Bernardo Valli su Repubblica: “L’anti Europa. Francia: nel laboratorio dell’eurofobia”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Ottobre 2013 - 05:00 OLTRE 6 MESI FA

Valli quindi spiega come i grandi partiti sono tentati da alleanze con quelli estremisti:

Un tempo erano proibite nel nome di principi democratici adesso rinnegati, o resi obsoleti dalle revisioni ideologiche. L’Ump, il grande partito di centrodestra francese, è impigliato in polemiche sull’opportunità di raggiungere accordi elettorali con il Front National. Sul piano locale è spesso una pratica corrente non sempre confessabile. Sul piano nazionale l’antisemitismo o i ricorrenti riferimenti al collaborazionismo durante l’occupazione nazista, durante la Seconda guerra mondiale, nel frattempo spariti dal linguaggio ufficiale di Marine Le Pen, non appaiono più impedimenti insuperabili. Comunque se ne discute. In Germania, durante l’ultimo scrutinio, Angela Merkel, è riuscita a il partito Alternativa per la Germania, che non ce l’ha fatta ad ottenere il 5 per cento dei suffragi per entrare nel Bundestag. Quel partito, animato da economisti noti, non è riuscito a imporsi perché il suo discorso anti-europeo non era abbastanza populista. Era troppo garbato. Gli antidoti al populismo hanno talvolta, a prima vista, un sapore populista. Il caso dell’attuale premier flic de France, del primo poliziotto di Francia, il ministro degli interni Manuel Carlos Valls, 51 anni, socialista di lungadata e uomo politico più popolare di Francia, è un caso singolare. Egli è gradito in egual misura dagli elettori di sinistra e di destra. E’ una vistosa eccezione, poiché l’azione di François Hollande, il presidente socialista, suscita l’approvazione di soltanto due francesi su dieci. Nessun altro capo dello Stato, nella Quinta Repubblica, ha raccolto meno consensi di lui.
Sul piano della popolarità Manuel Valls non ha invece concorrenti: più di settanta cittadini su cento lo trovano efficace e in definitiva un ottimo ministro degli interni. Certe sue operazioni sono state approvate dal 92 per cento dei francesi. Manuel Valls, nato da un pittore catalano e da una madre svizzera italiana, diventato francese a diciotto anni, è un socialista con una grande passione: la sicurezza. E’ diventato un grande specialista della questione, senz’altro una delle principali agitate dai populisti, in particolare per quel che riguarda l’immigrazione. Nel partito questa inclinazione non gli ha portato molta fortuna. Alle primarie per la candidatura alle elezioni presidenziali ha raccolto soltanto il 6 per cento. Allora è apparso troppo di destra. Più un liberalsocialista che un socialdemocratico. La popolarità l’ha raggiunta quando Hollande l’ha nominato ministro degli interni e lui si è dimostrato molto più intransigente ed efficiente di un suo noto predecessore, Nicolas Sarkozy, che si è servi di quel dicastero come trampolino di lancio per diventare presidente della Repubblica.
Le sue dichiarazioni sui rom hanno suscitato vive reazioni tra i socialisti. Ha espresso dubbi sulla loro recuperabilità sociale, rendendo implicito il ritorno di molti nella patria d’origine (Bulgaria e Romania). C’è chi l’ha accusato di venir meno al «patto repubblicano », vale a dire ai principi di sinistra. E non sono mancate le polemiche col ministro della giustizia, Christiane Taubira, per le riforme carcerarie giudicate troppo lassiste. Valls si considera un combattente di prima linea contro il Front National. A volte ne adotta quelli che, a molti socialisti, sembrano gli stessi sistemi. Il populismo non è facile da combattere. Nella crisi entra in tutte le pieghe della società. E del cervello.