Bartolomeo Gagliano, Vittorio Feltri: “Adesso il rischio è che nessuno paghi per l’errore”

Bartolomeo Gagliano, Vittorio Feltri: "Adesso il rischio è che nessuno paghi per l'errore"
Bartolomeo Gagliano, Vittorio Feltri: “Adesso il rischio è che nessuno paghi per l’errore”

ROMA – “Adesso il rischio è che nessuno paghi per l’errore”, per la fuga di Bartolomeo Gagliano, scrive Vittorio Feltri, dalle pagine del Giornale:

Come avrete intuito, non sono contrario a un trattamento civile dei detenuti. Non stupisce che un farabutto il quale si sia com­portato correttamente dietro le sbarre venga trattato umana­mente. Ci mancherebbe. Nella fattispecie, tuttavia, c’è qualco­sa che non quadra. Le cronache riferiscono che il soggetto in que­stione avess­e già avuto una licen­za premio senza creare guai. Mo­tivo per cui – pare – il magistrato di sorveglianza addetto ai con­trolli non si è opposto a una se­conda uscita di Gagliano.

Rac­contata in questa maniera, la sto­ria non sorprende. In realtà quel che c’è dietro fa venire i brividi.Il direttore del carcere – a suo dire ­non era al corrente che il detenu­to del quale discettiamo fosse un pluriomicida, ritenendolo un semplice rapinatore, per quanto un rapinatore possa essere sem­plice. Pertanto non ha fatto una piega quando ha dovuto riferire il proprio parere favorevole al magistrato di sorveglianza,l’ulti­mo a decidere in materia di per­messipremio. Lo stesso magistrato, secondo le notizie in nostro possesso (e forse sono incomplete), compul­sate le carte sottopostegli, non ha scoperto altre informazioni tali da sconsigliargli la concessio­ne del «regalo» al richiedente. In­somma, dal fascicolo non risulta­vano i turbolenti trascorsi del carcerato. Poi è scoppiata la bomba. Ed è scoppiata soltanto quando il bue era fuggito dalla stalla ossia nel momento in cui Gagliano, invece di ripresentar­si puntuale nel penitenziario, se ne è andato per i fatti suoi, insalu­tato ospite. Solo allora è venuto fuori che l’evaso era un fior di de­linquente. Le sue specialità: ucci­dere, sparare, stuprare, rapina­re.
Domanda: ma è lecito che il di­rettore del carcere ignorasse i precedenti di questo individuo? Ed è normale che il magistrato chiamato a deciderne le sorti ab­bia esaminato documenti privi dei dati, diciamo pure salienti, ri­guardanti la persona sottoposta al suo giudizio? Speriamo di sba­gliarci. Ma se le cose stanno co­me ve le abbiamo narrate, siamo di fronte alla prova provata che il nostro Paese è irrecuperabile.
Imbarazzato quanto sono, non saprei a chi si possa attribui­re la responsabilità di una simile schifezza: alle leggi, all’intreccio burocratico che complica l’atti­vità giudiziaria nelle sue mille sfaccettature, ai giudici incarica­ti di ammin­istrare le strutture pe­nitenziarie sovraffollate? Proba­bilmente gli «attori» delle grotte­sche inefficienze non pagheran­no per la loro dabbenaggine. Fi­nirà come sempre: tutti colpevo­li, nessun colpevole. Il potere le­gislativo assisterà inerte anche all’ultimo scandalo, fiducioso che tra qualche giorno non se ne discuta più. Fino al prossimo. 

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