Cécile Kyenge: il Congo ha cambiato le regole ci hanno negato anche le liste

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Dicembre 2013 - 13:10 OLTRE 6 MESI FA
Cécile Kyenge: il Congo ha cambiato le regole ci hanno negato anche le liste

Cécile Kyenge: il Congo ha cambiato le regole ci hanno negato anche le liste

ROMA –  “Il Congo ha cambiato le regole ci hanno negato anche le liste”, Cécile Kyenge, intervistata dal Corriere, si difende sul caso adozioni in Congo:

L’intervista completa:

Ministro Kyenge, quali sono le ragioni? 
«All’interno del loro sistema sono state riscontrate irregolarità, hanno bisogno di riforme. E così chiudono improvvisamente a tutti».
Alcune famiglie, però, erano già pronte a partire… 
«E si sono trovate in un limbo. Ci siamo messi subito al lavoro per sbloccare almeno le coppie che avevano già percorso la tappa italiana: era necessario che Kinshasa li riconoscesse come genitori e concedesse il visto d’uscita ai figli».
In un tentativo di mediazione, il 4 novembre lei si è recata in Congo: di che cosa ha discusso nel corso di quella visita? 
«Kinshasa aveva stilato una lista delle famiglie che potevano avere il nulla osta. Noi ne avevamo un’altra. La mia visita serviva per dire: se ci sono famiglie che hanno concluso il percorso (prima del 25 settembre, ndr ), i visti vanno rilasciati. Bisognava a questo punto confrontare le due liste».
L’ha fatto? 
«Non era qualcosa che si potesse fare in un solo giorno. È stato incaricato l’ambasciatore».
E l’ambasciatore ha verificato gli elenchi? 
«Non ha potuto, non ci hanno mai dato la lista. Il Congo ha cambiato di nuovo le regole. Hanno detto: in quegli elenchi ci sono irregolarità e corruzione, non sono affidabili, preferiamo aspettare».
Irregolarità e corruzione che riguardano casi italiani? 
«Non l’hanno detto, hanno parlato in generale».
Ma se non esiste una lista concordata, perché le famiglie sono partite? Ha dato il via libera il suo ministero? O la Commissione delle adozioni internazionali che lei presiede? 
«Da noi non è mai arrivata una comunicazione a poter partire. La lista era consultabile, ma non significava un via libera».
Uno degli enti coinvolti, l’Ai.Bi., ci ha spiegato che un elenco era affisso a Kinshasa, alla Direzione generale della migrazione: in base a quello, l’associazione ha indicato alle coppie di partire. È un equivoco? In aula lei ha detto: alcune famiglie si sono recate in Congo, indipendentemente dall’indicazione dell’ambasciata italiana. Hanno sbagliato? 
«Probabilmente, un equivoco. Confermo quello che ho detto in aula, ma non vado a cercare il colpevole. Ora serve una soluzione».
Il problema più urgente riguarda i visti: alcuni sono stati prorogati, per altri le autorità congolesi decideranno caso per caso. 
«Stiamo lavorando a 360 gradi. Anche per il prolungamento del soggiorno in attesa di sbloccare le adozioni. Non è una situazione che riguarda solo noi, ma Belgio, Francia, Gran Bretagna…».
Alcune coppie francesi, però, sono rientrate in patria con i figli. 
«Non sono casi comparabili, Parigi ha procedure diverse. Questa vicenda è stata amplificata perché io sono di origine congolese, ma l’Italia ha avuto spesso problemi di adozione con Paesi che offrono minori garanzie. È l’occasione per ripensare tutta la pratica».
Che cosa può dire alle 24 famiglie in attesa a Kinshasa? 
«Di farsi coraggio. La situazione è complicata, non sempre arrivano messaggi incoraggianti. Ma noi ci siamo».