ROMA – “L’Inps ha un buco di 5 miliardi” scrive Francesco De Dominicis su Libero: “Aveva ragione Antonio Mastrapasqua. I conti dell’Inps ballano e da soli non stanno in piedi. Solo grazie all’intervento dello Stato e pure ai «generosi» versamenti dei giovani con contratti a progetto (o roba simile) si regge il sistema pensionistico italiano”.
L’articolo di Francesco De Dominicis:
Mastrapasqua aveva denunciato le difficoltà finanziarie dell’Inps, salvo poi tirare il freno a mano su richiesta espressa del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. La materia, in effetti, è delicata. Lanciare allarmi rossi potrebbe essere controproducente. E creare un panico ingiustificato. Resta il fatto che i conti dell’Inps non si mantengono sulle loro gambe. C’è una sorta di bisogno «strutturale» dell’aiutino esterno, vale a dire dei cosiddetti trasferimenti statali.
Tuttavia, nemmeno i bonifici di via Venti Settembre bastano a mettere una toppa al disavanzo cagionato dall’Inpdap, l’ente che gestiva le pensioni dei dipendenti pubblici in autonomia ed è poi confluito nell’Inps nel 2012. Ragion per cui, per pagare le pensioni si sfruttano pure i singoli pezzi della previdenza che funziona. Come le «gestioni parasubordinate» che sono «in attivo» di circa 8 miliardi di euro l’anno. Vuol dire che rispetto a quanto versato coi contributi dai giovani, vengono pagate poche, anzi pochissimeprestazioni previdenzialialla «categoria». Il risultato è che resta in cassa una montagna di quattrini, sfruttata per le esigenze del momento, cioè erogare ogni mese le pensioni degli anziani. Giovani e Stato, perciò, tengono in equilibrio la macchina. Ieri, però, la pubblicazione dei dati non ha evitato il clamore e pure qualche (giustificata) preoccupazione. Il bilancio preventivo dell’Inps porta allaluce oltre14,4 miliardi diperdite nel2013 e altri 12 miliardi previsti nel 2014: il documento, che sarà esaminato a breve dal Civ dell’Istituto, stima per l’anno prossimo, grazie a questi negativi risultati di esercizio, legati in gran parte alla gestione ex Inpdap, di mettere il segno meno di fronte al patrimonio (-4,5 miliardi). Non si tratta di un buco da tappare, il tappo è già stato messo: la legge di stabilità, infatti, ha stanziato a copertura della «eredità Inpdap» 25,2 miliardi. Ragion per cui il patrimonio alla fine di quest’an – no resterà in attivo per oltre 20,6 miliardi. Uno stanziamento che, secondo quanto affermato in una nota dallo stesso istituto di previdenza, «protegge il patrimonio Inps dall’erosione determinata dall’incor – porazione Inpdap» e rende «il sistema previdenziale perfettamente in equilibrio».
Certo le gestioni dei lavoratori pubblici soffrono, con 8,8 miliardi di rosso nel 2013 e 11,48 previsti per il 2014 (il patrimonio è a – 26,2 miliardi a fine 2013 e a -37,7 nel 2014). La toppa è arrivata. Tutto risolto? Non proprio. Mastrapasqua aveva parlato di «non totale tranquillità». E non lascia certamente un compito facile al suo successore. Il nome dell’ex ministro, Tiziano Treu, continua a essere uno dei più ricorrenti. Ma sembra sempre più probabile la pista del commissariamento. Ipotesi che, almeno in una primissima fase, vede favorito l’attuale ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Chiunque arriverà al vertice Inps dovrà vedersela con un patrimonio che a fine 2012 era positivo per 21.875 miliardi (e per oltre 41 miliardi nel 2011 prima dell’unificazione con l’Inpdap) e a fine 2013 era crollato a 7,4 miliardi. Una «erosione» spaventosa che nemmeno la legge Fornero ha limitato. Non è bastata, cioè, l’improvvisa stretta alle pensioni di anzianità varata dal governo di Mario Monti (fino a fine 2012 si usciva ancora con la finestra mobile e i vecchi requisiti) che ha consentito di erogare meno nuove pensioni lo scorso anno passate da 1,14 milioni a 649.000 pensioni (-43%). Anche se quell’inter – vento normativo, spiega Giuliano Cazzola, esperto di previdenza ed ex deputato, era necessario. «I dati dimostrano che la spesa pensionistica non era, come si diceva, sotto controllo e che la riforma del 2011 non è stata fatta solo per fare cassa». Secondo Cazzola «la forte contrazione del numero delle pensioni è la prova provata della validità di quell’intervento, senza il quale il disavanzo sarebbe ancora più accentuato». La stangata Monti-Fornero, però, ha finito col colpire le solite fasce medio-basse. Mentre finora non si èfatto poco(omoltopoco) sullecosiddettepensioni d’oro. Si tratta di andare a sforbiciare privilegi pesanti. E pure intoccabili.
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