ROMA – Jobs Act e art. 18 dello Statuto dei Lavoratori tornano al centro della politica, all’ordine del giorno della Commissione Lavoro del Senato e soprattutto del confronto fra i partiti e le loro frazioni.
Il nodo è nella ampiezza della delega al Governo a riscrivere lo Statuto dei Lavoratori e in particolare l’art. 18, attraverso un Codice semplificato del lavoro che affronti i vari capitoli (demansionamento, controlli a distanza), compresa la disciplina dei licenziamenti.
Chi è per un cambiamento sostanziale vuole una delega quasi in bianco, per chi difende i diritti acquisiti e lo statu quo il Governo deve procedere con vincoli precisi.
“L’iter del Ddl delega sul Jobs act al Senato è bloccato dai dissensi interni al Pd”,
constata Giorgio Pogliotti sul Sole 24 Ore. La previsione di Corrado Chiominto dell’agenzia di stampa Ansa è che un accordo sarà raggiunto su questi punti:
“1. Rafforzamento delle norme previste ora dalla delega per rendere certo l’arrivo del nuovo contratto a tutele crescenti, che nella fase iniziale è senza articolo 18 e con indennizzi proporzionali all’anzianità.
2. Nessuna modifica alle norme che, per gli altri contratti indeterminati, consentono al giudice di decidere anche il reintegro del lavoratore licenziato illegittimamente”.
Martedì 16 settembre c’è una riunione tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e i capigruppo del Pd dei due rami del Parlamento, in cui, scrive Giorgio Pogliotti,
“si cercherà una posizione comune sul nodo della delega all’articolo 4 del Ddl, che, in linea con quanto annunciato dal premier Matteo Renzi, dovrà affrontare il tema della riscrittura dello Statuto dei lavoratori, impattando anche sull’articolo 18, ovvero sulla disciplina dei licenziamenti”.
Non sarà facile, prevede Giusy Franzese sul Messaggero di Roma,
“per il responsabile economico del Pd Filippo Taddei, durante la riunione con i capigruppo del partito e i membri della commissione Lavoro di Camera e Senato, convincere tutti che superare l’attuale formulazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori è cosa buona e utile.
A meno che non riuscirà a persuaderli che lo si farà nel segno della «semplificazione e dell’estensione delle tutele».Il chiarimento all’interno del Pd è un passaggio fondamentale per superare lo scoglio dell’articolo 18 che rischia di bloccare il cammino del Jobs act.
Solo dopo che il Pd avrà raggiunto una posizione unitaria, si potrà tenere il confronto con il resto della maggioranza e formulare un emendamento di compromesso”.
Il confronto parlamentare riprende mercoledì 17 settembre, ricorda Corrado Chiominto e dovrebbe chiudere entro la settimana:
“Ma prima è necessario trovare una soluzione politica al nodo del reintegro sul posto di lavoro previsto dall’art.18 che, al momento, divide la maggioranza: il Pd da un lato e Ncd-Scelta Civica dall’altro”.
Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti ha ribadito l’impegno per tempi rapidi di approvazione:
“Credo che il Parlamento debba fare fino in fondo il proprio lavoro – ha sostenuto il ministro del Lavoro – Finora i tempi sono stati assolutamente rigorosi”. Ma certo, su un tema così delicato come quello del lavoro, il governo non accetta diktat da parte dell’Europa. “Renzi è stato molto chiaro – ha aggiunto – dobbiamo decidere noi le cose che servono all’Italia. Ci sono tanti problemi e lo sappiamo”.
A farsi promotore del dissenso interno rispetto alle posizioni di Mario Renzi è il presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano:
“Non ci sono condizioni per lasciare deleghe in bianco al governo. Renzi dice che non prende ordini dall’Europa? Allora dia l’esempio sul mercato del lavoro. Siamo disponibili ad una sospensione temporanea dell’articolo 18, purché dopo la fase iniziale venga ripristinato”.
Per Renzi, nota Giorgio Pogliotti,
” è difficile ignorare la posizione di Damiano, considerando che superato lo scoglio del Senato, il Ddl delega andrà in commissione lavoro alla Camera dove il Pd ha 22 deputati su 48, in prevalenza espressione della sinistra interna”.
Nel Pd però c’è anche, scrive Corrado Chiominto,
“chi parla espressamente di superamento dell’art.18. Lo fa il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia: ”è un feticcio, in Italia di fatto non esiste più e va superato”. La maggioranza dei parlamentari Pd però sembra concorde nel non modificare le norme della legge Fornero, che prevedono ancora il reintegro anche se in un numero limitato di casi. Il superamento, semmai, può essere temporaneo, attraverso il contratto a tutele crescenti, con l’obiettivo di favorire l’occupazione prevedendo, in via sperimentale per i primi tre anni, di fissare solo un indennizzo legato all’anzianità lavorativa.
Secondo la senatrice Pd, Rita Ghedini,
”abbiamo già modificato l’articolo 18 con la Fornero e ora la nostra normativa è esattamente uguale a quella della Germania, che ha anche il reintegro. Inutile modificare solo un ingrediente del piatto- Rischieremmo infatti di avere una dieta squilibrata”
spiega con un riferimento ai servizi per l’impiego e ai nuovi ammortizzatori.