25 aprile, cosa vuol dire oggi per i giovani?

25 aprile, cosa vuol dire oggi per i giovani?
25 aprile, cosa vuol dire oggi per i giovani?

ROMA – Liberazione e 25 aprile: cosa vogliono dire oggi per i giovani? Alessandro Ferrucci ha chiesto “perché si celebra” a un campione di giovani di Roma, da Piazza di Spagna alla periferia più tormentata di Tor Bella Monaca. Ne escono, 69 anni dopo quel 25 aprile, ignoranza e insensibilità diffuse e anche una certa divisione di classe anche nel poco ricordo.

Il rapporto di Alessandro Ferrucci sul Fatto Quotidiano ha inizio da Tor Bella Monaca con un giovane di nome Alfredo:

“Boh, ma che morto Paparelli? Chi, scusa? “Quello della Lazio, c’è anche il coro”. Era il 28 ottobre, un’altra storia.
Gabriele, 21 anni, disoccupato. Non risponde. Ma con il braccio sinistro abbraccia un amico, mentre con il destro fa il saluto fascista. In qualche modo sa cosa si festeggia.

Emma, 16 anni, parrucchiera. Diventa rossa. Silenzio. “Alibberazione”, una parola sola. Da cosa? “Se me volevo fa interrogà annavo ancora a scola”. Alice, 16 anni, amica di Emma. “To dico io, dai tedeschi. Mi padre è de sinistra me fa du palle così su ’ste cose. Ce tiene”.

Genny, 19 anni, disoccupata. “Vabbè, non lo so, e allora?”. È la Liberazione. “E ‘sti cazzi”.

Alessandro, 22 anni, benzinaio. “Non so bravo con le date, non ciò memoria”. È la Liberazione. “Sì, da mi moje”. Sposato a 22 anni? “Lascia perdere, va”.

Monica, 17 anni, pluribocciata al tecnico: “Oddio, nun me mandà in crisi! Un aiutino?” Mica è un quiz. “Eddaiii!”. È la Liberazione. “Giusto! Che grezza”. Significato di grezza: estrema figuraccia.

ORE 14 piazza Bologna, zona nord di Roma, da sempre più vicina alla destra.

Alessio, 23 anni, piercing al sopracciglio. “Ma che cerchi rogna?” Direi di no. “E allora levate ”. Chiude la conversazione con un cenno della mano.

Romano, 19 anni, giurisprudenza. “Ma hai capito come mi chiamo”. Sì. “Allora datti una risposta. Io non festeggio nulla”.

Simone, 17 anni, calciatore. “Più avanti, seconda a sinistra”. Cosa, scusa? “Eh, non mi hai chiesto dov’è viale XXI Aprile?”. No, ti ho domandato cosa si festeggia il 25 aprile. “Ah… (sguardo perso). Non ne ho idea”. La Liberazione . “Ah, me pareva”. Michele, 17 anni, capelli lunghi. “La Liberazione”. Da cosa? “Dai nazifascisti”. E se ne va tra l’incerto e lo schifato per la domanda banale.

Luca, 17 anni, cappellino poggiato sulla testa. Poggiato, in equilibrio. Ascolta l’interrogativo. Poi all’improvviso. “Ma chi te conosce!”

Andrea, 15 anni, studente. “È la festa dei lavoratori”. Quello è il Primo maggio. “Cazzo, me confondo sempre”. Quindi? “La festa dello Stato”. Forse, sbagli con il 2 giugno, Repubblica. “Comunque non si va a scuola”.

Carlo, 20 anni, ultimo anno allo scientifico. “È la fine dell’utopia”. Quale? “Ci siamo inchinati ai padroni”. Non andiamo oltre.

Antonio, 21 anni, amico di Carlo. “Sono d’accordo con lui”.

Valerio, 22 anni, studente di economia. “Mio nonno era partigiano”.
Tommaso, 18 anni, maturando. “È la Liberazione”. Da chi? “Non basta rispondere ‘Liberazione?’”. No, da chi? “Facciamo che te basta la risposta” (…)

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