Le sentenze non sono “dogmi” e la destra è “vittima di un teorema”. Verità assolute, non esistono. Nemmeno per la strage di Bologna. Nemmeno per le sentenze passate in giudicato. Ne è convinto Federico Mollicone, esponente di Fdi e presidente della Commissione cultura della Camera. Il noto esponente della destra romana, a pochi giorni dalle commemorazioni della strafe, ripropone la teoria del complotto ai danni di una certa parte politica.
“Non possiamo accettare come dogmi sentenze che non stanno rispettando le garanzie di un giusto processo. È ora di farla finita con questa ipocrisia”, ha affermato in un’intervista a La Stampa.
Mollicone, nell’intervista dà una sua versione dei fatti sulla strage di Bologna. La storia di Bellini, il quinto condannato all’ergastolo per la strage, anni dopo l’attentato terroristico neofascista, “non c’entra con la nostra storia, e nemmeno mi interessa il suo curriculum giudiziario”, ha spiegato al quotidiano torinese. Poi l’affondo contro la magistratura: “Non posso non vedere l’operazione che i giudici hanno portato avanti e che lo ha reso la vittima di un teorema”. Mollicone ha sostenuto anche di avere le prove per dimostrare ciò che dice e che l’obiettivo è quello di “trovare la verità storica” per tutti gli italiani: “Chiederemo a Nordio, con un’interrogazione parlamentare, di verificare ciò che sto denunciando”.
Per il deputato di FdI era chiaro dall’inizio del processo a Bellini, “criminale conclamato e collaboratore dei servizi e del procuratore Sisti, e che mai ha avuto a che vedere con noi, che l’obiettivo di parte della magistratura fosse quello di accreditare il teorema per cui nel Dopoguerra gli Usa, con la loggia P2, il neofascismo e perfino il Msi, avrebbero, con la strategia della tensione e le stragi, condizionato la storia repubblicana”.
Dal centrodestra e dal governo il silenzio, interrotto solo da Edmondo Cirielli, coordinatore della direzione FdI, che ha detto di non condividere “le affermazioni del collega e amico Mollicone” ma di ritenere grave che “dalla sinistra si muovano richieste antidemocratiche tese a censurare”.
Contro Mollicone insorge invece il centrosinistra che parla di passaggi “revisionisti e negazionisti”, “pericolosi e offensivi”. “Ci voleva uno come Mollicone, dopo due giorni del solito vittimismo di Giorgia Meloni, per confermare che nel suo partito c’è chi tenta di riscrivere la storia negando le responsabilità dei neofascisti accertate dalle sentenze”, è l’attacco della segretaria del Pd Elly Schlein. Che rimarca la gravità delle parole del deputato di maggioranza nella giornata che cade “a 50 anni dalla strage neofascista dell’Italicus”. Sulla stessa linea i gruppi dem. “Meloni lo cacci” ha chiesto Stefano Bonaccini. Linea dura anche dall’esponente di Iv Raffaella Paita, così come dai leader di Avs Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Le parole di Mollicone “calpestano le sentenze e le Istituzioni”, il commento del presidente M5s Giuseppe Conte che chiede a Meloni di non nascondersi e di “metterci” la faccia.
Dopo la polemica e gli attacchi reciproci tra la premier e Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime di Bologna, ancora non sembra avvenuta quella ‘pacificazione’ che qualcuno auspicava. Bolognesi interviene ancora per commentare le parole di Mollicone: “Le sue affermazioni sulle sentenze sul 2 agosto, che sarebbero un “teorema” per colpire la destra, sono “assurdità”, ribatte il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna.
Alle parole di Mollicone, sono seguite quelle del Capo dello Stato. Nel commemorare il 50esimo dell’attentato al treno Italicus, il Presidente Sergio Mattarella ha precisato che “nella catena sanguinosa della stagione stragista dell’estrema destra italiana, di cui la strage dell’Italicus è parte significativa, emerge la matrice neofascista”. “Il presidente Mattarella svolge con encomiabile equilibrio e determinazione la sua pedagogia civile contro ogni forma di neofascismo”. E lo fa “anche oggi”, ha osservato l’esponente di Azione Osvaldo Napoli.