Che inverno sarà? Glaciale o lunga estate: El Nino divide…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Novembre 2015 - 10:51 OLTRE 6 MESI FA
Che inverno sarà? Glaciale o nuova estate: El Nino divide...

Che inverno sarà? Glaciale o lunga estate: El Nino divide…

ROMA – Un inverno dal freddo siberiano e glaciale oppure una lunga estate, con un novembre decisamente caldo come in questi giorni in Italia. I meteorologi di tutto il mondo si dividono sulle previsioni per questo inverno in arrivo. A dividere gli scienziati in particolare è l’andamento de El Nino, soprattutto in America, che promette temperature fredde anche in Europa. Una previsione degli scienziati statunitensi, Nasa inclusa, che è opposta a quella dei modelli matematici elaborati dall’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, Ecmwf, che parla di un inverno temperato e mite.

Carlo Ciavoni su Repubblica scrive che le previsioni dividono gli scienziati di tutto il mondo tra chi parla di una tendenza alla “tropicalizzazione”, cioè l’aumento delle temperature medie nelle latitudini temperate, e chi invece prevede un inverno più freddo fortemente influenzato da El Nino:

“I numeri del “mostro”. A Reading, mezz’ora di treno da Londra, la vedono invece diversamente. In sostanza, sostengono che l’andamento climatico generale continua a mostrare un graduale aumento delle temperature e una progressiva tendenza alla “tropicalizzazione” nelle latitudini temperate, senza alcun segnale in controtendenza. All’Ecmwf , operativo 24 ore e 365 giorni all’anno, lavorano circa 300 persone. E’ qui che producono e diffondono previsioni a breve, medio e lungo termine per gli Stati membri. Il cervello attorno al quale tutto ruota è dentro un supercomputer-mostro, tra i più grandi del suo genere. E’ a lui che, di fatto, è affidato l’incarico di tenere duro sulla linea dell’inverno mite e temperato. I numeri che sforna non fanno che ribadirlo. E di lui, a quanto pare, ci si fida ciecamente qui in Europa.

Quando El Niño colpì duro tra il 1997-98.  El Niño invece, non sembra promettere nulla di buono ai meteo-climatologi australiani e delle due Americhe. Indimenticabile l’inverno 1997-1998, quando il fenomeno climatico ebbe conseguenze così potenti ed estese da essere annoverato fra quelli che nella storia recente ha avuto ripercussioni di dimensione planetaria. Ma più in particolare, il periodo dal dicembre 1997 al febbraio 1998, è archiviato come uno degli scorci di stagione più piovosi nello stato della California, dal 1895.

Fenomeni eccezionali. I fenomeni meteo furono severissimi, con inondazioni e tornado in Florida e in tutto il sud-est degli Stati Uniti; una tempesta di ghiaccio con il termometro che sprofondò fino a  40° sotto zero nello stato di New York, nel Massachusetts e in tutto il nord-est degli Stati Uniti. Ma in quelle settimane ad essere colpite, oltre che le regioni orientali del Canada, furono anche le città di New Orleans, Mobile (in Alabama), Baton Rouge, Asheville, vaste zone della Carolina del Nord, Blacksburg (Virginia). Nei giorni intorno a  capodanno del 1998 una violenta tempesta lungo la costa orientale provocò l’erosione delle spiagge e nevicate record sulla Virginia occidentale con circa 90 centimetri di neve in 24.

L’allarme di Unicef. Adesso l’allarme sta mobilitanto anche alcune organizzazioni umanitarie, come l’Unicef, che diffonde una nota secondo la quale 11 milioni di bambini rischierebbero fame, malattie e mancanza di acqua in Africa Orientale e Meridionale per gli effetti meteo-climatici de ‘El Nino’, che sta già causando siccità e inondazioni in diverse aree dell’Asia, del Pacifico e dell’America Latina. Le conseguenze – secondo l’Unicef – “rischiano di ripercuotersi su diverse generazioni se e le comunità colpite non riceveranno supporto per contrastare la scarsità dei raccolti e la mancanza di accesso all’acqua potabile”.

Il “modello El Niño”. Insomma, un inverno che i climatologi statunitensi hanno catalogato come tra i più influenzati dal “modello meteorologico” de El Niño che, al momento dei bilanci, finì per riguardare due terzi del Paese. Quest’anno, fin dal marzo scorso, sui monitor dei centri d’osservazione meteo-climatica delle due Americhe il fenomeno è apparso sempre più intenzionato a voler tornare in scena da protagonista. E’ apparso chiaro che stava succedendo qualcosa di assai simile (se non più grave) del 1997. S’è così subito diffusa l’attenzione delle diverse agenzie – compreso il prestigiosoBureau of Meteorology australiano  –  e comunque di tutte le nazioni che si affacciano sul Pacifico. Già, perché è proprio qui che El Niño comincia a formarsi: a largo nelle coste orientali dell’Ecuador e del Perù.

Quando gli Alisei smettono di “lavorare”. In sintesi succede questo: aumentano le temperature dell’acqua sulla superficie dell’oceano. Contemporaneamente, gli alisei cominciano ad indebolirsi e a soffiare con minore intensità. Come non bastasse, i modelli matematici che analizzano El Niño da otto mesi a questa parte, non fanno che ribadire che il riscaldamento delle acque del Pacifico continuerà, dando così agli alisei una ragione in più per smettere di “lavorare” in quella fascia fra il tropico e l’equatore.

Se i venti non fanno il loro dovere. Con gli alisei “semi-spenti” non avviene il mescolamento necessario delle acque oceaniche, permettendo a quelle fredde dei fondali di arrivare in superficie e garantire così il naturale equilibrio termico fra mare e terra. Gli alisei, vale la pena ricordare, sono venti di direzione regolare e costanti d’intensità, capaci di condizionare la meteorologia su enormi porzioni del Pianeta. Soffiano da nord-est a sud-ovest, nell’emisfero boreale e da sud-est verso nord-ovest in quello australe. Sono decisivi nella navigazione, soprattutto a vela e lo dimostra il fatto che i giri del mondo senza motore (ma non solo) avvengono facendo rotta verso Occidente. Cristoforo Colombo insegna”.