Banche, stretta sulle garanzie
Pubblicato il 14 Gennaio 2014 - 09:49 OLTRE 6 MESI FA
ROMA – La Banca d’Italia aumenta il pressing sulle banche attraverso gli asset quality review (cioè le valutazioni globali degli attivi) già partiti e le ispezioni in corso che preludono, dal prossimo novembre, all’avvento della vigilanza unica da parte della Bce.
L’articolo del Messaggero fa eco a un altro articolo del Giornale, anch’esso molto preoccupante, pubblicato domenica 12 gennaio sotto il titolo: “Il test Bce mette a rischio 40 miliardi di prestiti”.
Scrive il Messaggero:
“Nel mirino della Banca d’Italia liquidità e patrimonio: tutte le 15 banche italiane destinate a passare sotto il monitoraggio di Francoforte, sono al centro di rigorose analisi e, parte di esse, stanno ricevendo sollecitazioni orali e scritte a mettere in atto interventi. Di qui la possibilità che, nel giro di alcune settimane, prima dell’arrivo delle ispezioni delle squadre di Mario Draghi attese per i primi di marzo nelle 128 banche europee, possa riaprirsi anche in Italia la stagione delle ricapitalizzazioni. Fmi ha stimato un fabbisogno supplementare di equity di 6-14 miliardi. C’è da dire che i team che faranno gli esami alle banche variano a seconda delle dimensioni: nelle banche maggiori le squadre saranno composte da 40-45 persone, negli istituti della fascia sottostante ci saranno gruppi di 25-30 persone e così a scalare.
Tre anni dopo l’ultima tornata di aumenti (2 miliardi del Banco Popolare, 1 miliardo di Ubi, 5 miliardi di Intesa, 2,15 miliardi di Mps, 800 milioni di Bpm e 7,5 miliardi di Unicredit) per un totale di 18,45 miliardi, ne potrebbe dunque partire un’altra. E delle 15 grandi banche, sono almeno una decina quelle sulle quali via Nazionale tiene le antenne alzate esercitando una moral suasion più o meno stringente. Su alcune le bocche sono cucite per ovvie ragioni di riservatezza, legate anche al fatto che hanno titoli quotati in Borsa e comunque una decisione non è ancora stata presa. Di sicuro nel mirino ci sono però Carige e Bpm, che hanno deciso di varare rafforzamenti patrimoniali ma non ancora realizzati per motivi differenti: a Genova il neo ad Piero Montani, insediato da due mesi, sta completando il check up interno necessario per impostare il piano industriale di cui l’aumento da 2 miliardi sarà un pilastro importante. E Bpm (500 milioni) è alle prese con la nomina del nuovo cdg. Un’altra banca che la Vigilanza considera sorvegliata speciale, oltre naturalmente a Mps, è Banca Etruria, cui l’authority ha suggerito un matrimonio. Le altre stanno cercando di valutare se il ricorso al mercato può essere evitato (…)
Sul Giornale, Rodolfo Parietti aveva scritto:
“Famiglie e imprese farebbero bene a tenere le dita incrociate, quando la Bce comincerà a mettere il naso nei bilanci delle banche italiane. Se Mario Draghi dovesse mostrare pollice verso, la stretta sul credito diventerebbe ancora più soffocante: il Centro Studi di Confindustria non esita a stimare in 40 miliardi di euro l’eventuale «sparizione » di prestiti quest’anno, cui andrebbero sommati altri 10 miliardi nel 2015. Insomma, un ulteriore calo nella concessione di impieghi, rispettivamente del 4,9 e dell’1,3% se confrontata al 2013, anno in cui la strozzatura è già stata piuttosto dolorosa.
Nonostante l’ aplomb negazionista manifestato dall’Abi,il fenomeno infatti esiste ed è strettamente correlato alla recessione, con il circolo vizioso credit crunchcrisi che si auto-alimenta. «Il rischio di credito- sottolinea a proposito il Csc- sale con le sofferenze». Più sono i crediti di difficile riscossione, meno le banche hanno voglia di aprire i rubinetti. Ovvio. Anche perché sentono il fiato sul collo di Bankitalia, che non perde occasione per ricordare l’importanza di accantonamenti adeguati per tenere alto il tasso di copertura. Gli ultimi dati sono un richiamo alla prudenza: le sofferenze sono salite nel novembre scorso a 103 miliardi (12,6% del totale dei prestiti). Nel 2008 pesavano per appena 25 miliardi. Sembra un secolo fa, ma l’unodue della crisi (mutui subprime+debito sovrano) è stato devastante, con ripercussioni violente soprattutto a partire dal settembre 2011. Rispetto a quel periodo, i prestiti sono crollati finora del 10,5%.
A conti fatti, 96 miliardi in meno a disposizione delle imprese Alcuni analisti sono convinti che da quest’anno il credito tornerà ad affluire alle imprese, dopo un biennio di contrazione. Il Csc non sembra condividere questo ottimismo: il credit crunch proseguirà anche quest’anno con un calo dell’1% (-8 miliardi), mentre nel 2015 si registrerà un aumento del 2,8% (+22 miliardi). Stime, ovviamente, al netto di un’eventuale bocciatura da parte della Bce. I (timidi) segnali di ripresa non sembrano quindi convincere più di tanto Confindustria, le cui previsioni sono basate sull’evoluzione nei bilanci bancari del rischio di credito (…), sulla capacità di generare utili ( ai minimi), sui ratio di capitale e della raccolta (…)