Beppe Grillo ha superato il confine della decenza, quello che successo a Genova è la goccia del vaso, il Movimento 5 stelle non si può votare più: Paolo Flores d’Arcais abbandona la fede grillina e passa al non voto. Lo fa in un articolo su Micromega on line, pubblicato anche su Repubblica.
A Genova, Beppe Grillo
“ha annullato le “comunarie”, un sistema complicato, magnificato da Grillo come il migliore e da prendere a modello”.
Le ha annullate non appena ha scoperto che il risultato era quello previsto e ha vinto un altro candidato (candidata) e non il preferito di Grillo. A questo punto, conclude Flores,
“sarebbe il caso che il M5S ufficializzasse nel suo non-statuto che i candidati li sceglie Grillo, e così per ogni altra nomina. Non sarebbe la tanto strombazzata democrazia-diretta-web, sarebbe almeno un’oncia di onestà.
La democrazia nei partiti, ricorda Flores, è sempre stata ed è, in realtà, una forma di cooptazione. Nel Pci si chiamava “centralismo democratico”, nel Psi era una democrazia di correnti (prima di Craxi, corretta dal 1980 con dosi massicce di cleptocrazia), nella Dc una poliarchia di clientele. Vorrà dire che il M5S lancia la formula del centralismo monocratico, o più esattamente della mono-e-tanticchia-crazia, a seconda di quanto potere volta a volta Grillo decida di conferire a Casaleggio jr.
Conclusione. Flores ammette che da tempo si interrogava su
“fino a quando si sarebbe potuto votare ancora M5S: con rammarico, perché altri voti non di regime non se ne vedono. La misura era dunque già colma. L’ukase defenestratorio di Genova costituisce la goccia che fa traboccare il vaso: nemmeno il M5S è più votabile. La prossima volta, a meno di nuove liste di cui per il momento non si vede, e nemmeno intravede, ombra, […] diventerà ragionevole non votare.
Purtroppo, constata Flores,
“Il M5S è un movimento carico di ambiguità, contraddizioni, difetti e magagne: predica ‘uno vale uno’ ma poi due vale più di tutti messi insieme (e uno dei due per merito dinastico)” seguono tre esempi e un “si potrebbe continuare a lungo”. Aggiungendo: “Ora in realtà il M5S dovrà scegliere. Proprio tra destra e sinistra. Non nel senso dei partiti, sempre più indistinguibili (…) ma certamente nel senso dei valori. D’altro canto se un movimento rinnova ogni giorno il suo peana alla Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista e col DNA ‘giustizia e libertà’ (…) non può poi contraddire questa scelta (…) come spesso sta accadendo. Se insiste nella contraddizione tra valori proclamati e azione politica, per il M5S l’implosione è inevitabile”.
Il Movimento 5 stelle è scaduto
“ormai troppe volte, in parodia della democrazia di base, fino alla tragica farsa. Perché democrazia non è premere il bottone like/dislike. Ogni risposta è condizionata (e talvolta comandata) dalla formulazione della domanda. Chi la controlla controlla ampiamente il voto. E il carattere democratico di un voto dipende dalla caratura della discussione, dalla sua ampiezza, dall’informazione critica che entra nel circuito, grazie al dovere dell’argomentazione reciproca: l’esatto opposto di quanto accade sul web. E la scelta dei candidati deve nascere dalla partecipazione alle lotte, dal contributo alla vita reale, del movimento: tutto ciò avviene faccia a faccia, nelle riunioni, non nell’anonimato del web. Dove – se va bene – si realizza un casting da show televisivo alla De Filippi o da ammiccamento su facebook o instagram per acchiappare e accattivarsi più ‘amici’. Procedure lontane anni luce dalla selezione democratica dei candidati”.