Matteo Salvini ha convocato con massima urgenza un Consiglio federale della Lega dopo “l’attacco all’Italia e agli italiani sferrato da una parte di magistratura politicizzata”. Il riferimento è al provvedimento sul caso Albania e al processo Open Arms”. Così una nota della Lega.
“Nei prossimi giorni – prosegue la nota – la Lega presenterà nei comuni italiani mozioni per ribadire la necessità di difendere i confini, mentre sabato 14 dicembre e domenica 15 dicembre ci saranno gazebo in tutte le città italiane in vista della sentenza Open Arms in agenda a Palermo il giorno 20 dicembre. Per Salvini, “chi impedisce di difendere i confini mette in pericolo il Paese”.
“La reazione della politica non è stata contro la magistratura ma contro il merito di questa sentenza che non condividiamo e riteniamo addirittura abnorme. Non può essere la magistratura a definire uno Stato più o meno sicuro, è una decisione di altissima politica. Prenderemo dei provvedimenti legislativi”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, parlando con i cronisti a margine di un convegno a Palermo sul caso dei trattenimenti dei migranti in Albania.
“Se la magistratura esonda dai propri poteri attribuendosi delle prerogative che non può avere come quella di definire uno Stato sicuro deve intervenire la politica che esprime la volontà popolare. Noi rispondiamo al popolo, se il popolo non è d’accordo con quello che facciano noi andiamo a casa. La magistratura, che è autonoma e indipendente, non risponde a nessuno e quindi proprio per questo non può assumersi prerogative che sono squisitamente ed essenzialmente politiche”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, rispondendo ai cronisti a margine di un convegno a Palermo.
Lo scontro con i giudici nella forma imposta da Salvini e Lega di persecuzione ad personam si salda con quello deflagrato con il governo a causa della sentenza avversa a Roma sui trasferimenti dei migranti in Albania.
Ancora una volta un atto “pretestuoso” e pure “arrogante”. Che cerca di bloccare l’azione del governo. Giorgia Meloni è furente. I contatti con i suoi, a Roma, sono frenetici per tutta la giornata e alla prima occasione utile, un punto stampa a Beirut che era stato immaginato di tutt’altra natura, lascia trasparire tutta la sua irritazione per una decisione “pregiudiziale” della magistratura, che ha bocciato i trasferimenti dei primi migranti nei centri in Albania.
Un protocollo di cui l’Italia punta a fare un modello europeo, sostenuta dalla stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. E che doveva prestarsi alla narrazione di un grande successo nel nuovo corso delle politiche migratorie. Per correre ai ripari già nel Consiglio dei ministri di lunedì Meloni ha annunciato nuove norme (puntando, tra l’altro, a velocizzare l’esame delle domande di asilo e, forse a rivedere i meccanismi dei ricorsi).
Le nuove regole dovranno ribadire – in punta di diritto – che spetta al governo, non ai giudici, indicare quali siano i Paesi sicuri. Altrimenti, è il ragionamento che si fa ai piani alti dell’esecutivo, nessuna azione di contrasto all’immigrazione illegale sarà più possibile. In sostanza sarà impossibile attuare una “politica di difesa dei confini”.