ROMA – “Imperversa il funarismo 2.0 e i talk politici diventano pollai”, dopo Marco Travaglio (“La puttanata”) anche Andrea Scanzi attacca i talk show politici versione 2013. “Quasi sempre coi soliti noti – scrive Scanzi – Si salvano i programmi con il faccia a faccia, o al massimo due o tre ospiti, che inseguono la chiarezza.”
Ecco uno stralcio dell’articolo:
Sarebbe forse il caso di chiedersi se il pollaio sia ancora attuale o piuttosto anacronistico: lo “scazzo” fu l’invenzione dell’era tardo-democristiana, quando gli Sgarbi – folli, ma dotati – interrompevano l’acquiescenza doro-tea della Balena Bianca. Oggi che è quasi tutto rissa e cazzeggio, in Rete e in Parlamento, il pollaio pare superatissimo. Il talk show funziona quando prova a raccontare e spiegare. Senza scomodare Riccardo Iacona, che è fuoriclasse autentico e atipico, bastava vedere gli ottimi servizi esplicativi di Piazza pulita sulle motivazioni della condanna a Berlusconi (che ovviamente non piacevano alla Santanchè, comprensibilmente disabituata al giornalismo vero).
È poi cambiato il ruolo dello spettatore, che non accetta più di ascoltare passivamente. Interagisce e si arrabbia, su Twitter come alle feste del Pd, contestando i D’Alema e i Violante. Nessuno è intoccabile e l’elettore si chiede giustamente perché mai dovrebbe ascoltare in silenzio Schifani o Ginefra. Da anni il talk show cerca di coinvolgere il pubblico. Lo stile “tribunizio” più ispirato è probabilmente quello di Gianluigi Paragone, che infatti La 7 ha scippato a Rai 2. Ieri c’era Gianfranco Funari e oggi Paolo Del Debbio: populismo, sfottò, caciara, sbracamento. Funarismo 2. 0. Per il talk show politico è un momento di svolta. O continua a crogiolarsi nella speranza vaga di uno scontro da consegnare a Youtube, o accetta di aggiornarsi. A costo di rimettersi interamente in discussione.
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