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Tempi duri per Giorgia Meloni, cerchiamo di capire come finirà

Non lo nascondiamo: per Giorgia Meloni non è un periodo facile questo. All’intricato caso del generale libico se ne aggiungono altri che complicano la situazione e rendono ancora più problematico questo tempo.

Non solo: c’è da fare pure chiarezza tra gli alleati di governo perché qualcosa scricchiola anche se i protagonisti affermano l’esatto contrario.

Spicca su tutti il no dell’Italia che non si allinea ai 79 Paesi dell’Onu che sono contro le sanzioni americane. Meloni non si affianca all’ amica di sempre, Ursula von der Leyen, che invece ha dalla sua parte colossi come Berlino, Londra e Parigi. “La premier rischia l’isolamento”, ecco  il coro.

Meloni criticata a prescindere

Tempi duri per Giorgia Meloni, cerchiamo di capire cosa accadrà (nella foto Ansa Donald Trump con Giorgia Meloni) – Blitz Quotidiano

Ma questo sostantivo fu di moda anche quando Giorgia si insediò a Palazzo Chigi. “Non avremo più amici, il suo passato la condanna”, sostennero ancora le prefiche europee. Coma è andata a finire non vale nemmeno la pena di ricordarlo. Ora, il presidente del consiglio italiano è considerato il numero uno (o quasi) del vecchio continente e riceve applausi dovunque arrivi.

Non sono tutte rose e fiori, comunque. I problemi che assillano il nostro governo sono tanti e i nemici non si contano quando le acque in cui navighi non sono tranquille. Si va anche alla ricerca di qualsiasi indizio pur di metterla all’angolo. “Ci siamo sottomessi agli Stati Uniti”, si afferma e per dar forza a questo giudizio c’è chi ricorda un principio sacrosanto dei gesuiti: “Perinde ac cadaver”, cioè a dire: la rinuncia alla propria personalità e una sottomissione assoluta.

Ad essere sinceri sino in fondo, la realtà è un’altra: Giorgia Meloni non  è una persona che si fa mettere i piedi in testa e pronuncia un chiaro “si” inginocchiandosi. Però all’occhio di una maggioranza abbastanza ondivaga, non ci sono dubbi che la premier è invischiata in un difficile pasticcio.

La guerra dei magistrati

I magistrati le fanno una guerra spietata, la minoranza è pronta a spararle addosso a pallettoni se c’è il minimo appiglio per poterlo fare, la Corte Penale Internazionale  è contro di lei senza se e senza ma, gli avvocati anche se sono con lei per la riforma delle carriere la criticano per la definizione dei Paesi sicuri.

Si può considerare tranquillo un periodo del genere? Si possono dormire sonni beati quando, a sorpresa, vengono alla luce chat che dimostrano la distanza che divide gli alleati di governo? “Roba vecchia che non ha più il pregio dell’autenticità”, si risponde.

Ma su alcuni punti, il pericolo rimane. Ad esempio, quello delle dimissioni di Daniela Santanchè o di Andrea Del Mastro di cui si sta occupando il tribunale di Roma che deve giudicarlo per aver rivelato segreti d’ufficio. Senza contare infine la poca chiarezza che distingue i servizi segreti: una guerra del tutti contro tutti.

È chiaro che dinanzi a questa situazione la maggioranza di governo dovrebbe mostrare una compattezza che, per il momento, non sembra avere al cento per cento. Si cerca in tutte le maniere di mettere contro la Meloni e Salvini ricordando affermazioni che si perdono nella notte dei tempi quando la Lega era al governo con Giuseppe Conte presidente.

O si cerca di trovare una discordia tra la stessa premier e Antonio Tajani a proposito delle recenti diatribe che hanno sconvolto il Paese. In altre parole, la destra o, se volete, la maggioranza dovrebbe dare prova di un’assoluta compattezza di fronte a simili circostanze. Magari con un incontro a tre e un comunicato finale che spazzi via ogni dubbio. Ne va del futuro del governo e della sua intenzione di portare a termine la legislatura con le riforme promesse in campagna elettorale.

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Bruno Tucci