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Carlo Fusi sul Messaggero: “Berlusconi e il vecchio film dell’errore commesso già con Fini”

di Gianluca Pace |26 Ottobre 2013 11:27

Berlusconi

ROMA – “Il vecchio film dell’errore commesso già con Fini” scrive Carlo Fusi sul Messaggero. “Silvio Berlusconi, infatti, ha deciso tagliare i ponti alle sue spalle – scrive Fusi –  via da subito a Forza Italia 2.0, «con me presidente e tutti gli altri ruoli annullati». Un nuovo predellino, stavolta però nel chiuso di una stanza senza folle acclamanti intorno”.

Ecco l’editoriale:

Ancora una pausa, una frenata prima dell’ultima curva. Il capitolo finale del braccio di ferro interno al Pdl (che però ha ricadute sull’intero centrodestra) non è ancora scritto e colpi di scena sono sempre da mettere in conto. Tuttavia è impossibile non registrare una tendenza che è in atto da tempo e porta tanti a credere che il piano inclinato su cui poggia il partito berlusconiano non sia più raddrizzabile.
Il rischio, dunque, è che tempo sei settimane e poi quel sinistro «che fai, mi cacci?» potrebbe riecheggiare in una assise del Pdl, il Consiglio nazionale convocato per l’8 dicembre; sconcertante bis dell’ormai celeberrimo anatema pronunciato da Gianfranco Fini tre anni e mezzo fa, il 22 aprile del 2010. Silvio Berlusconi, infatti, ha deciso tagliare i ponti alle sue spalle: via da subito a Forza Italia 2.0, «con me presidente e tutti gli altri ruoli annullati». Un nuovo predellino, stavolta però nel chiuso di una stanza senza folle acclamanti intorno.
E – visto che ha disertato l’appuntamento – anche senza il suo figlio prediletto, l’uomo su cui aveva scommesso al punto da assegnargli all’esordio da ministro la delicatissima casella di via Arenula; Guardasigilli con il compito di difendere dagli strali dei magistrati, dagli attacchi degli avversari e dagli sgambetti degli alleati, le tanto contestate leggi ad personam. Al dunque il risultato è che, se non interverranno fatti nuovi, verrà presto sancita la divisione. In mancanza di una improbabile resipiscenza del prossimo (in virtù della sua condanna) ex Cavaliere, il giorno dell’Immacolata verrà dunque sancita la divaricazione insanabile tra l’ala cosiddetta governativa e l’inner circle berlusconiano, i falchi guidati dal trio Fitto-Santanché-Verdini. Con un unico dubbio: se il film dell’addio rancoroso, che alcuni assicurano Berlusconi stia riavvolgendo e magari già pregustando, verrà riproposto oppure se, nell’ennesimo oplà di una infinita e un po’ stucchevole telenovela, verrà imboccata la strada della separazione consensuale. Brutto spettacolo comunque. Per tutti gli attori in scena. Per Angelino, innanzi tutto.

Che non è Fini e non ha alle spalle un partito che si è fuso con uno più grande immaginando di poterlo condizionare. È invece un prodotto stretto del vivaio di Arcore: se sta dove sta è perché l’ha deciso il leader; se finora ha svolto il ruolo di segretario del partito è perché l’ha scelto direttamente Berlusconi. Uno sbaglio? Se è così, l’ha commesso esclusivamente il Capo e il primo ad ammetterlo dovrebbe essere lui. Poi per Berlusconi medesimo. Che conferma con disarmante caparbietà di non saper trarre alcuna lezione dagli errori commessi. Il 2 ottobre i numeri per far cadere il governo non c’erano e la sua leadership è risultata intaccata per la prima volta in modo serio: solo una giravolta dell’ultimo minuto ha impedito il patatrac. Che senso ha ora cercare improbabili vendette? Non solo. Ancora una volta l’ex premier dimostra di anteporre i suoi interessi personali, ovviamente con quelli giudiziari sempre in primo piano, all’interesse generale. Senza peraltro che il diretto interessato ne tragga giovamento: la decadenza arriverà comunque; come pure l’incandidabilità. Già così il rendiconto sarebbe da profondo rosso.

Ma c’è da aggiungere altro. Alfano messo alla porta prefigura una filiera scioccante: crisi di governo, dimissioni di Letta e addio al fragile equilibrio per cui tanto si è speso il presidente Giorgio Napolitano. Un equilibrio, è bene ricordarlo, che serve a mettere in sicurezza il Paese, evitando i morsi speculativi dei mercati e il collasso delle istituzioni. I bene informati sostengono che l’obiettivo di Berlusconi sia il voto in primavera. Magari ancora con il Porcellum? Con lui fuori dalle liste? Con Forza Italia al rango di incognita elettorale? Più che un rischio si tratta di un azzardo, giocato sulla pelle degli italiani.
Infine il centrodestra. Lo capiscono tutti che si tratta di un segmento fondamentale e tendenzialmente maggioritario del Paese. Come capiscono che la presa berlusconiana, seppur ancora forte, è inevitabilmente destinata a cedere il passo a figure più giovani. Il Pd lo sta facendo: seppur a prezzo di polemiche e insidie, Matteo Renzi è saldamente avviato a conquistare la segreteria, trampolino per la futura gara di palazzo Chigi. Come è possibile immaginare che l’area moderata – dove peraltro sono già in atto fenomeni di scomposizione e riaggregazione sotto il segno del Ppe – non ne prenda atto e si attrezzi di conseguenza? Davvero Berlusconi vuole rinchiudersi un recinto di irriducibili, controllato da pretoriani che inalberano lo stendardo della protesta senza se e senza ma? Chissà. Forse il tempo delle mediazioni è concluso e il prossimo voto sulla decadenza avrà l’effetto di una mannaia.

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