Tweet “Cara Barbara”, professoressa chieda scusa ai giovani e a chi c’era

Barbara, la tua rivoluzione fu la mia, è sdegno per il tweet di una prof di Roma orfana degli anni di piombo. Quel che più indigna in questa storia è che la protagonista del post sia una docente universitaria di filosofia teoretica alla Sapienza di Roma. Si chiama Donatella Di Cesare ed ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto.

Questo il suo pensiero su Barbara Balzerani, una brigatista rossa che partecipò al rapimento di Aldo Moro e al sequestro del generale James Lee Dozier, rimasto nelle mani dei terroristi per oltre un mese. Che cosa scrive la professoressa dopo aver saputo della morte della Balzerani? “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Con malinconia rivolgo un addio alla compagna Luna (questo era il suo nome di battaglia)”. 

Per fortuna, immediatamente, il rettore dell’Ateneo, Antonella Polimeni, ha preso le distanze da queste parole: “Sono sbalordita e indignata”, ha scritto. “Sono sempre stata contro ogni forma di violenza”.

La Di Cesare è apparsa stupita (?), ritiene di essere stata fraintesa e fa una rapida marcia indietro cancellando il post. E’ sufficiente? Pensiamo di no, illustre docente. Lei dovrebbe sapere (e certamente lo sa) che gli scritti sono pietre miliari e non si possono depennare innestando la retromarche. Lei certamente ricorda gli anni del terrorismo. In quel periodo non era più una fanciulla e quindi non può aver dimenticato quelle terribili gesta. I giornalisti come me che hanno i capelli bianchi e non si vergognano a dire che sono vecchi non  hanno rimosso quel periodo perché lo hanno vissuto in prima persona. Continui viaggi, sparatorie e morte, rivendicazioni, messaggi fatti ritrovare nel cestino dei rifiuti. Orgogliosi (i brigatisti) di essere stati gli artefici di un altro drammatico misfatto. 

Vederli tutti insieme dietro la sbarra al processone di Torino fu una liberazione, ma ciò non tolse nulla ai fatti di cui si vantavano di essere stati gli artefici. Allora, come si può oggi scrivere e pensare che si possa essere commossi anche dinanzi alla morte di una terrorista? Chissà quante volte i parenti delle loro vittime hanno versato lacrime dopo uno dei tanti omicidi. Uno dei quali avvenne proprio all’interno dell’università in cui lei insegna. Vittorio Bachelet (che era all’epoca anche vice presidente del Consiglio superiore della magistratura) fulminato sulle scale della facoltà di Scienze politiche da due Br. E rammento pure la dignità dei suoi figli durante la cerimonia funebre. Ha cancellato dalla memoria tutto questo? 

Debbo dire francamente di aver dimenticato tutti i princìpi dei maggiori filosofi italiani ed europei. Però, sono certo che non avrebbero potuto gradire il suo pensiero messo per iscritto. Vorrei conoscere uno degli allievi che la vengono a sentire alla Sapienza, parlare con lui e sapere che cosa apprendono dalle lezioni che tiene all’università. 

Mi auguro non la commozione per una brigatista che si distinse per l’aggressività e la crudezza degli atti di quel manipolo di individui (che non definirei persone). Quindi, come si difende ora? Che cosa può dire a sua discolpa? Non basta un ripensamento dovuto magari al fatto che la numero uno della Sapienza abbia usato indignazione e sconcerto nei confronti di quel che ha voluto scrivere. Quale malinconia ha provato come ha ricordato nel suo post?

Il significato di quel sostantivo lo traggo dal vocabolario: “Uno stato d’animo di vaga tristezza” dovuto, aggiungiamo, ad un episodio che si è letto o di cui si è stati protagonisti. A quale rivoluzione si rivolge scrivendo che quella della Balzerani è stata anche la sua rivoluzione? A quei tempi, speriamo, lei si sarà indignata per le scorribande e gli omicidi dei terroristi. Se è così che cosa è cambiato da ieri ad oggi, tanto da chiamare la Balzerani “Luna”, il nome che si era dato da quando aveva deciso di entrare in quella brigata di malviventi? 

Ora, gentile professoressa, rifletta su quel che ha scritto e divulgato ai posteri. Non le rimane che chiedere scusa non ai vecchi come chi scrive, ma a quei giovani a cui lei insegna (speriamo) concetti diversi da quelli riportati nel post con la sua firma.

 

Published by
Bruno Tucci