Politica

Trump e noi, ovvero il cambio delle regole a metà del gioco

Trump e noi, ovvero il cambio delle regole a metà del gioco. Un moderno leader politico americano che rispolverasse le frasi storiche di Kennedy (Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi. Chiedetevi cosa potete fare voi per il vostro paese) o di Obama (yes we can), sarebbe considerato un alieno proveniente da Marte.

Trump ha annullato i “Valori” per cui avevano combattuto intere generazioni Usa e non ha più la pretesa di esportare la“democrazia”. La vittoria della “pancia” sul “cuore” e il “cervello” a è totale e irreversibile. La cultura occidentale, da Voltaire in poi, è stata spazzata via con un colpo di moschetto.

Trump rispetta una Nazione per la forza dei suoi eserciti e mette all’angolo l’Europa dei “Princìpi” e del “Diritto internazionale”. L’Onu e gli enti sovranazionali in materia di fame e di sanità sono diventati orpelli costosi e inutili.

L’elettore vota per chi promette il più elevato benessere economico per la maggior parte della popolazione e non si cura dei mezzi utilizzati per ottenerlo. Ciò spiega l’esodo improvviso di voti dai democratici ai repubblicani di oltre sei milioni di elettori in gran parte giovani e neri.

E’ ormai finita l’epoca della fede e delle ideologie, i popoli non si aggregano più con le omelie, gli inni nazionali o l’etica proletaria, bensì con le telenovelas.

Trump e i dazi

Trump e noi, ovvero il cambio delle regole a metà del gioco (Nella foto Ansa, Trump e Putin) – Blitz Quotidiano

Trump pretende i dazi allo scopo di compensare l’inefficienza produttiva interna e fa cadere il mito del libero mercato globale che l’America aveva imposto all’Europa poche decine d’anni fa.

Ricordo i continui viaggi a Bruxelles della Segretaria di Stato Madeline Albright che, durante l’amministrazione Clinton iniziata nel 1997, veniva a verificare che l’Europa rispettasse alla lettera la normativa sul libero mercato e chiudesse le aziende improduttive, minacciando ritorsioni.

Sulla base dei principi trumpiani, non avrebbero avuto luogo le “svendite” selvagge delle industrie e delle banche nazionali italiane degli anni Novanta, da cui gli Usa avevano ricavato notevoli vantaggi.

Gli Stati Uniti dell’era Trump, intervengono per salvare le aziende decotte o rese mature dalla superiore tecnologia cinese e respingono l’offerta giapponese di acquistare il più grandecomplesso produttore di acciaio americano, per salvaguardare l’onore nazionale.

L’Europa in balia degli eventi

L’Europa aveva cercato di delegittimare Putin con le sanzioni e gli aiuti all’Ucraina e ora Trump lo rimette all’onore del mondo,facendolo diventare player indispensabile sulla via della pace, escludendo gli europei dai tavoli delle trattative e dichiarando di volersi impadronire delle “terre rare” del paese dilaniato dall’invasore.

Il “diritto” all’integrità territoriale di una Nazione non costituisce più “Valore” e non merita tutela.

La vittoria della finanza rispetto alla politica è stata totale e disarmante: i “padroni” dei grandi gruppi economici occupano le posizioni più elevate del governo, dopo averle comprate in campagna elettorale.

Il presidente di tutti gli americani è un tycoon pluricondannato, a riprova che anche la Giustizia è ormai sottomessa perché il capo della Nazione può cambiare il diritto a misura dei propri interessi, con un semplice “decreto”.

La maestà della legge è stata peraltro calpestata dall’uscente presidente democratico Biden, con il decreto che “amnistiava” dai reati “passati, presenti e futuri” il figlio Hunter, il generale Milley, Antony Fauci e tutto lo staff del governo della commissione d’inchiesta sull’assalto a Capitol Hill.

Sia Trump che Biden hanno capito che, in uno Stato di “diritto”, una persona può essere ammazzata attraverso arresti e processi da parte di “giustizialisti” che si sentono titolari della punizione divina e vogliono scatenare il diluvio per conservare in vita solo i “probi” e i “giusti” e le relative posizioni di potere.

Quando Trump afferma che l’unico nemico dell’Europa è l‘Europa stessa, si riferisce al groviglio di norme paralizzanti, come la Legge Severino che sembra partorita in Italia dalla mente di un talebano.

Trump si sente un monarca temporaneo investito della totalità del potere esecutivo, paragonabile ad un capo d’industria che impersona una concezione centralista e autocratica del governo al pari di Putin e Xi. La sola differenza è la durata del mandato.

Tuttavia, ogni capo azienda sa benissimo di dover rispettare gli accordi sottoscritti dai suoi predecessori. Le violente reazioni della comunità al “cambiamento delle regole a metà gioco”, ad ogni cosa che possa apparire abrogazione del contratto, a una politica governativa che sembri violare il “patto”, sono almeno in parte spiegabili con i principi morali, più o meno comuni a tutta la nostra civiltà.

Trump rappresenta la Nazione e quindi deve rispettare gli accordi sottoscritti da Biden con l’Europa che consistevano nell’aiuto all’Ucraina “finché necessario”.

Trump non ha rispettato un Patto sottoscritto dalla Nazione Americana e si comporta come un bancarottiere che si arricchisce ai danni dei suoi creditori.

Da che mondo è mondo i paesi aggressori devono pagare i danni dei paesi distrutti, come era avvenuto per la Germania dopo la prima e la seconda guerra mondiale. Adesso Trump ci viene a dire che non solo la Russia non pagherà le spese di ricostruzione dell’Ucraina, ma che tali spese le dovrà sostenere l’Europa.

Su queste basi, l’Europa non avrebbe fatto i propri interessi aiutando l’Ucraina e imponendo sanzioni alla Russia, perché ne è derivato il blocco delle forniture di gas che ha messo a rischio la tenuta economica delle aziende e delle famiglie. Si capisce perché nei bar moscoviti si è brindato al successo elettorale di Trump.

Da questo momento l’America non sarà mai più affidabile agli occhi del mondo civilizzato.

Ricordo ancora i dibattiti “politici” tra democratici e repubblicani alla fine della “guerra fredda” sulla necessità di limitare la produzione di armi e mi aveva colpito l’affermazione secondo cui chi le produce le deve utilizzare, perché l’industria delle armi è un business come qualunque altro. Per questo occorre fabbricare armi sempre più letali e alimentare focolai di guerra facendo credere che solo il possesso di arsenali garantisce la “libertà” dei popoli.

Il business delle armi è quello più redditizio per gli americani e questo spiega l’ultimatum di Trump all’Europa di aumentare il budget di settore, che diventa prioritario rispetto ad ogni altra voce di spesa pubblica.

Le armi devono essere acquistate al più presto perché il pericolo è alle porte: l’Europa non avrà tempo per fabbricarsele in casa perché l’uscita dell’America dalla Nato è questione di mesi.

Voi europei, afferma Trump, dovete costituire eserciti poderosi e investire risorse per bloccare l’espansionismo cinese in Africa, per controllare l’immigrazione irregolare e sgominare le bande di criminali al governo in Libia e nel resto del nord Africa che vi stanno ricattando.

Trump ritiene che ogni società sia inevitabilmente gerarchica e che al primo posto ci devi mettere i grandi imprenditori, i soli che producono ricchezza. I profitti sono il compenso per l’assunzione del rischio: quanto più grande è il rischio, tanto maggiore deve essere il profitto per raggiungere il volume desiderato d’iniziativa e di espansione.

La suddivisione della proprietà in piccolissime parti e la facilità di trasferirle grazie alle borse valori, ha favorito l’investimento di capitali piccoli e grandi. L’attuale capitalismo è dunque “popolare”, il massimo della democrazia perché chiunque può arricchirsi a prescindere dalle sue origini e censo. I poveri e i derelitti non hanno più tutele.

La classe politica deve essere al servizio degli affari e non viceversa. Del resto, l’elettore può essere manipolato dalle “macchine” di Musk o di Putin che infestano i media con le loro fake news, altre diavolerie informatiche e l’intelligenza artificiale.

Con la caduta dei partiti politici, gli individui in grado di distinguere la notizia vera da quella falsa, si sono ridotti in misura allarmante. Qualunque naif in materia economica o politica può assurgere ai vertici dello Stato, purchè raccolga fondi e controlli “voti”.

Il fatto che i nostri giudici debbano perseguire penalmente i “politici italiani” per una decina voti di scambio e siano impotenti dinnanzi ai milioni di individui “orientati” a votare per via mediatica, dimostra il provincialismo delle nostre istituzioni.

Quando chiedi a un trumpista chi deve governare l’economia, ti risponderà: scegli tu stesso tra il funzionario di partito, il poliziotto, il militare, il sacerdote o chi investe e rischia risorse.

In qualunque sistema gli uomini vogliono procurarsi il potere e lo fanno spesso attraverso il controllo dello Stato, come sta avvenendo da anni in Russia o in Cina.

La questione da sempre dibattuta in Europa relativa alla quantità di ricchezza accumulabile (che giustifica le imposte patrimoniali su cui punta la Schlein) è superata da tempo negli ex paesi comunisti, dove gli oligarchi hanno ricchezze paragonabili a quelle di Musk o di Bill Gates, ma dove i fortunati si arricchiscono grazie alle decisioni dello zar Putin o del partito unico cinese e a una tassazione regressiva.

I magnati americani oggi sugli altari, possono perdere i loro patrimoni in un solo giorno se sballano un investimento.

In Europa ed in Italia in particolare, è ancora prevalente l’idea che l’imprenditore privato sia un cinico profittatore. La scarsa considerazione verso gli imprenditori deriva dalla cultura catto-comunista ancora diffusa nel popolo e nella Magistratura. L’imprenditore ha fatto una magra figura accanto a un’aristocrazia politica che si rende cara alle masse con le conquiste, l’assassinio e il blaterare ideologico. In America si premia invece il successo come frutto di sforzi costruttivi.

Alla luce di queste considerazioni, la “sete” di denaro imputata agli americani non è meno giustificata di ogni altro scopo per cui si lavora, come risulta dal fatto che la stessa “sete” anima i cinesi e i disperati che emigrano dall’emisfero della fame e si sacrificano per una generazione o due solo per procurare ai figli maggior benessere.

Fin qui l’ideologia del trumpismo. Tuttavia, se dovessimo accettare come validi gli insegnamenti di Trump, dovremmo riscrivere la Storia. Non sarebbe vero che la Seconda guerra mondiale è stata dichiarata dagli alleati per difendere la democrazia.

Se sdoganiamo Putin l’invasore, non vedo perché dovremmo condannare Hitler che si era annesso la Polonia. L’uccisione di Matteotti durante il fascismo è “poca cosa” rispetto alla morte in Siberia di Navalny, di centinaia di altri dissidenti e lo sterminio di trecentomila ceceni. Se si dovevano tutelare i principi occidentali, non si capisce perché Inghilterra e America si erano alleate con l’Urss del dittatore Stalin che applicava gli stessi metodi di Hitler moltiplicati per due.

Quanto al razzismo contro gli ebrei, vile e diabolico, dobbiamo prendere atto che l’odio verso questo “popolo” è vivo tuttora nella metà del pianeta e che gli occidentali fanno affari con i paesi musulmani le cui Costituzioni prevedono l’annientamento di Israele: un obiettivo che accomuna i manifestanti di piazza in tutta Europa e nella stessa America.

Dovremmo ricordare che mentre i soldati americani morivano per imporre la parità religiosa e razziale, nel loro paese i neri erano perseguitati e emarginati. Non affermo tutto questo per caso: si tratta delle “tesi politiche” della destra integralista europea che miete voti nell’Europa democratica ed è vista con favore da Musk.

Insomma, anche la “Memoria storica” dei popoli si modifica col tempo, perché l’idea di “democrazia” imposta da Trump si sta avvicinando a quella di Hitler e Mussolini.

La costituzione di un esercito unico europeo, avrebbe la conseguenza di suddividere il comando tra una ventina di generali di nazioni diverse. Durante la battaglia di Maratona che segnò la sconfitta dei persiani e il trionfo della civiltà occidentale, i Greci commisero la follia di dividere il comando tra dieci generali ognuno dei quali “dirigeva” l’esercito per un giorno. La battaglia fu vinta grazie al fatto che il condottiero di turno Aristide cedette il comando a Milziade.

Come sarà possibile dare un leader unico all’Europa, riconosciuto da tutti gli Stati membri, in materia di Difesa, di economia e di politica estera?

Su una cosa dobbiamo dare ragione a Trump: sulla necessità di riformare l’idea ottocentesca del sistema parlamentare. In una democrazia parlamentare avanzata, governare significa dare impulso alla vita pubblica, prendere delle iniziative, preparare le leggi, nominare, revocare, punire, agire. Soprattutto agire. La funzione politica della maggioranza consiste essenzialmente nell’omologazione dei progetti governativi. Un esecutivo forte, attivo, ricco di spirito di iniziativa, è una necessità tecnica del parlamentarismo moderno, e la supremazia politica del potere esecutivo è la base del funzionamento normale del sistema parlamentare.

Ma dove trovare, nell’Europa delle crisi permanenti dei parlamenti e dei governi, una classe politica in grado di attuare tali principi?

Per tutti questi motivi, Trump deve liberarsi dal “fardello” dell’Europa, rimasta l’ultimo baluardo dei “Valori” occidentali.Resta tuttavia un dubbio: e se questi “Valori” non fossero più condivisi dai popoli?

 

 

Published by
Giorgio Oldoini