Una pagella per i magistrati. Come a scuola. Solo che arriverà ogni quattro anni invece che ogni quattro mesi.
Una rivoluzione? Non proprio, ma è certo che in pochi si aspettavano una decisione del genere. Nessuno, prima di ora, aveva azzardato un simile provvedimento anche se la giustizia scricchiolava e perdeva abbondantemente acqua. Adesso, dunque, anche chi emette sentenze o accusa una persona deve dimostrare che non ha sbagliato dribblando a volte la legge.
Chi riteneva e ritiene che questa decisione sia sacrosanta afferma che oltre determinati limiti non si poteva andare. Faceva esempi emblematici. Se un chirurgo sbaglia una operazione o un clinico una diagnosi deve rispondere del suo operato.
Così un avvocato o un giornalista che va incontro ad una rettifica o a una sanzione ben più grave che coinvolge il codice penale. Tutto questo non sfiorava i magistrati anche se la sentenza si dimostrava, magari dopo anni, assolutamente ingiusta. E’ il caso recentissimo di quel pastore sardo rimasto 32 anni in galera pur essendo estraneo al fatto che lo aveva inchiodato dietro le sbarre per oltre sei lustri.
Come sempre quando vengono presi questi provvedimenti dal consiglio dei ministri nascono distinguo e polemiche. Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, sostiene “che il nostro sia un lavoro molto logorante e quindi sarebbe necessario non sottovalutare il problema”.
Ad esempio con test psico-attitudinali che dimostrino quanto il magistrato sottoposto a questo esame non abbia problemi al riguardo. Comunque, anche se tali tesi potrebbero apparire giuste sono state respinte dall’esecutivo, probabilmente perché troppo rigide.
Il sistema attuale però non risolve l’attuale situazione del sistema giuridico. Molti tentativi di cambiarlo sono rimasti al palo e così rischia di fare la stessa fine quello proposto dall’attuale guardasigilli, Carlo Nordio.
I rumors dicono che sia stato proprio il premier ad aver frenato per non aprire un altro fronte che possa mettere a disagio l’esecutivo. “In questo modo”,risponde a tono chi vorrebbe un maggior coraggio, “il sistema Palamara rimane intatto. Tutto come prima, insomma”.
E’ la politicizzazione della magistratura il grande scoglio che si deve evitare. Malgrado siano in minoranza coloro che vengono attratti e sopraffatti dall’ideologia, non c’è dubbio che il problema esiste e si deve assolutamente risolvere.
Come può essere “terzo” un giudice che fa parte apertamente di una corrente politica? E come una persona qualsiasi possa credere nella assoluta estraneità di un giudice – sia esso pubblico ministero o altro – dal momento che sia schierato da una parte politica ben precisa?
Ritorna alla ribalta il problema delle porte girevoli che riguarda quei magistrati che hanno scelto per un periodo di tempo di entrare in politica per poi uscirne per motivi diversi. A questo punto si può dar credito ad un giudice che non ha nascosto la sua ideologia?
Si era cercato di trovare un escamotage per evitare episodi di questo genere, ma quando si sono visti i risultati ci si è accorti che il 99,6 per cento degli intervistati non ha ritenuto che la giustizia dovesse trovare altre strade. Niente test psico attitudinali, dunque.
Ma c’è chi non la pensa così. Ad esempio, l’onorevole Angelo Bonelli, esponente di Europa Verde, il quale ritiene che “questi esami dovrebbero essere obbligatori pure per chi si candida a governare il Paese”.
Allora, alla maniera del Gattopardo, tutto cambia perché niente cambi? Qualcosa si è mosso. Ad esempio gli incarichi extra che un magistrato possa accettare. Si è posto un limite: in questo caso gli interessati debbono avere almeno dieci anni di carriera alle spalle.
Quali sono gli interrogativi che si pongono dinanzi all’attuale scenario? Uno su tutti: la riforma Nordio, talmente gridata e sostenuta durante la campagna elettorale, rimane per il momento un sogno. Per quanto tempo?
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