Berlusconi, il Fatto: “Va operato al menisco. La campagna zoppa del condannato”

Berlusconi, il Fatto: "Va operato al menisco. La campagna zoppa del condannato"
Berlusconi, il Fatto: “Va operato al menisco. La campagna zoppa del condannato”

ROMA – Il dubbio che il mal di ginocchio che tormenterebbe Berlusconi sia frutto di una operazione politico carceraria tormenta anche Carlo Tecce del Fatto, e non solo lui.

Scrive Carlo Tecce:

Va descritta la scena per sentire l’umore di un ex Cavaliere, in villa San Martino di Arcore, in versione poltrone col solito girocollo scuro attillato, in aberrante ricerca di se stesso, di un partito, di un pulpito, a due giorni da un’udienza che lo spedirà ai servizi sociali. Un paio di stampelle appoggiate qua e là, il barboncino Dudù che sgambetta fra i divani, la fidanzata Francesca Pascale che lo accudisce (il padrone, non il cagnolino) e quel dolore maledetto al ginocchio. Le riunioni con gli avvocati, le mediazioni con Denis Verdini per un chiarimento con Renzi che Renzi non vuole (“Non mi risulta”, dice) e la cena d’inizio settimana col consigliere Giovanni Toti assieme a un manipolo d’imprenditori per stilare le candidature per le Europee. Silvio Berlusconi convoca la segretaria, annulla gli eleganti babordi perché pensa che sia meglio riposare per non stressare il menisco che va operato: pessima notizia che arriva di pomeriggio, seppur l’ex Cavaliere non sia rassegnato. E in serata, imbeccato da Toti, riemerge per una nota ufficiale: “Forza Italia non si rimangia la parola. Sono sicuro che con il prossimo incontro con Renzi sarà possibile mettere a punto le procedure e i dettagli per la modifica del Senato che non facevano parte dell’accordo”. Così l’ex Cavaliere vuole obbligare il giovane Matteo a un faccia a faccia. E poi sarà a disposizione dei dottori.

IL GINOCCHIO di Berlusconi, raccontano con terminologia non propriamente tecnica, è infiammato perché le ossa sfregano, le giunture non reggono e i medici dovrebbero intervenire ancora. Accadde già sette anni fa, a novembre durante le regionali in Molise (saltò un comizio), e fu asportato un frammento di menisco: pare che Berlusconi avesse abusato del fisico da settantenne per una partitella a calcetto. Il ricovero già previsto al San Raffaele – un deputato dice che sarà in sala operatoria proprio giovedì, e giù con i sospetti dei più maliziosi – incrocia l’agenda con il Tribunale di Sorveglianza di Milano, che andrà a interrompere una campagna elettorale appena cominciata. E cominciata male. Perché il presidente non ha apprezzato le sfuriate di Renato Brunetta e, soprattutto, la deriva di un rapporto con il governo che sembrava solido e dunque necessario per ottenere l’attestato di padre costituente. Renzi non vuole concedere a Berlusconi le telecamere per l’estremo sussulto mediatico prima di rientrare a espiare la condanna per i diritti Mediaset. Oltre a discettare di tattiche, però, fa notare la minoranza democratica, andrebbe notato che l’agognato testo di legge per l’abolizione di palazzo Madama, licenziato con solenne encomio dal Consiglio dei ministri di otto giorni fa, non è pervenuto in Commissione al Senato. Perché l’articolato, la parte regolamentare, è arrivata in ritardo al Quirinale. Strano, perché le scadenze vengono puntualmente ricordate dal ministro Maria Elena Boschi: “Va approvato entro il 25 maggio”, cioè in tempo per le consultazioni europee. Nonostante il menisco sia da sistemare (o da sfruttare per rinviare l’esordio da galeotto), l’ex Cavaliere pretende un colloquio con Renzi per parlare anche di nomine: nelle prossime settimane i Cda delle società a partecipazione pubblica saranno rinnovati e il padrone di Mediaset non vuole restare in disparte, a digiuno.

IL NATURALE APPETITO di potere di Berlusconi non viene mai a mancare, ma in queste ore è assediato dai legali che tentato di garantire “l’agibilità politica”. Non è esclusa un’invasione televisiva per la prossima settimana. Con il conto a rovescia avviato, ieri sera, per un pasto che va definito frugale, l’ex Cavaliere ha ricevuto Giovanni Toti, che deve presidiare i programmi e i telegiornali in sua assenza. Ormai Toti, senza il vezzo di scrivere poesie, è il Sandro Bondi di Arcore: non s’è affittato un monolocale, ma ha ottenuto in dote tre stanze all’interno di villa San Martino.

 

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