Chi paga rinvio pareggio di bilancio. Mingardi, La Stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Settembre 2015 - 12:38 OLTRE 6 MESI FA
La prima pagina della Stampa

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ROMA – “La Costituzione esige che il bilancio dello Stato sia in equilibrio – scrive Alberto Mingardi della Stampa – Ma la cosa non deve avere molta importanza: il governo ha rinviato di nuovo il pareggio, al 2018. In compenso il presidente del Consiglio dice che abbiamo un tesoretto, frutto della flessibilità”.

L’editoriale di Alberto Mingardi della Stampa: Attenzione, però. Il tesoretto di Padoa Schioppa consisteva in entrate superiori alle attese. Tipo quando trovate una banconota da dieci euro dimenticata nei pantaloni. Il «tesoretto» di Matteo Renzi consiste nella possibilità di fare più debito.
Tipo quando la banca vi estende il fido. Indebitandosi, ci si mette in condizione di dipendere dai creditori. Se ho bisogno che qualcun altro mi presti dei quattrini per sostenere una certa spesa, e poi altri, e poi altri ancora, dovrò convincerlo di essere in grado di restituirglieli. Quando la fiducia dei creditori nei debitori si spezza, son dolori.
Dovremmo ricordarcelo: sono passati appena quattro anni dall’estate del 2011. Il nostro Paese sembrava a un passo dall’andare a carte e quarantotto. I creditori internazionali dell’Italia temevano non saremmo stati in grado di ripagarli. Anche per ritrovare fiducia sui mercati, l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti aveva avviato l’iter per inserire il pareggio di bilancio in Costituzione. La trafila venne conclusa dal governo Monti (…).

I mercati gli daranno credito? Probabilmente sì. I tassi d’interesse sono bassi e gli operatori economici sono convinti che la Bce abbia dimostrato la sua disponibilità a sostenere il debito degli Stati membri.
Aver abbandonato (pardon, rimandato) il principio del pareggio di bilancio non è un problema, nel breve termine. Ma lo sarà nel medio periodo.
E’ nella natura del politico fare più promesse di quante non può mantenere. La libertà d’indebitarsi agevola questo tratto naturale. In questi anni di crisi, abbiamo imparato che i debiti non sono tanto diversi dalle tasse: sono semplicemente imposte che pagheremo domani anziché oggi.
In pareggio di bilancio, quanti vogliono che lo Stato faccia qualcosa in più devono anche proporre che esso tassi a tale scopo determinate attività o persone. Allo stesso modo, quanti desiderano abbassare le imposte, devono parimenti indicare quali funzioni attualmente pubbliche sono disponibili a dismettere. Insomma, le loro promesse sono costrette, almeno in parte, a tenere conto del principio di realtà.
La spesa in deficit leva al politico questo fastidio. Perché risolvere un problema, se puoi semplicemente lasciarlo in eredità ai tuoi figli?
In Italia dovremmo prendere la questione molto sul serio. Per leggere questo articolo vi ci sono voluti più o meno 3 minuti. Da quando lo avete incominciato, il debito pubblico è cresciuto di circa 350 mila euro.