Un simbolo della vanità delle guerre, ma anche un insulto da parte dei nostri politicanti alla memoria di quei 600 mila nostri padri, nonni, zii che per quelle montagne hanno dato la vita e per le altre centinaia di migliaia che hanno dato il loro sangue nella guerra 1915 – 1918 è stato rivelato da Repubblica.
La faccenda doveva restare segreta almeno per un po’, aumma aumma, anche a queste latitudini.
Vengono i brividi a leggere l’articolo di Pierluigi Depentori e anche un po’ di rabbia per l’ignavia di quelli che hanno in mano il nostro destino.
La vicenda è illuminante del cinismo, e anche della capacità di non lasciare inesplorata la benché minima opzione, di Berlusconi, che è all’inizio dell’intesa per mano del suo fedelissimo Raffaele Fitto, chiaramente merce di scambio per il suo traballante Governo nel 2010; è una vergogna per gli ex fascisti che sono nel Pdl che tanto cianciano di patria; è una vergogna per la sinistra, perché ha completato l’opera, per mano di Graziano Delrio, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie nel Governo Letta.
L’esordio dell’articolo è quasi crudele:
“Vi piace l’Alto Adige, con i suoi paesaggi incantati e le camminate tra i monti in stile Heidi? Fate attenzione, perché a breve potreste vedere cancellati i luoghi a cui siete più affezionati. Forcella del Santo? Zac, tagliato. Monte Sant’Anna? Via, non esiste più. Malga Zirago? Stop. E così per la Forcella di Vallunga, la Croda Nera, la Forcella Mezdì e altri centotrenta nomi di cime, malghe e posti da favola”.
La spiegazione che lascia l’amaro in bocca. Se poi si pensa che potrebbe trattarsi di un gioco di bassa politica, va il sangue al cervello. Se poi si pensa che paghiamo le tasse per mantenere gente che ci odia e disprezza, be’, il discorso porta in territori non proprio politicamente corretti:
“Potere della politica, dove basta una stretta di mano per cancellare in un amen i posti del cuore, i suoi simboli, i ricordi di una vacanza. La stretta di mano, che al momento doveva restare segreta, è quella tra il ministro agli Affari regionali Graziano Delrio e il leader altoatesino Luis Durnwalder: nel nome dell’intesa tra Stato ed Alto Adige, ben 135 toponimi italiani sono stati sacrificati (o meglio dire, cancellati) e di loro non rimarrà più alcuna traccia sui cartelli, che conterranno solo i nomi tedeschi”.
È un peccato che, per spiegare l’antefatto, Pierluigi Depentori cada a sua volta nella superficialità e nella sciatteria della politica e butti giù un capoverso imbarazzante:
“La vicenda è molto più complessa di quanto si potrebbe pensare, e prende avvio agli inizi del Novecento, quando lo storico Ettore Tolomei fu incaricato di tradurre in italiano tutti i nomi tedeschi dell’Alto Adige: si mise di buzzo buono, e arrivò a quota 16.735. Da allora, tra furiose polemiche, l’Alto Adige divenne la terra del doppio nome, e guai a chiamare un toponimo con il suo nome italiano se sei di madrelingua tedesca, e viceversa”.
Se anche a scuola non insegnano più la storia di quella carneficina, sarebbe bastata una visita a Wikipedia per scoprire che Ettore Tolomei non fece le sue ricerche toponomastiche nell’adempimento di un incarico burocratico statale. Quando lo fece, rischiò prima la galera e poi l’impiccagione, perché quelle terre erano parte dell’ Impero Austro – Ungarico e Ettore Tolomei era un irredentista italiano.
Fece la guerra negli alpini e dopo la guerra ebbe anche incarichi dal Governo italiano. Questo prima del fascismo. Durante la seconda guerra mondiale, essendo finito sulla lista nera dei nazisti, fu deportato a Dachau e le SS fecero sparire il suo archivio.
Di tutto questo nell’articolo, che pur è pregevole perché ha scoperto un vergognoso altarino, non c’è traccia. C’è però la prova di come gli alto atesini siano stati capaci di sfruttare, ai fini della loro ideologia e del loro razzismo anti italiano, la fame di voii in Parlamento delle varie maggioranze. E anche di come Berlusconi non lasci nulla di intentato, non trascuri il minimo dettaglio: questo spiega perché per 20 anni se li è fatti su tutti, il potere delle sue tv è un elemento, ma non il solo.
“Tre anni fa Durnwalder e l’allora ministro Raffaele Fitto [Governo Berlusconi] iniziarono a incontrarsi (o meglio, a scontrarsi) per decidere quante di quelle denominazioni italiane fossero veramente “in uso”.
Non dimentichiamo che tre anni fa era in corso la fase finale del Governo Berlusconi e qualunque prezzo avrebbe pagato Berlusconi per restare a Palazzo Chigi.
“Alla fine, la lente d’ingrandimento ha messo nel mirino 135 toponimi che a breve saranno cancellati, mentre su altri dieci l’accordo non è stato trovato: tra questi c’è l’Alta vetta della Vetta d’Italia (che i sudtirolesi vorrebbero chiamare solo Lausitzer Weg), Malga Sasso (Steinalmen nella dizione tedesca) e soprattutto Durna in Selva, che non è forse la località più conosciuta dai turisti italiani, ma che ha un significato simbolico per il governatore Durnwalder, visto che la denominazione tedesca è proprio Durnwald.
“L’intesa doveva rimanere segreta perché in Alto Adige l’argomento toponimi è forse il più delicato in assoluto. Già nel 2009 c’era stato un primo blitz, confezionato in gran silenzio dall’Alpenverein (il Cai di lingua tedesca) che aveva piazzato nei boschi altoatesini ben sessantamila cartelli segnavia quasi tutti solo in tedesco, fregandosene che i fondi per quei cartelli arrivassero da Bruxelles e anche da Roma, per via del progetto europeo Obiettivo 2”.
Risultato di questo micro golpe furono
“centinaia di telefonate al Cai da parte di turisti infuriati, che non trovavano più i “loro” cartelli.
“Il bello è che Luis Durnwalder è stato messo in croce dai falchi della Volkspartei perché quei 135 toponimi italiani cancellati erano stati considerati un’inezia: e così, armati di pennarello, avevano iniziato a segnare decine e decine di nomi italiani da sfrondare, rischiando di far saltare l’intesa col governo.
“Ma l’intesa, in realtà, a Bolzano piace davvero a pochi, se è vero che sia il Pd locale che il Pdl altoatesino masticano bocconi amari, sebbene a denti stretti. Basta sentire Daniela Rossi, vicesegretaria del Pd: «Abbiamo fatto una pessima figura. Questa intesa non è mai stata discussa tra di noi». Dello stesso avviso Enrico Lillo, braccio destro della pasionaria del Pdl (nonché sottosegretario) Michaela Biancofiore: «Incontri carbonari della Svp, il solito via vai sulla testa dei cittadini di lingua italiana»”.
Come ha giustificato il negozioato il ministro Graziano Delrio in Parlamento alcuni mesi fa dà un’idea del disastro:
“Così come mi pare assolutamente importante che venga sottolineata l’intenzione di favorire la coesistenza, la coesione sociale, al di là delle differenze che vanno mantenute e che vada superata la tentazione di avere omologazione, in un senso o nell’altro, rispetto alla presenza di rilevante significato delle minoranze nei territori italiani”.
Questo invece di togliere all’Alto Adige gli immensi contributi per cui i disprezzati italiani pagano le tasse e gli alto atesini sprecano, o invece di dire all’Austria: riprendeteveli tutti, montagne incluse, così risparmiamo almeno un punto di pressione fiscale.
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