Sanità in crisi, il 5 dicembre meglio non ammalarsi, i medici saranno in sciopero, hanno ragione

Sanità in crisi. Il 5 dicembre sarà meglio non ammalarsi perché i medici saranno in sciopero. Perché? Dicono che il governo non si interessa mai di loro.

Dicono anche che l’esecutivo voleva addirittura fare un taglio alle pensioni che gli spettavano: un provvedimento che poi è fortunatamente rientrato. Nonostante questa giusta retromarcia, fra qualche settimana i dottori saranno in piazza per dimostrare quanto sia poco considerato il lavoro che fanno quotidianamente. 

Stavolta non ci sono dubbi: la ragione è tutta dalla loro parte. Il servizio pubblico della sanitàsoffre, si debbono aspettare settimane se non mesi per fare un’analisi anche quando la malattia è grave. Gli ospedali non hanno posti letto per cui i medici che vi lavorano debbono fare i salti mortali per venire incontro alle esigenze di almeno una parte di quella gente che soffre.

I pronto soccorso sono sull’orlo del collasso: file interminabili, attese di ore per poi sentirsi dire che il ricovero è impossibile perché non ci sono possibilità vista la carenza delle strutture. 

Non solo, ma tanti sacrifici non sono presi in considerazione. Ricordate il terribile periodo del Covid? Ore e ore nelle corsie per cercare di evitare il peggio. Con loro gli infermieri, tutto il personale sanitario. Si disse che si stavano comportando come eroi, che la gente li considerava santi.

Ebbene che cosa è successo? Finita per fortuna l’epidemia i medici e i loro più stretti collaboratori si aspettavano un giusto riconoscimento per i loro sacrifici. Invece “finita la festa, gabbato lo santo”. Gli eroi ritornarono nei ranghi e non si pensò più a loro, nemmeno alle gratifiche che si aspettavano e che gli erano dovute.

Il colmo dell’ingiustizia per la sanità è avvenuta qualche settimana fa quando ad un primario è stata inviata dall’agenzia delle entrate una “graditissima sorpresa”: una multa di quasi trentamila euro per aver lavorato troppo e non aver denunciato il surplus che aveva percepito. Scandalo, titoloni sui giornali, commentatori che hanno intinto giustamente la penna nel veleno. Dovette intervenire addirittura il presidente della repubblica che si disse incredulo dopo aver verificato quanto era successo e quanto i funzionari delle tasse avessero tirato la corda.

Se poi i giovani medici, dopo una brutta esperienza, cercano lavoro nella sanità all’estero si può dar loro torto? Se si trasferiscono in altri Paesi fuori da nostri confini dove in una settimana guadagnano quel che nemmeno in un mese prendevano in Italia?  

Si tratta di professionisti che pur avendo meno di trent’anni e avendo studiato a lungo per arrivare al giuramento di Ippocrate rimangono disoccupati o quasi a meno che non vogliano guadagnare meno di un operaio alle prime armi (con tutto il rispetto per questa categoria) o di una badante. Accade soprattutto nel Mezzogiorno, dove la carenza degli ospedali si fa sentire.

In Sicilia, in Calabria, in Campania la situazione è pesante per cui i neolaureati se ne vanno a cercar fortuna: altrove, nel Nord Europa o addirittura negli Stati Uniti. Ragione per cui si verifica il paradosso che per mancanza di medici si deve chiedere aiuto a chi è lontano da noi.

Esempio emblematico: a Polistena, un paese alle falde dell’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, sono stati fatti venire da Cuba prima 74 medici che diventeranno presto 150 perché nei pronto soccorso regna il caos e gli addetti ai lavori non gliela fanno a venire incontro alle esigenze dei vari ospedali della zona. 

Allora, se il 5 dicembre per le vie del centro sfileranno i medici e “grideranno” le ingiustizie che stanno subendo come si può dare loro torto? In tal modo ospedali e cliniche private guadagnano assai di più rispetto alla sanità pubblica perché, anche a costo di grandi sacrifici, si è costretti a servirsi dei loro servizi. Dimenticando la classe più povera che rimane a lungo in lista di attesa. Fino a quando?

 

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Bruno Tucci