Proprio nella fase di lancio della nuova edizione del Festival di Sanremo, sulla Rai si abbatte una tegola. Il Tribunale amministrativo della Liguria ha infatti dichiarato illegittimo l’affidamento diretto alla Rai dell’organizzazione del Festival della canzone italiana, un affidamento che ogni anno proviene dal comune della città ligure.
I giudici hanno salvato la programmazione messa in piedi per il prossimo anno da Carlo Conti, ma hanno deciso che dal 2026 il Comune dovrà bandire una gara pubblica, facendo così perdere un’esclusiva che appartiene alla tv di Stato dal lontano 1955.
Il colpo rischia di essere durissimo per la Rai
Quanto deciso rischia di tradursi in un colpo durissimo per la Rai, che durante Sanremo fa grandi ascolti, i quali si traducono in grandi incassi pubblicitari. Non a caso, la questione è subito diventata politica, con il Partito Democratico che ha chiesto all’amministratore delegato della Rai, Giampaolo Rossi, di riferire in commissione di Vigilanza.
Da cosa nasce la sentenza del Tar della Liguria
A presentare il ricorso è stato il presidente dei discografici italiani Sergio Cerruti, che contesta la concessione dell’uso in esclusiva del marchio “Festival della canzone italiana” alla Rai.
I giudici amministrativi hanno stabilito che non vi sia un legame “indissolubile” tra il marchio e il format televisivo accogliendo in parte la tesi di Cerruti e della sua società, l’etichetta JE.
A titolo di esempio, nella sentenza viene citato il caso del 2021, con la manifestazione che si è svolta senza la presenza del pubblico, e l’edizione del 2004, quando non c’era coincidenza tra conduzione e direzione artistica.
I giudici hanno contestato l’affidamento diretto, spiegando che “l’eventuale indizione di una procedura di evidenza pubblica potrebbe consentire di elevare ulteriormente il livello tecnico e qualitativo“.
La sentenza del Tar smonta infine anche un altro argomento legato alla mitologia del Festival: Sanremo non è “patrimonio culturale del Paese”. Secondo il Tar, infatti, “né il Festival né il marchio possono essere qualificati come beni culturali“.