Beppe Grillo, le prossime mosse tra ‘dissidenti’ M5s e Quirinale

ROMA – Quali saranno le prossime mosse di Beppe Grillo? Stefano Folli su Il Sole 24 Ore prova a immaginare le prossime mosse politiche del leader del Movimento 5 Stelle. Prima di tutto ricucire il rapporto con i ‘dissidenti’ del MoVimento 5 Stelle:

“Come è ovvio, la semi-paralisi dei due partiti maggiori offre il palcoscenico ad altri protagonisti. Non c’è dubbio che lo stallo determini una condizione favorevole a chi vuole usare il grimaldello (o l’apriscatole). Benché poi nella realtà ognuno di questi nuovi protagonisti deve a sua volta decidere quale parte recitare nella commedia.
Nemmeno Grillo sfugge alla regola. È evidente che la sua perorazione contro qualsiasi accordo di governo con il Pd di Bersani è lo specchio di una crescente difficoltà interna. Se il leader ha bisogno di alzare i toni e di minacciare in modo implicito i dissidenti pro-Pd, vuol dire che le incertezze fra i Cinque Stelle sono sempre più diffuse. La questione non si pone oggi, ma si porrà di sicuro all’indomani dell’elezione del nuovo capo dello Stato, quando si dovrà affrontare il destino della legislatura. È chiaro infatti che Grillo non sta parlando del Quirinale. Il suo anatema riguarda il piano del governo. Il capo carismatico vuole evitare che una buona fetta dei suoi parlamentari, specie a Palazzo Madama, corrano domani in soccorso al leader del Pd che non ha dismesso il piano di presentarsi in Parlamento, appena le circostanze lo favoriranno, in cerca di un voto di fiducia.
È a quell’appuntamento insidioso che guarda Grillo. Invece sul versante del Quirinale la partita è un’altra e i Cinque Stelle, se appena conservano un po’ di razionalità, hanno tutto l’interesse a farsi coinvolgere nella scelta del presidente della Repubblica. Tanto più che essi hanno la possibilità di essere decisivi dalla quarta votazione in poi. Tuttavia è pur vero (e forse Grillo pensava anche a questo aspetto) che una cosa porta all’altra: far eleggere un capo dello Stato in “tandem” con Bersani crea le condizioni oggettive perché subito dopo si ponga il problema di votare insieme per il governo. Certo, si può dire «no» tenendo separate le due questioni, come vorrebbe il leader dei Cinque Stelle. Ma la questione in effetti si pone e non è di facile soluzione. Proprio perché tende ad approfondire tutte le divergenze dentro il movimento”.

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