ROMA – Se anche l’Alzheimer, come la malattia di Creutzfeldt-Jakob, avesse origini infettive? Questa la domanda a cui John Collinge, neurologo di Londra, tenta di rispondere in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature. La malattia di Creutzfeldt-Jakob è causata dai prioni, che si trasmettono dall’animale all’uomo, e negli anni ’80 una vera e propria epidemia di questa patologia neurodegenerativa causata da preparazioni di ormone della crescita infette. Gli scienziati, osservando il cervello di 8 pazienti morti per questa malattia, hanno scoperto alti livelli di beta amiloide, la proteina dell’Alzheimer e indagato i possibili nessi.
Giuseppe Remuzzi sul Corriere della Sera scrive che i dati epidemiologici escludono che l’Alzheimer possa essere infettivo, anche per non scatenare il panico, ma il dubbio resta e i ricercatori inglesi indagano sulla questione:
“Andiamo con ordine. I neurologi di Londra hanno studiato il cervello di otto persone ancora giovani morte di malattia da prioni per aver ricevuto tanti anni prima preparazioni di ormone della crescita infette. Qui bisogna fare un passo indietro: erano almeno 30.000 fino a metà anni 80 le persone trattate con ormone della crescita, soprattutto bambini. A quel tempo l’ormone si otteneva dall’ipofisi – ghiandola che si trova alla base del cervello – ma ne servivano migliaia prese da cadaveri per avere abbastanza ormone da farne un farmaco. Qualcuno di questi preparati era contaminato da prioni e così circa il 6% dei bambini trattati si è ammalato di Creutzfeldt-Jakob, uno non se ne accorge subito perché il periodo di incubazione arriva fino ai 40 anni. Fin qui non c’è niente di nuovo (e chiariamo subito che bambini che dovessero avere bisogno di ormoni della crescita oggi non corrono pericolo perché l’ormone della crescita non si ottiene più dall’ipofisi ma dalla tecnica del Dna ricombinante).
Gli scienziati di Londra al momento dell’autopsia di quelle otto persone morte di Creutzfeldt-Jakob, hanno trovato nel cervello non solo accumuli di prioni ma anche di beta-amiloide senza che nessuno di loro avesse alterazioni dei geni che si associano all’Alzheimer. Collinge si convince di avere per le mani una scoperta così importante da rivoluzionare le conoscenze che abbiamo oggi sulle malattie neurodegenerative. Il lavoro viene mandato a Nature ma il direttore del giornale è prudente: «Davvero vogliamo prenderci la responsabilità di pubblicare un lavoro che suggerisce che anche l’Alzheimer come la malattia da prioni potrebbe essere infettiva e si può trasmettere col sangue o attraverso i ferri chirurgici? E se i preparati dell’ormone della crescita fossero stati contaminati anche da beta Amiloide?»”.
Insomma gli autori dell’articolo si pongono la domanda e Nature ha deciso di pubblicare la ricerca, ma i dubbi restano:
“Ma i revisori suggeriscono di scrivere esplicitamente nelle conclusioni «non c’è alcuna evidenza che la malattia di Alzheimer sia contagiosa e che ci si possa ammalare con le trasfusioni o con strumenti chirurgici contaminati». Niente paura, per adesso. Ma è importante che queste ricerche vadano avanti.
Certo, se sapessimo di più del rapporto tra prioni e beta Amiloide forse capiremo perché ci si ammala di Alzheimer e chissà che un giorno non sapremmo trovare una cura. La demenza senile è la terza causa di disabilità per noi italiani, che viviamo sempre più a lungo (lo studio è stato pubblicato sul Lancet di questi giorni) ma siamo sempre più malati”.