ROMA – La nuova sede dell’Agenzia spaziale italiana a Tor Vergata, Roma, è nuova di zecca. Dovrebbe essere l’avanguardia tecnologica italiana, ma non ha i pannelli solari. “Costavano troppo”.
In compenso i costi di costruzione sono lievitati di 7 volte e a fronte della mancata spesa per i pannelli, il palazzo spende 80mila euro a bimestre in bollette della luce.
Senza contare che, nel giro di appalti, la sede Asi finì in mano a una delle ditte finite nell’inchiesta sulla “cricca” di Angelo Balducci. Lo strano caso della sede ASI lo racconta Sergio Rizzo sul Corriere della Sera:
La vicenda della nuova sede dell’Asi a Tor Vergata con la singolare moltiplicazione per sette della spesa, sulla quale indaga la procura della Corte dei conti, andrebbe raccontata nelle scuole per amministratori pubblici: come esempio di quello che non si deve fare se si vogliono evitare gli sprechi. Sempre che sia soltanto una semplice faccenda di sprechi. L’Authority, com’è noto, ha segnalato una serie di «illegittimità e irregolarità» nella gestione dell’opera. A cominciare dalla curiosa procedura con cui l’appalto venne secretato per le «ragioni di sicurezza» rivendicate dall’ex presidente Sergio Vetrella, successivamente senatore del Pdl. Di conseguenza la cosa venne affidata al provveditorato del Lazio di Angelo Balducci, che scelse la ditta a trattativa privata. E la scelta cadde su una delle imprese che sarebbero finite nelle inchieste sulla «cricca».
Risultato? Una spesa di 84 milioni 434.755 euro e 65 centesimi: senza pannelli solari, ovvio. Più le consulenze e più l’indennizzo all’architetto Massimiliano Fuksas autore del primo progetto che venne gettato alle ortiche con la scusa che era necessaria, giuravano, una superficie molto più grande di quella preventivata perché sarebbe stata assunta un sacco di gente. E così fu. Soltanto che le assunzioni erano una pura fantasia e due edifici del nuovo complesso sono rimasti completamente vuoti. Qualcuno allora ha pensato di trasferire in quei locali deserti le aziende controllate dall’ente. Ma il provveditorato ha detto di no. Il motivo? Dovrebbero pagare un canone doppio di quello che pagano oggi. Poco importa che sia una partita di giro, visto che incasserebbe l’ente pubblico loro proprietario: con un risparmio non indifferente per l’Erario. Dunque i due stabili continuano a restare vuoti.
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