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Arresto e carcere. In arrivo “porcata a sorpresa”: Marco Travaglio sul Fatto

di Marco Benedetto |14 Dicembre 2013 9:24

Angelo Rizzoli con la moglie, Melania De Nichilo (foto LaPresse)

La morte di Angelo Rizzoli ai domiciliari e le reazioni inconsulte e un po’ vergognose dei politici di destra e anche di sinistra sulla detenzione preventiva  hanno dato lo spunto a “Gli Inarrestabili” di Marco Travaglio sul fatto di sabato 14 dicembre.

Marco Travaglio  comincia l’articolo con un giusto sdegno verso molti dei giornalisti che hanno scritto della morte di Rizzoli anche se, nel suo sdegno, Travaglio dimentica articoli come quello di Alberto Statera su Repubblica che hanno ricostruito il personaggio con equilibrio e completezza. C’è da ricordare anche il piccolo Blitzquotidiano, che in occasione della morte di Angelo Rizzoli e anche in precedenza hanno rifiutato l’interpretazione che di se stesso dava lo stesso Rizzoli.

In ogni caso quiesto è quel che pensa Marco Travaglio:

II commento più misurato sulla morte di Angelo Rizzoli dopo una lunghissima malattia agli arresti domiciliari è arrivato dalla moglie Melania, donna forte e dolce, parlamentare competente che non ha atteso l’arresto del marito per scoprire i problemi del carcere.

Per il resto, […], hanno dato come sempre il peggio di sé.

[…]

Non ha nulla a che vedere con il lutto e molto con lo sdegno castale e classista che accompagna ogni arresto di Vip, potenti, colletti bianchi. Lorsignori, appena uno “del giro” finisce dentro, si sentono toccati nella carne viva, col retropensiero neppur troppo dissimulato che “se e è toccato a lui, un giorno potrebbe toccare a noi”.

Qui Travaglio passa al mondo politico e alla legge che c’è e che forse si vorrebbe cambiare e sono parole in larga sacrosante, ancorché acritiche nei confronti della magistratura:

 

Perciò la ministra dei Ligresti, al secolo Annamaria Cancellieri, ha ricevuto cotanta solidarietà bipartisan in Parlamento, pari almeno al disprezzo che attira fra la gente comune: perché a palazzo è convinzione diffusa che, quando c’è di mezzo un amico degli amici, non debbano valere le leggi ordinarie applicate ai comuni mortali.

A proposito di Rizzoli, arrestato per un crac da 30 milioni e accusato di aver svuotato la sua società per comprare beni personali, Brunetta blatera di “tortura”, la Carfagna di “martirio”, la Santanchè di “persecuzione”, la Gelmini di “inferno”, Manconi di “iniquità”.

Poi c’è la responsabile Giustizia della nuova direzione del Pd renziano, Alessia Morani, che farfuglia di “riformare la custodia cautelare, ora incompatibile con un sistema civile”. Seguita a ruota da Donatella Ferranti del Pd, presidente della commissione Giustizia della Camera, dove la soave corrispondenza di amorosi sensi fra Pd e Forza Italia sta partorendo l’epocale “riforma”.

“Escludere gli automatismi”, spiega la Ferranti: “la custodia cautelare in carcere dev’essere solo l’extrema ratio e va valutato sempre il caso concreto”, “il giudice dovrà valutare bene e motivare che non ci sia un’altra misura coercitiva o interdittiva sufficiente, prima di decidere se arrestare o no una persona”.

Chi non conosce le norme penserà che oggi la custodia cautelare sia “automatica”, cioè che tutti gli indagati per reati di una certa rilevanza finiscano ipso facto in carcere, e che i giudici non valutino né motivino “bene”, ma così, a cazzo, sul “caso astratto”, come viene viene.

[…]

Per fortuna sono balle: tutto ciò che la signora Ferranti auspica per il futuro è già stabilito per legge fin dal 1995, quando la custodia cautelare fu riformata per la 18^ volta dall’entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale del 1989. Art. 275 Cpp: “La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulta inadeguata”, e solo in caso di “gravi indizi di colpevolezza”, solo per reati di particolare gravità, e solo se l’indagato minaccia “concretamente” di inquinare le prove, o ripetere il delitto o darsi alla latitanza.

Oltre a tutto ciò, se l’arrestato soffre di una “malattia particolarmente grave” che lo renda “incompatibile con lo stato di detenzione”, il pm e il gip (e poi i tre giudici del Riesame) dispongono perizie tecniche per trasferirlo ai domiciliari.

Come nel caso di Rizzoli e di Giulia Ligresti. Ma decidono i giudici, non i politici. E allora di che cianciano le Ferranti e le Morani? Essendo improbabile che stiano preparando una legge fotocopia di quella attuale, è facile immaginare che sia alle viste una porcata a sorpresa. Anche perché la Ferranti annuncia garrula che “i relatori Pd e FI han votato quasi all’unanimità in commissione”.

Cioè il decaduto Berlusconi, che teme di finire in galera un giorno sì e l’altro pure, è favorevole. Sono soddisfazioni.

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