ROMA – Quando è uscita la notizia della norma salva-Berlusconi in molti hanno pensato (e qualcuno l’ha scritto) che la cosiddetta manina colpevole di aver inserito il comma appartenesse ad Antonella Manzione, l’ex comandante dei vigili di Firenze e poi promossa da Renzi a capo dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi. A difesa di Antonella Manzione lo scudo di Renzi: “Se vogliamo continuare a farci del male per altri dieci giorni sulla delega fiscale parlando della manina, si sappia che la manina è la mia”. “Sulla questione del fisco voglio essere di una chiarezza esemplare e cristallina – ha aggiunto Renzi -. La ritengo una normativa che non ha niente a che vedere con leggi ad personam, ma non facciamo neanche leggi contra personam”.
Anche perché, come spiega e scrive Claudio Bozza del Corriere della Sera, tra il premier e Antonella Manzione, “c’è un asse di ferro”. Claudio Bozza ripercorre le tappe dell’asse:
Il primo pezzo viene saldato alla fine del 2010, quando Renzi è sindaco e l’avvocato Manzione diventa comandante dei vigili. L’allora rottamatore ne apprezza il «piglio renziano»: lui chiede e la comandante si mette sempre e comunque in moto per centrare l’obiettivo.
La consacrazione arriva quando Renzi la nomina anche direttore generale di Palazzo Vecchio e la «Anto» riesce a districare una matassa pericolosissima, con il ministero delle Finanze che chiedeva indietro al Comune oltre 50 milioni «pagati irregolarmente ai dipendenti come integrativo».
A chi le chiede se è quanto sia di sinistra, la battuta è chiara: «Quanto Matteo» dice rivendicando poi con orgoglio i tanti anni d’impegno con Libera, l’associazione di don Ciotti, di cui è stata coordinatrice della Versilia (…)
Il suo primo incarico di rilievo lo ricopre a 27 anni, come comandante dei vigili di Seravezza, piccola perla sotto le Apuane, dove assieme ad altri giovani colleghi riesce a mettere sotto accusa una serie di aziende che aveva trasformato il torrente Versilia in un fiume bianco sversandovi gli scarti della lavorazione del marmo. Un legame strettissimo, quello con la divisa, che oltre a tante soddisfazioni dà alla comandante anche qualche forte dispiacere. Come quando si trasferirà a Pietrasanta, dove denuncia per mobbing contro i vigili l’allora sindaco forzista, Massimo Mallegni, che l’aveva destinata ad altro incarico. Il primo cittadino, poi, finisce anche al centro di un processo con oltre venti capi d’accusa, che si dissolveranno in primo grado con un’assoluzione. All’inchiesta contro Mallegni lavorano l’allora procuratore capo di Lucca, Giuseppe Quattrocchi (che Renzi ritroverà nello stesso ruolo a Firenze), e il pm Domenico Manzione (fratello di Antonella). La comandante, dopo quell’esperienza, scrive pure un libro autobiografico: «Caterina va alla guerra». Nel frattempo si sposa con Pierluigi Tarabella, ingegnere, e si trasferisce a Forte dei Marmi, dove torna ogni venerdì saltando sull’ultimo treno per abbracciare la figlia Carolina, ascoltare Edoardo Bennato e prepararsi un piatto di trippa (…).