Carlo De Benedetti “uomo fortunato”. Marina Berlusconi: “Con i nostri milioni”

Carlo De Benedetti "uomo fortunato". Marina Berlusconi: "Con i nostri milioni"
Carlo De Benedetti. 80 anni, la forza di non aver nulla da rimproverarsi

ROMA – Carlo De Benedetti, intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, ha suscitato una burraschella, niente di questi tempi di bombe d’acqua e niente rispetto ai problemi che abbiamo tutti.

Ma c’è chi si agita e ha voglia di occuparsene, rendendo necessario registrare l’evento. Si sono avuti interventi di Marina Berlusconi, Cesare Lanza, Giuseppe Turani, Francesco Damato. Ma prima la sintesi della intervista.

«Compio ottant’anni, sono un uomo fortunato e sono vissuto in un’epoca straordinaria: dalla fabbrica — nel 1958 mio padre fermò il lavoro alla Gilardini per festeggiare Tunìn, il primo operaio arrivato con l’auto anziché in bici — all’economia digitale».

Sicuro di non avere nulla da rimproverarsi? Sull’Olivetti, ad esempio.

«Assolutamente no. Nessuna azienda europea dell’informatica è sopravvissuta. Olivetti fu l’unica a entrare nella telefonia mobile, realizzando la più grande creazione di valore in Italia in cinque anni. Certo, io avevo una bulimia di lavoro, e anche di conquista. Tentai di scalare la Sgb, comprai la Buitoni, la Perugina, le figurine Panini, Yves Saint Laurent, Valeo… Così distolsi non quattrini ma mie personali energie dall’Olivetti. Però la diversificazione nella telefonia fu un successo: Omnitel fu venduta a Mannesmann per 14.500 miliardi di lire».

Come fu la giornata passata a Regina Coeli?

«Del carcere ricordo la consegna dei documenti. L’ispezione anale. Ma le esperienze dure fanno bene. A 10 anni ero in un campo di concentramento svizzero. Nulla di paragonabile a Mauthausen, dove morirono i miei cugini. Però la doccia fredda all’alba d’inverno, senza asciugamani, con soltanto la paglia dove dormivi per asciugarti, l’ho provata. Una lezione di vita utilissima».

Come tessera numero 1 del Pd, riconosce…
«Questa è una favola: non ho mai avuto tessere».

…Riconosce di aver cambiato giudizio su Renzi? Nel 2011 lei disse al Corriere: “Di Berlusconi ne abbiamo già avuto uno, e ci è bastato”.
«Sì: per quanto i due personaggi abbiano qualche punto di contatto, mi sono ricreduto. Renzi è un fuoriclasse. Per quattro motivi. Innanzitutto, è molto intelligente [mentre] Berlusconi è furbo». [Seguono] “L’energia: non ne ho mai vista tanta in un politico. Forse si può fare un paragone con il Fanfani degli Anni ’50. L’empatia. Dicono che Renzi ricordi Craxi, per decisionismo e abilità politica; Craxi però era antipatico. E poi Renzi è una spugna. Di economia non sa molto; ma in un attimo assorbe tutto. È veloce e spregiudicato».

Eppure non ha portato il Paese fuori dalla recessione.

«Questa manovra non è risolutiva. Il vincolo del 3% è incompatibile con riforme vere. E le riforme senza soldi non si fanno. Il premier dovrebbe fare come Schröder, quando ottenne di sforare i parametri per tre anni. Oggi Renzi non se la sente; ma sono certo che, quando avrà avviato le riforme, lo farà. Fino ad allora, l’Italia non uscirà da recessione e deflazione».

È così pessimista sulla nostra economia?

«Sono pessimista sulla tenuta europea, ci attende una stagnazione secolare. La distruzione del ceto medio creerà una società con pochi ricchi, molti poveri e molti eroi che cercheranno di costruire una famiglia con 1500 euro al mese».

Facciamo 1580.

«Gli 80 euro sono stati un brillante spot elettorale. Ma è difficile pensare che rimettano in moto l’economia. Detto questo, Renzi è l’unico che possa riportare l’Italia al suo standard».

Non salva neanche Prodi?

«Buone intenzioni. Ma non si governa mettendo insieme Ciampi e Bertinotti, Padoa-Schioppa e Ferrero».

D’Alema?

«Non ha lasciato segno».

Renzi però governa con Berlusconi.

«Non è detto che lo farà ancora a lungo».

Cosa farà Berlusconi?

«Penso che venderà tutto a uno straniero, e per farlo non può avere il Governo contro. In Italia non c’è nessuno disposto a comprare le sue aziende. La tv generalista è messa molto peggio dei giornali».

Anche sulla Fiat deve ricredersi: lei ne prevedeva il fallimento.

«Marchionne si è rivelato un genio della finanza. Ha avuto un successo straordinario. Ma non è un uomo di automobili. In materia finanziaria vorrei essere bravo come Marchionne. So che qualcuno mi ritiene un finanziere…».

Sta dicendo che lei non è un finanziere?

«Io sono sempre stato un imprenditore che ha capito la leva della finanza. E nei 100 giorni in cui rimasi in Fiat, con Giorgetto Giugiaro inventammo la Panda».

È vero che Steve Jobs da giovane le propose di investire in Apple, e lei rifiutò?

«Ero a Cupertino con Elserino Piol. Erano le 7 di sera. Ero esausto per le riunioni e per il fuso. Piol mi dice di passare in un garage dove ci sono due capelloni con i jeans stracciati che lavorano a un mini-computer: erano Wozniak e Jobs. Steve mi propose di rilevare il 20% della sua società per 30 milioni di dollari. Me ne andai. Oggi quella quota varrebbe 100 miliardi. Ma quella partita non la persi solo io, l’ha persa l’industria europea che sulle nuove tecnologie ha rinunciato a un pezzo di futuro».

Non ha nulla da rimproverarsi nemmeno su Sorgenia?

«Non sono mai stato neppure in consiglio. Da presidente Cir approvai l’investimento. La facilità di accesso al credito ha indotto la società a indebitarsi troppo; il resto l’ha fatto il crollo dei prezzi e del consumo di energia. Penso che la società, una volta portato l’indebitamento a livelli più sostenibili, abbia buone prospettive».

Renzi dura?

«Dipende dall’economia. Se avrà il coraggio di sfondare gli assurdi parametri di Maastricht e capirà che i corpi intermedi costituiscono parte della struttura di una società democratica, ce la farà».

Reazione tranchant quella di Marina Berlusconi attraverso il Giornale dello zio:

«Carlo De Benedetti è davvero un uomo fortunato. Senza quei 500 milioni per il Lodo Mondadori, senza quella fortuna piovuta dal cielo su un gruppo con una situazione debitoria decisamente complessa, oggi ci sarebbe davvero ben poco da festeggiare.

«Nel leggere l’intervista fa impressione l’elenco di fallimenti e clamorosi errori che De Benedetti cerca con evidente imbarazzo di giustificare. Nonostante tutto ciò, si permette di pontificare perfino su un business nel quale ha sempre cercato di entrare accumulando un insuccesso dietro l’altro, quello della televisione generalista.

«Le sue fosche profezie ci confortano. Le sentenze funeree di De Benedetti, famoso per non averne mai azzeccata una, suonano come l’ennesima conferma di quanto fondate siano le nostre certezze».

Cesare Lanza offre una efficace sintesi dell’intervista, migliore certo di quella appena offerta.  Giuseppe Turani è critico fin dal titolo del suo commento su Uomini & Business, “Le capriole dell’ingegnere“:

“Grande rissa fra l’ingegner Carlo De Benedetti e Marina Berlusconi.

La cosa più importante dell’intervista, una volta depurata dalle solite vanterie e dai soliti consigli sparsi in giro per il mondo, è la franca ammissione di aver sbagliato tutto nel giudicare Matteo Renzi, da lui definito in passato come poco più di una pistola. Di colpo trova che Matteo sia geniale, unico, indispensabile. La cosa buffa è che nel frattempo Renzi non ha fatto nulla per meritarsi tutti questi elogi: è sempre lì che combatte in mezzo a tutte le sue difficoltà.

E ha stupito anche la giravolta, pochi giorni dopo, di Scalfari. Se fino a poche settimane prima incitava a liberarsi di Renzi, visto come un emerito pasticcione e usurpatore degli scranni della sinistra, domenica ha confermato che non gli piace per niente (e fin qui va bene), ma che comunque gli augura di avere successo. Renzi, insomma, adesso è una risorsa. Non è l’ideale, ma può stare lì e andare avanti. Una bella capriola.

Nella rissa Cdb, Marina Berlusconi ha molte ragioni, se non tutte. In sostanza, lei sostiene che l’Ingegnere, che continua a dare lezioni a destra e a sinistra, nella sua vita di manager le ha fallite tutte. E non sbaglia: è inutile adesso fare qui l’elenco. L’unica cosa in cui Cdb ha avuto un certo successo è stato nell’accumulare una fortuna personale abbastanza consistente (si dice), intorno al 300-400 milioni di euro (anni fa solcava i mari con una nave, la Itasca, che doveva avere un costo di gestione astronomico).

Per il resto, l’impero industriale fatto intravedere all’inizio degli anni Settanta non si è mai visto e che quel poco che c’è va in rovina o è già finito nelle mani delle banche (Sorgenia).

Quindi Marina non sbaglia nel richiamarlo un po’ alla modestia. Ma non servirà a niente. Cdb è convinto di essere un grande imprenditore e come tale continuerà a emettere consigli a destra e a sinistra”.

Francesco Damato su Formiche:

“Carlo De Benedetti, felicemente alle prese con la sua seconda giovinezza, ha annunciato con il megafono di Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera, che si voterà per il rinnovo delle Camere “nella primavera 2015, dopo che il 31 dicembre Napolitano si sarà dimesso”.

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si illudono, poveretti, o pretendono disinvoltamente di illudere amici ed elettori di avere garantito con il loro ultimo incontro a Palazzo Chigi, ottavo da quello di gennaio al Nazareno, il proseguimento di questa diciassettesima legislatura sino alla scadenza ordinaria del 2018.

No, signori, De Benedetti ha notizie, e non solo naso, migliori, o peggiori, secondo i gusti, delle nostre e di quanti altri sperano, specie fra i parlamentari in carica timorosi di non essere neppure ricandidati al prossimo giro dai loro partiti, che si tornerà a votare fra tre anni e mezzo. Il dado per le elezioni anticipate è tratto con la decisione del capo dello Stato, ritenuta evidentemente irrevocabile da De Benedetti, di lasciare il Quirinale fra qualche settimana.

[Le elezioni] si terranno con una legge, chissà con quale soglia e premio di maggioranza, vista la nebbia perdurante a questo proposito anche dopo l’ultimo incontro fra Renzi e Berlusconi, che la Camera però non farebbe in tempo ad approvare.

O, se approvata con chissà quale capriola, sarebbe destinata solo all’elezione dei deputati, per cui il Senato sarebbe rieletto nella sua vecchia veste, su base regionale, come è ancora prescritto dalla Costituzione, con quel che è rimasto della legge elettorale nota come porcata dopo i tagli apportati dalla Corte Costituzionale: una legge cioè rigorosamente proporzionale, senza premio di maggioranza.

Ciò significherebbe passare da un Parlamento caotico ad un altro ancora più caotico.Lo scenario immaginato e annunciato dall’”Ingegnere”, come De Benedetti viene comunemente definito, è di quelli che possono far paura solo a vecchi rincitrulliti come probabilmente siamo io e molti che mi stanno leggendo, non a chi a ottant’anni appena compiuti – auguri, ingegnere – ha avuto e ha la fortuna di vivere una seconda, ardimentosa ed evidentemente eterna giovinezza.

Uno scenario in cui il volenteroso De Benedetti vede un Renzi tanto rafforzato dagli elettori da poter fare poi il miracolo di cambiare verso non solo all’Italia ma anche, o soprattutto, all’Unione Europea. Ed ottenerne il consenso a fare finalmente di testa sua, pure con i conti, con la moneta e quant’altro.Un simile scenario ruoterebbe, in ogni caso, attorno ad un nuovo presidente della Repubblica così disinvoltamente supino ai progetti e agli interessi di Renzi da sciogliere le Camere che lo hanno appena eletto, delegittimando così il suo stesso mandato. Saremmo insomma al suicidio istituzionale in diretta”.

 

 

 

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