Togliatti ricordato da Giuliano Amato a Genova dove nacque: un gigante che salvò l’Italia, il Pci, evitò la guerra

Pochi lo sanno che Palmiro Togliatti, uno dei giganti della Prima Repubblica, era nato a Genova in una strada stretta e piena di storia

Incombe l’edificio che tutt’ora ospita il Liceo Cristoforo Colombo, pietra miliare della formazione studentesca sotto la Lanterna, scuola di generazioni e generazioni e di grandi futuri personaggi, da  Giuseppe Mazzini a Fabrizio De Andrè, Lele Luzzati, Enrico Fermi.

E per questa radice genovese il futuro capo del Pci è stato ricordato con una lezione magistrale in Comune a Genova da Giuliano Amato, presidente emerito della Corte Costituzionale, già presidente del Consiglio in anni chiave, il “dottor sottile” del Psi di Craxi. 

L’iniziativa era stata organizzata dalla Fondazione Ds di Genova e legata alla Costituzione, tanto discussa anche in questi tempi. E infatti il tema della molto “alta” lezione di Amato era “Togliatti e la Costituente”.

Davanti a una platea molto folta di ex Pci, nella sala di rappresentanza di palazzo Tursi, Amato ha “sfidato” la memoria comunista per spiegare la sua visione sul ruolo centrale del “migliore”. Forse non ha fatto spasimare i reduci e anche qualche sottile storico della vicenda comunista.

La posizione di Amato è quella di una “centralità” di Togliatti davanti alla scena italiana del 1946, quando il testo della Costituzione era in preparazione e il mondo usciva da una guerra alla dittatura nazi fascista, cercando un equilibrio dettato da Yalta e garantito dalla guerra fredda.

“Non si può dire che Togliatti sia stato un cinico che cercava un equilibrio tra la sua anima socialcomunista, la vocazione per uno stato sociale ispirato dai soviet e l’esigenza di stare nella divisione del mondo decisa da Churchill e Stalin e dagli americani”, ha spiegato l’ex presidente.

I momenti chiave per capire che la centralità di Togliatti aveva ragioni più profonde e giustificate dalla necessità di mantenere l’Italia in un solco di pace e il Pci unito, sono incominciati nel 1956 con l’invasione della Ungheria da parte dei carri armati russi.

Di fronte agli strappi di molti comunisti, che uscivano dal partito, Togliatti scelse di tenere il gruppo dirigente nel partito per evitare di consegnarsi all’area filosovietica e di non indebolire l’unico argine in difesa dell’unità nazionale.

Già il ruolo di Togliatti nella scrittura dei passaggi chiave della Costituzione, a partire dall’articolo 1 e dall’articolo 7 che fondavano l’Italia sul lavoro e sui lavoratori era già una traccia di equilibrio tra le spinte della rivoluzione socialista e la “tenuta” dell’unità interna e ancor più degli equilibri internazionali in un mondo difeso tra due sfere.

E cosa disse nelle sue prime parole dopo il terribile attentato di Pallante il segretario del Pci gravemente ferito, mentre l’Italia tremava: “State calmi!”. Il primo problema era mantenere gli equilibri di Yalta….

Quella posizione di sommo equilibrio si è poi sempre manifestata anche dopo la scomparsa di Togliatti nel 1964 dai suoi successori e sopratutto da Enrico Berlinguer. Anzi in modo ancora più accentuato, ha ricordato Amato, quando il segretario del Pci, quello da lui definito “nella sostanza l’ultimo vero segretario”,nco dichiarò di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello della Nato che a Mosca.

E non a caso sarebbe stato Berlinguer a portare il Pci quasi al governo con il compromesso storico, fino ai tragici giorni della morte di Moro.

E poi ancora in quel contesto la centralità segnata da Togliatti sarebbe stata la linea di fronte al terrorismo di matrice “rossa”. “Quando si sentivano gli slogan “Nè con lo Stato, né con le Br”,  quando molti dei giovani brigatisti uscivano dalle fila del Pci e il timore che quelle fiammate portassero molti del partito a tirare fuori dagli arsenali le armi della Resistenza, ha aggiunto Amato, la centralità togliattiana ha dimostrato la sua efficacia.

La lezione di Amato, recitata a braccio da un uomo che ha pur sempre 85 anni e che parlava in piedi davanti al microfono senza una sbavatura, è stata seguita in un silenzio religioso. Ma non tutti alla fine hanno approvato il contenuto della “versione” del grande ex socialista.

Tra questi l’ex segretario della Cgil, eurodeputato e sindaco di Bologna, Sergio Cofferati. Ma a tutti è piaciuto il tono alto della relazione e  lo stile. Una specie di parentesi di grande livello in un contesto nel quale la politica sprofonda sempre di più nella mediocrità e nella mancanza di analisi profonde.

Published by
Franco Manzitti