
Ucraina, Europa in ordine sparso. Accordi e dubbi, uniti sulle sanzioni alla Russia, divisi sui soldati a Kiev (foto Ansa) - Blitz Quotidiano
Sfida a Putin. Il summit di Parigi, il cosiddetto “vertice dei volonterosi” anti-zar, la riunione dei leader convocata da Macron, si è concluso al’Eliseo tra accordi (pochi) e dubbi (molti).
In sintesi: uniti nelle sanzioni all’aggressore russo, divisi nella decisione di mandare “truppe di rassicurazione” per Kiev. Bocciata l’idea di un progetto in grado di costruire un esercito europeo-occidentale schierato in Ucraina con funzione di “peacekeeping”, cioè truppe con il compito di “mantenere la pace”. Naturalmente soldati in campo dopo che le parti hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco. Campa cavallo. Lo stesso presidente ucraino Zelensky ha nutrito perplessità sull’ennesimo summit chiedendo risposte chiare sul ruolo di eventuali truppe sul suo territorio.
Chiare invece le accuse alla Russia: “Putin sta solo fingendo di negoziare una tregua”, parole e musica di Macron. Morale: Europa in ordine sparso va avanti l’asse Londra-Parigi e resiste il sodalizio Starmer-Macron che spera di coinvolgere il Dragone cinese a favore della pace in Ucraina.
Netta anche la posizione della Meloni che ha detto a Macron: “L’Italia non manderà militari in Ucraina. Bisogna invitare Trump”. La presidente del Consiglio ha ribadito la necessità di un ombrello internazionale, cioè coinvolgere le Nazioni Unite in iniziative di Peacekeeping o monitoraggio “che però avrebbero a valle un accordo di pace”. La posizione italiana non è affatto isolata. Anche il presidente della Finlandia Alexander Stubbs, per esempio, ha escluso la possibilità di inviare un contingente finlandese auspicando anch’egli “una operazione con un mandato internazionale”. E il Tycoon?
Il silenzio di Trump nella bufera
Trump non parla dell’Ucraina, ha tutt’altro per la testa. E’ alle prese con problemi interni come l’effetto dazi ( a Wall Street borse giu del 9,5%), l’auto Usa in cortocircuito e un effetto tsunami sulla catena delle forniture globali. La guerra commerciale non sta dando i frutti sperati. Ad esempio le tariffe doganali Usa sull’auto hanno aperto una serie di questioni che sembrano destinate a pesare non solo sul settore, tante le incognite.
C’è poi lo scandalo del Chatgate, lo scandalo delle comunicazioni riservate sfuggite di mano, e i piani di guerra sono finiti per errore sulla stampa americana. Alla chat hanno partecipato tutti i big di Trump da J.D. Vance al segretario di Stato Marco Rubio. In più c’è l’imbarazzo dell’assist di Putin a Donald sulla Groenlandia. Lo zar ha garantito che “Donald fa sul serio. Il Tycoon ha le sue ragioni”.
La giustificazione dello zar a favore degli Usa e le sue “radici storiche” significano una sola cosa: che Usa e Russia sono più vicine e che sono intenzionate a spartirsi le zone. E’ in atto una sorta di spartizione di alcune aree fra tre grandi potenze. In più il Tycoon continua a minacciare l’UE:” Non si allei con il Canada o aumenteremo i dazi”.
Londra e Parigi fanno da sole
Al summit di Parigi hanno aderito 31 Stati fra europei, Commonwealth e Asia. Il pressing dell’Eliseo sul Dragone potrebbe allungare la coalizione. Nel frattempo continuano le forniture della UE all’Ucraina. L’ultima decisione, tra le altre cose, prevede la fornitura di 2 milioni di proiettili di artiglieria di grosso calibro e l’impegno degli Stati membri a garantire 17 miliardi di euro di supporto militare aggiuntivo. La pace è tutt’altro che vicina.