Boldrini fa la tour operator sulla pelle degli italiani. Parente, Il Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Giugno 2014 - 13:36 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo del Giornale

L’articolo del Giornale

ROMA – “Ma quale emergenza immigrazione, suvvia – scrive Massimiliano Parente del Giornale – Non esageriamo. Migliaia di sbarchi di sfollati ogni giorno e Laura Boldrini è lì lì per sbarcare in Sicilia, non a nuoto come Beppe Grillo perché non ha ancora fatto la prova costume ma portandosi dietro un mare di belle paro­le da dire agli immigrati, sentite qui: «Welcome, benvenuti in un posto sicuro, nessuno vi torture­rà, nessuno vi ammazzerà, nes­suno vi perseguiterà più ». Una fi­gata. Un discorso sensibilissi­mo, annunciato in un’intervista alla Stampa , che passerà alla sto­ria come il discorso del welco­me”.

L’articolo completo:

Welcome,che problema c’è,è l’uovo di Colombo, l’ovetto fre­sco di Laura. Perfino l’Europa, un pachiderma addormentato che si è reso conto di Hitler solo quando ha invaso la Polonia, re­gistra una situazione gravissi­ma, gli svizzeri se ne fregano e con un referendum hanno chiu­so le frontiere, ma per Laura la soluzione è semplice, è welco­me, accogliere tutti con una ghir­landa di fiori come alle Hawaii, tanto diciamo la verità, Mare No­strum per ora sono solo cavoli nostri.
Attenzione, Laura mica parla a vanvera. Lei è stata in Sudan, lì si dorme nelle bettole, il bagno è un buboldrinico per terra, sarà di quelli alla turca, ma senza offesa per i turchi, ci mancherebbe. Ci sono posti in cui ti camminano addos­so gli scarafaggi, lo sapevate? Se è per questo ci sono pure in mol­te periferie italiane, ma mica si possono imbarcare per tornare qui a prendere il welcome di Laura. Comunque sia: «Ora che siete qui organizzatevi, non ripo­sate sugli allori, perché bisogna essere realistici, l’Italia può fare molto, ma non può fare tutto».
Veramente in Italia non rie­scono a organizzarsi neppure gli italiani per se stessi, siamo an­nientati dalle tasse, nei super­mercati la gente toglie un deter­sivo dalla busta della spesa per­ché non ce la fa a arrivare a fine mese e non ha gli occhi per pian­ge­re e neppure la scorta per ride­re. La disoccupazione forse si smuoverà nel 2017, con questa data che si sposta sempre più avanti, praticamente i giovani disoccupati già adesso hanno cinquant’anni. Ma non ci cam­minano mica addosso gli scara­faggi, al limite ci camminano ad­dosso gli africani, ma questi so­no discorsi egoistici. Anche per­ché gli italiani, non dimentichia­molo, sono occidentali, e per una di sinistra l’Occidente è co­me il peccato originale per un cattolico.
Qui al limite si suicidano gli imprenditori, che comunque per Laura sono il simbolo del ca­pitalismo. Anzi, io questo welco­me lo piazzerei a Lampedusa con un cartello al neon tipo Las Vegas. Che poi non sarà mica li­mitat­o ai soli poveracci che si im­barcano nel Mediterraneo, cre­do vada esteso a tutto il mondo, dovremmo organizzare un pon­te ae­reo con ogni Paese sottosvi­luppato e portarli qui, a Welco­melandia.
E anche sul femminicidio, quello vero, diamo asilo a tutte le donne maltrattate dai musul­mani, sempre però che lo voglia­no loro, perché la cultura islami­ca va rispettata sia lì sia quando arrivano qui, mica siamo Oria­na Fallaci. Un italiano che pic­chia una donna è da arrestare, un musulmano che la uccide e la sotterra in giardino, in fondo, è cultura. Infatti l’esportazione della democrazia è sempre sta­ta un’aggressione occidentale, per quelli come Laura. Invece la ricetta di Laura Welcome è ge­niale, è la dottrina Bush al con­trario: importare l’Africa, e a questo punto scusate anche l’In­dia, volete mettere il vantaggio, non c’è più bisogno di andare lì per ritrovare se stessi, si tengano solo i marò.
Welcome a chiunque voglia, insomma, senza discriminazio­ne. Anche agli zingari, che sono nomadi ma non so perché sono stanziati da anni dentro i casso­netti sotto casa mia, appena li ve­do gli dico welcome. Però poi Laura Welcome dice anche che «ci vuole una cabina di regia ca­pace di far colloquiare tutti gli at­tori » e ti viene il dubbio che forse stia parlando di un film, abbia­mo frainteso tutto. E allora se non la candidiamo al Nobel per la pace diamole almeno premio un Oscar per la migliore inter­pretazione della Vispa Teresa, mandiamola a Hollywood e quando torna l’accogliamo an­che noi con un bel welcome a quel paese.