi, con l’approvazione dell’autonomia differenziata, il divario è ancora aumentato perché chi vive e difende il Mezzogiorno ritiene che questa legge penalizzerà ancora di più il Sud. Tanto è vero che pure diversi esponenti della maggioranza hanno criticato l’approvazione definitiva in Parlamento e “sperano” (forse) che il referendum mandi all’aria quel progetto esclusivamente di natura leghista.

Non si deve credere però che il mugugno sia soltanto di coloro che da Napoli vivono a Palermo o a Ragusa: anche nel “suo” Lombardo Veneto Salvini è sub iudice per i risultati non proprio brillantialle regionali e alle europee.

Venticello o tramontana?

Per questo il segretario del Carroccio è super attivista perché teme con forza che gli eredi di Berlusconi possano tenerlo lontano dal voto che oggi favorisce Tajani e compagni.

Eccolo, il punto dolente di tutta la vicenda che poi trova altri mille rivoli che fanno accapigliare i due vice premier: gli aiuti all’Ucraina, l’adesione ai patriot di Orban “che sono ininfluenti in Europa” (parole del leader di Forza Italia), il “destrismo” sempre più forte rispetto ad un alleato che invece invoca più cautela.

Comunque sia, pure Tajani sente ripetere un ritornello che non è proprio piacevole ai suoi orecchi. Una maggiore moderazione non la invoca solo una parte dei berluscones, questo non sarebbe un pericolo imminente.

Il fatto è che i due primogeniti del Cavaliere hanno detto chiaro e tondo che questa Forza Italia va cambiata.

Marina ha messo l’accento sui diritti civili (un tema assai caro alla sinistra), Pier Silvio è andato ancora più in là ritenendo che non bisogna avere nessun rapporto con le frange estremiste.

Una stoccata a Giorgia Meloni? Forse, ma ha parlato sopratutto a suocera perchè nuora intenda e la nuora in questo caso porta i pantaloni ed è il numero uno del partito.

Il motivo, dunque, di questo continuo braccio di ferro fra i due primi vice premier potrebbe apparire incomprensibile anche se non lo è.

Essere secondi o terzi della coalizione vuol dire molto e nessuno dei due vuole perdere questa “battaglia”. Tajani cerca di spegnere l’incendio servendosi della cenere.

Dice agli avversari che stanno tentando un’ammucchiata: “State sereni, andremo avanti fino alla fine della legislatura nel lontano 2027”.

Questo a parole, ma nei fatti? Tre anni non sono tanti, anzi sono dietro l’angolo se la situazione nella triade non cambierà. Si convinca la coppia più vicina al presidente del consiglio: in questo modo favoriscono la minoranza che non vede l’ora di farli fuori. In tal caso di chi sarà la colpa?.

Bruno Tucci

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