ROMA – “In questa storia senza padri – scrive Valentina Errante del Messaggero – dove gli uomini sono sfruttatori o clienti, la scena è stata loro dal primo giorno. E lo è ancora. La mamma di Angela e quella di Agnese”.
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La mamma ”buona”, che ha denunciato, e quella ”cattiva”, che ieri è stata condannata a sei anni per avere indotto la figlia a prostituirsi e ha perso per sentenza la potestà genitoriale, come aveva già disposto il giudice dei minori. Lei, in questa storia, di figli ne ha visti andare via due. E così dopo il verdetto, che chiude solo un capitolo giudiziario, entrambe le madri parlano attraverso la voce dei loro avvocati. Perché entrambe sono disperate. «Straziate dal dolore». Ed entrambe sperano di ritrovare quelle ragazzine, perdute in un seminterrato di viale Parioli e adesso salve, dopo il terremoto, lontane da loro, tra le mura di una casa famiglia.
LA MAMMA DI AGNESE
Lo chiede al suo avvocato Nicola Santoro, la mamma di Agnese: «Le cose potrebbero cambiare in secondo grado, vero? I giudici potrebbero credermi, non è ancora detto». Spera e continua a giurare: «Io non pensavo che in viale Parioli si prostituisse», lo ha ripetuto davanti ai pm e davanti al gip, lo ha detto anche Agnese a tutti i magistrati e agli psicologi che ha incontrato, tentando di difenderla. Ma non è stata creduta. A inchiodarla sono state quelle intercettazioni, in cui la figlia diceva di volere fare i compiti e lei insisteva perché andasse «da Mimmi» (Mirko Ieni): «credevo spacciasse», continua a dire. «Il dolore fa parte del suo stato d’animo costante – dice il legale – la pena e il riconoscimento di tutte le accuse, adesso, aggravano una condizione di profonda sofferenza». E’ da ottobre, da quando è finita in carcere, che la mamma di Agnese non incontra la figlia.
Eppure spera. Anche il suo bambino più piccolo, quello che richiedeva maggiori attenzioni per i suoi problemi di salute, è stato accompagnato in una casa famiglia. L’avvocato le ha spiegato che la perdita della potestà genitoriale era già arrivata dal Tribunale dei minori (l’unica misura cautelare vigente nei suoi confronti è il divieto di avvicinamento ai figli) eppure la mamma di Agnese sperava. Sperava che qualcuno le credesse. Gli errori li ha già sotto gli occhi. «Adesso si sta facendo aiutare». Lei aveva già tentato di chiedere sostegno, ma era stato inutile, gli assistenti sociali frequentavano casa sua, anche il medico che curava il figlio era stato interpellato per sostenere quella ragazzina violenta e scontrosa. Più volte si era rivolta ai carabinieri, quando Agnese spariva. E adesso che i suoi figli non sono più suoi, lei spera di rincontrarli un giorno e di potere riparare a tutti quegli errori misurati in anni di carcere e in una condanna penale. Dopo una sentenza che ha visto la figlia costituirsi come parte lesa contro di lei, per volontà del suo tutore e dell’avvocato nominati dal Tribunale dei minori.
LA MAMMA DI ANGELA«Sono straziata dal dolore, ho visto volare via la gioventù di mia figlia». La mamma di Angela può vedere sua figlia solo due volte al mese, in una situazione ”protetta”, all’interno della casa famiglia dove quella ragazzina, che oggi ha 16 anni e fino a un anno fa si vendeva in un seminterrato della città bene, cerca di ritrovare la strada. «E’ stato difficile scegliere, ma ho dovuto farlo», l’avvocato Tedesco racconta come la mamma di Angela abbia vissuto dolorosamente la scelta di denunciare. «Non ha voluto mettere la testa sotto la sabbia – dice – anche se sapeva cosa sarebbe accaduto. L’onere di questa decisione se l’è assunto da sola». Adesso anche la mamma di Angela sta facendo un percorso, come sua figlia. Dovranno rincontrarsi: «E’ un rapporto che va ricucito in una situazione devastata. E’ consapevole di avere commesso degli errori».
LE RAGAZZEPer Angela è stato più facile. Adesso ha anche superato gli esami per frequentare il primo liceo. Ma per Agnese no. Per lei, che sogna di fare l’avvocato o la giornalista, ma ancora si allontana, quando in Tv si parla del ”caso”, ieri è stato un giorno ancora più difficile degli altri. Tra gli imputati, nel processo che la vede parte lesa, c’era la sua mamma, che per la legge è diventata un’estranea. «Una decisione formalmente giusta», spiega il curatore che in giudizio ha rappresentato la ragazza, ma la legge non è la vita. E la sentenza è un nuovo duro colpo nel rapporto complicatissimo tra la Agnese e la mamma. «La strada è stata imboccata – spiega chi le è stato vicino – ma queste vicende hanno dinamiche imprevedibili».