“È lui l’uomo che picchiava le persone e che comandava gli altri. Anche io sono stato picchiato dai suoi uomini…”. Comincia così la testimonianza al quotidiano Avvenire di un ragazzino, oggi tredicenne, che dal 2022 vive a Reggio Calabria, in una casa di accoglienza gestita dalla comunità Papa Giovanni XXIII per i minori stranieri non accompagnati.
Tredici anni, tre anni fa l’odissea dall’Egitto all’Italia
Tre anni fa, era stato rinchiuso nella prigione di Mitiga, dove passano migliaia di migranti diretti in Europa e lì ha visto in azione Nijeem Osama Almasri, capo della polizia giudiziaria libica, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra e contro l’umanità, fermato a Torino poi liberato e riaccompagnato a casa dal governo italiano “per ragioni di sicurezza”.
Nella casa d’accoglienza, spiega il giornale, fra le attività proposte ai ragazzi c’è la lettura dei giornali. E da una foto il ragazzino ha riconosciuto Almasri. Ad Avvenire il ragazzino spiega che “lui era il capo, era lui che decideva i tempi, che decideva chi, come e dove spostarci. Ricordo ancora i nomi dei suoi uomini: Ayub, Ossama, Adabae, El Nemir. Ci hanno messo dentro dei magazzini. Un giorno hanno picchiato anche me e un altro ragazzo di 14 anni – ricorda oggi -. Quando ci hanno picchiato, gli altri migranti si sono ribellati: si sono alzati per difenderci perché eravamo troppo piccoli. Allora i trafficanti hanno iniziato a sparare in aria con i mitra finché tutti si sono calmati”.
“Le prime botte nel deserto su un pick-up”
Il 13enne racconta di essere partito “a 10 anni dall’Egitto con altri quattro ragazzi un po’ più grandi”, con il padre rimasto a casa con la moglie e un figlio più piccolo, che si era indebitato con un vicino per pagare i trafficanti.
E racconta delle prime violenze subite. “Le prime botte le ho prese nel deserto su un pick-up. A bordo c’erano tante persone e uno dei ragazzi rischiava di rimanere soffocato e schiacciato dagli altri. Allora il trafficante ci ha fatti scendere tutti e ha iniziato a picchiarci con i bastoni”.
Su una spiaggia libica, M. è salito su un barcone con centinaia di altri migranti non mangiando per due giorni, finché lo scafo – che imbarcava acqua – è stato intercettato e soccorso dalla Guardia costiera. Da Lampedusa è finito in un centro d’accoglienza di Ragusa, da dove è fuggito per andare verso nord. A Villa San Giovanni è stato rintracciato e condotto nella casa d’accoglienza. Qui ha ricominciato a vivere: ora, riporta il quotidiano, frequenta la seconda media, studia e partecipa ad attività con gli animali. Gli piace, perché gli ricorda suo padre che lavora con gli animali.