ROMA – Le palle di Letta e “Babbo Natale Renzi” scrive Maurizio Belpietro su Libero: “Per realizzare le proposte dell’esponente democratico servirebbe unImu sulla prima casa ogni mese. E lIva andrebbe portata dal 22 al 34%”
L’editoriale di Belpietro:
Se non siamo in grado di ridurre il cuneo fiscale, cioè le tasse che gravano sulla busta paga e facciamo finta di averle tagliate regalando a ogni lavoratore cento euro lanno per poi riprendendercele con laumento dellIva, dove troviamo i soldi per assicurare ai disoccupati un sussidio mensile che consenta loro di tornare a casa sereni e di guardare in faccia i figli?
Noi non siamo dei ragionieri, ma quattro conti comunque li sappiamo fare e, sentita la proposta del sindaco di Firenze, ci siamo messi allopera con la calcolatrice. Stimato che in Italia i disoccupati siano tre milioni e mezzo (3,2 milioni secondo l’Istat, 3,9 secondo la Uil) e moltiplicando la cifra per unindennità da mille euro al mese, cioè la sola che sia in grado di togliere lansia a chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena, fanno 3 miliardi e mezzo di euro. Al mese. Cioè più o meno quanto vale un punto di Iva o quanto vale lintera Imu sulla prima casa che ancora il governo Letta non è riuscito a togliere nonostante le promesse fatte otto mesi fa in Parlamento. Se si considera tutto lanno, fanno quasi 40 miliardi e per trovare i soldi necessari a pagare il sussidio a chi è rimasto senza lavoro bisogna mettere un Imu prima casa ogni mese.
Oppure aumentare ogni trenta giorni l’Iva, passando in un anno dal 22 al 34. Oppure? Ecco, su come troverà i fondi necessari a finanziare lindennità di disoccupazione Renzi non è stato chiarissimo. Anzi, diciamo che è stato sfuggente. Fabio Fazio, il mastino dellinformazione di Rai 3, non lo ha incalzato come fa di solito per avere conto di dove prenderà i soldi e così nelletere e sulle prime pagine dei giornali è passato il concetto che Renzi ha un piano per il lavoro che prevede lin – dennità a favore di chiunque resti disoccupato. In realtà, finora, il sindaco di Firenze ha una promessa molto accattivante ma altrettanto vaga, senza cioè alcun riferimento concreto che consenta di valutare se si tratti di una boutade oppure di qualcosa di serio. Attualmente in Italia chi resta a casa ha un sistema di protezione. Se non viene espulso definitivamente dallazienda, se cioè non viene licenziato, può beneficiare della cassa integrazione o della mobilità e oggi in queste condizioni ci sono circa 1,8 milioni di lavoratori. Se un dipendente perde il posto, invece della cig o della mobilità, beneficia di un sussidio temporaneo, che costa allo stato 13,6 miliardi. Anche utilizzando queste risorse per arrivare a una vera indennità che permetta a ogni lavoratore di non avere lansia di non sapere come mantenere la famiglia, mancano sempre allappello altri 26 miliardi.
E Renzi dove li trova? Mistero. Non vorremmo che la proposta del neo segretario del Pd facesse il paio con quellaltra che lanciò durante le primarie dallo studio di Porta a Porta, quando disse che, se fosse stato al governo, per reperire i fondi necessari a tagliare il cuneo fiscale (valore 4 miliardi), avrebbe toccato le pensioni doro, compresa quella di sua nonna. Ci sono volute settimane e lintervento del professor Tito Boeri su Repubblica per fargli capire che – ammessa e non concessa la costituzionalità di una misura che colpisce una sola categoria – con il taglio agli assegni previdenziali più ricchi al massimo avrebbe raccolto i soldi per dare la mancia ai lavoratori, di certo non per ridurgli le tasse. Il sospetto è insomma che, come per nel caso dellarticolo 18, il sindaco di Firenze abbia fatto i conti senza loste. Sul vincolo che impedisce di licenziare i fannulloni, Renzi ha fatto subito marcia indietro appena la Cgil ha abbaiato. E sullindennità ai disoccupati è assai probabile che il dietrofront avvenga appena la ragioneria dello Stato gli ricorderà che, in base alla legge, ogni provvedimento, anche quello più popolare, deve avere una copertura finanziaria. Se non si sa chi paga, non si fa. E la rottamazione non centra.