Fonsai: obbligo di Opa, danni ai piccoli azionisti

Caso Fonsai: niente Opa, danni ai piccoli azionisti
Caso Fonsai: niente Opa, danni ai piccoli azionisti

ROMA – Ci voleva un’Opa dopo la scalata alla fondiaria assicurazioni da parte di Sai nel 2002. Per la Corte di Cassazione non ci sono dubbi e ora Fonsai, la società nata dalla fusione di Fondiaria e Sai, dovrà rimborsare i piccoli azionisti. Alessandro Galimberti sul Sole 24 Ore spiega: “Caso Fonsai, diritto al risarcimento per gli esclusi se dimostrano di aver perso una possibilità di guadagno. Il lancio dell’offerta pubblica per chi supera il 30% è un obbligo, non un onere”.

L’articolo del Sole 24 Ore: Il mancato lancio di un’Opa nel corso di una scalata che porti al controllo della società fa scattare il diritto al risarcimento del danno per gli azionisti di minoranza. La prima sezione civile della Cassazione (sentenza 20560/15, depositata ieri) chiude, almeno per il momento, l’annosa controversia della scalata Sai alla Fondiaria Assicurazioni, operazione terminata nel settembre del 2002 con la fusione e la contestuale nascita di Fonsai. Fu una scalata complicata, congelata all’inizio dall’Isvap ma scollinata poi grazie alla comparsa dei “cavalieri bianchi” – che agirono, ricostruisce la Corte, nell’interesse di Sai e della controllata Premafin – ma che lasciò sullo sfondo un consistente gruppo di soci non coinvolti dall’operazione. Gli stessi soci che, già nel 2003, si erano rivolti al tribunale di Milano per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento da “mancata chance”, innescando un lungo valzer di decisioni. Il primo verdetto di merito fu a loro favorevole – tribunale di Milano – ma in appello la sentenza fu riformata, determinando il ricorso deciso ieri. Secondo la prima sezione di Cassazione, l’avvio di una scalata che punti al controllo societario – cioè a una quota superiore al 30% delle azioni – comporta l’obbligo giuridico del lancio di un’Opa, facendo nascere contestualmente il diritto al risarcimento del danno in caso di inottemperanza. In questo solco si era peraltro mosso, e proprio su questo caso già nel decennio scorso, il tribunale di Milano, pienamente sconfessato però dal giudici di Appello dello stesso distretto. A giudizio di questi ultimi, infatti, l’offerta pubblica di acquisto sarebbe solo un onere dello scalatore, la cui omissione potrebbe peraltro essere sanata ex post dalla sterilizzazione del diritto di voto e dall’obbligo di rivendita azionaria previste dall’articolo 110 del Dlgs 58/1998. Questa conclusione presupporrebbe di considerare come oggetto di tutela della norma il “buon funzionamento dei mercati” e non anche i diritti dei possessori di azioni di minoranza. Proprio qui si innesta il ragionamento dei giudici di Cassazione che, riabilitando il percorso logico del tribunale di Milano, spiegano che la natura di obbligo giuridico dell’Opa nelle scalate per il controllo trova fondamento anche nella Direttiva 2004/25/CE «successiva ai fatti di causa, ma evidentemente ispirata a principi preesistenti» (…).

Gestione cookie