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Cir e Sorgenia: partita con le banche per 1,7 miliardi di debiti. Chi pagherà?

di Marco Benedetto |26 Dicembre 2013 22:31

Non deve essere stato un bel Natale quello di Rodolfo De Benedetti, che aveva puntato i suoi sogni di gloria su Sorgenia e che invece vede la stessa Sorgenia aggravare i conti della Cir, l’azienda fondata quasi 40 anni fa dal padre Carlo De Benedetti.  Il socio austriaco in Sorgenia, Verbund, ha scritto la vigilia di Natale per dire che Sorgenia vale zero e non ci metterà più un centesimo.

Al di là dei conti, che, per quanto riguarda la Cir, appaiono solidi, l’immagine, per quel che vale, appare un po’ scossa. Anche senza dare orecchio alle voci che serpeggiano nei corridoi di Milano, secondo cui Rodolfo De Benedetti, che alcuni anni fa aveva esautorato il padre, levandogli anche l’ufficio in via Ciovassino, sede della Cir, sarebbe ora stato esautorato a sua volta dal padre in un contro colpo di palazzo, tra tradimenti e purghe di dirigenti, esclusa naturalmente quella del principale responsabile, protetto dalla immunità padronale, la vicenda di Rodolfo e Carlo De Benedetti mostra anche all’esterno i contorni di una tragedia greca, con Kronos che si rimangia Zeus, rivelatosi non all’altezza della situazione.

Sorgenia è stata la scommessa sulla crescita del mercato dell’energia, cui Rodolfo De Benedetti ha sacrificato tutto il resto. Alla fine si è trovato con un debito netto con il sistema bancario fra 1,7 e 1,8 miliardi e con una richiesta dalle banche di una iniezione di capitale per 600 milioni di euro. Nel frattempo nei conti della Cir la copertura delle perdite causate da Sorgenia si è già mangiata i milioni che Berlusconi ha dovuto sborsare per le sue malefatte ai tempi della guerra per una Mondadori che conteneva il controllo di Repubblica, oggetto proibito dei sogni di Berlusconi.

In questo insieme, quei pochi milioni di euro che gli avversari strillano essere stati regalati dal Governo Letta alla Cir con la legge di Stabilità, sembrano gocce nel mare, un mare sempre più in burrasca se si considerano i guai provenienti da Vado Ligure, dove opera Tirrena Power, azienda in cui Cir, attraverso S0rgenia, ha una significativa partecipazione.

Tre articoli, su Repubblica, sul Sole 24 Ore e sul Giornale di Berlusconi danno un quadro abbastanza drammatico della situazione. Talmente grave appare il quadro che finora i giornali italiani hanno trattato la materia con grande circospezione, ancora incapaci di accettare che un De Benedetti abbia potuto fare un disastro simile.

 

Rodolfo De Benedetti: infranti i sogni di Sorgenia

Repubblica dedica alla notizia un titolo a una colonna, come si trattasse di una azienda di terre lontane e non appartenente a una holding, la Cir, che controlla la stessa Repubblica. e il cui dissesto potrebbe anche coinvolgere lo stesso quotidiano. A onore di Rodolfo De Benedetti va evidenziato quanto gli riconosce il Giornale dell’arci nemico Berlusconi: è stato ben attento

“a non inve­stire troppo capitale, scarican­do sul socio Verbund il peso de­gli aumenti effettuati nel tem­po, e sulle banche quello dell fi­nanziamento degli investimen­ti”.

Inoltre, Cir non avrebbe fornito,

“alme­no a quanto pare, garanzie reali su società del gruppo”.

Quindi Repubblica è fuori quanto meno dal gioco dei debiti.

Usando il condizionale, Repubblica parte da un dato di fatto, che la società austriaca Verbund, azionista di Sorgenia,

“avrebbe azzerato il valore della sua partecipazione (pari al 45,65%) nel capitale del gruppo italiano dell’energia. Lo rivela l’agenzia economica Radiocor, la quale sostiene di essere entrata in possesso di un documento in cui la decisione viene spiegato con «l’elevata sovraccapacità presente nel mercato italiano» nonché dalle «previsioni macroeconomiche negative che porteranno a una minore domanda di energia in futuro».

“La mossa va letta nell’ambito della trattativa avviata da gruppo Sorgenia (il cui socio di maggioranza è il gruppo Cir della famiglia De Benedetti) per la rinegoziazione del debito da 1,7 miliardi. Sorgenia [ma forse si doveva scrivere Cir] avrebbe fatto sapere agli istituti di credito di essere pronta a portare nuovo capitale se anche Verbund farà la sua parte. In cambio le banche potrebbero rivedere le scadenze del debito e accettare una moratoria fino al prossimo luglio. Ma Verbund con l’azzeramento del valore della sua quota, già fatta scendere da 654 a 152 milioni a fine 2012, sembrerebbe intenzionata a non accompagnare una eventuale ricapitalizzazione. La trattativa partirà, comunque, con l’anno nuovo”.

Sul Sole 24 Ore, anche Cheo Condina parte dalla decisione di Verbund, che, nella

“delicata partita di Sorgenia mercoledì scorso ha dato ufficialmente il via alla rinegoziazione del debito bancario, pari a 1,75 miliardi. Il colosso energetico tedesco ha azzerato il valore della partecipazione nel gruppo controllato da Cir, pari al 45,65%, mettendo in liquidazione Verbund Italia, la controllata italiana cui faceva capo la quota e che, proprio in virtù delle rettifiche, ha visto interamente prosciugato il patrimonio. Non solo, in una lettera inviata nei giorni scorsi alla stessa Verbund Italia, Vienna ha messo nero su bianco «la propria volontà di non partecipare a un’eventuale ricapitalizzazione di Sorgenia e Sorgenia Holding», un’operazione a cui la controllata italiana «non è tenuta, stante la natura giuridica di società di capitali delle partecipate»”.

Secondo il Sole 24 Ore,

“sembra emergere la determinazione del gruppo austriaco a tirarsi fuori dalla partita senza ulteriori esborsi, anche se c’è chi la interpreta come una mossa negoziale nei confronti degli istituti di credito, i quali hanno già chiesto ai soci di Sorgenia un intervento per abbattere i debiti di circa 600 milioni.

[…]

“La totale svalutazione della partecipazione in Sorgenia parte da un presupposto esclusivamente industriale: l’impairment test svolto dalla casa madre austriaca sulla quota evidenzia, come riportato da Radiocor, «una perdita durevole del valore dell’investimento del gruppo nel settore energetico italiano».

[…]

Il motivo? L’outlook negativo sul mercato italiano, caratterizzato da «elevata sovraccapacità», significativo calo della redditività degli impianti a gas e «previsioni macroeconomiche negative che porteranno a una minore domanda di energia in futuro».

[…]

“La maxi svalutazione su Sorgenia era tuttavia prevista solo in parte, visto che nel bilancio dei nove mesi la capogruppo austriaca aveva rettificato la quota nel gruppo italiano per 396 milioni.

“Che cosa cambia la mossa di Verbund per Cir? La società controllata dalla famiglia De Benedetti ha il 53% di Sorgenia, una quota iscritta a bilancio, dopo alcune svalutazioni, a circa 200 milioni di euro. Il negoziato con le banche è iniziato mercoledì scorso, contestualmente alla presentazione del nuovo piano industriale del gruppo energetico, che sta pagando a caro prezzo la crisi degli impianti a ciclo combinato in Italia.

“Tuttavia era già filtrata la generica disponibilità del gruppo di De Benedetti a fare la propria parte in un eventuale aumento di capitale a patto che ci fosse un contributo fattivo di Verbund e un atteggiamento costruttivo da parte delle banche.

“Siamo dunque alle battute inziali di una partita, dalla quale peraltro non si deve escludere Tirreno Power (la ex genco controllata da Gaz de France e partecipata da Sorgenia al 39% sui cui grava un debito in scadenza da 750 milioni), destinata a proseguire nei prossimi mesi”.

Sul Giornale, Marcello Zacché  non fa sconti ma appare corretto e aiuta a capire la situazione meglio di tutti:

“Come era prevedibile, la cri­si di Sorgenia, la società elettri­ca del gruppo Cir-De Benedet­ti, sta diventando ingestibile. Il debito da 1,8 miliardi accumu­lato in soli 15 anni di vita pesa come un macigno e il nuovo pia­no industriale al 2016, appena presentato dal management di Sorgenia, non cancella i dubbi sulla sua sostenibilità. Anzi, li aumenta. Così si è ieri appreso che il gruppo Verbund, l’Enel austriaco socio della Cir con il 45,6% di Sorgenia, ha deciso di lasciare la partita […] e le probabilità che Verbund partecipi a una iniezione di mezzi freschi sono definitivamente escluse.

[…]

” Per le banche, Mps in testa, che hanno generosamente presta­to 1,8 miliardi alla società con­trollata al 52% dai De Benedet­ti, è una brutta mazzata: perdo­no in un colpo solo la possibili­tà di ottenere un po’ di capitale fresco dai soci. Anche la Cir in­fatti, nonostante i 350 milioni netti incassati quest’anno dalla Fininvest per il Lodo Mondado­ri, non ha alcuna intenzione di mettere mano al portafoglio. Una eventuale disponibilità dei De Benedetti a ricapitalizza­re Sorgenia era stata condizio­nata alla partecipazione con­temporanea di Verbund. Un’opzione che,evidentemen­te, non esiste. Così il cerino ro­vente e ormai cortissimo resta in mano alle banche, che han­no al momento concesso una moratoria di sei mesi sugli inte­ressi.

“In realtà a Mps (la più esposta con circa 600 milioni, oltre che azionista di Sorgenia con l’1,2%), Intesa, Mediobanca, Unicredit, Bpm, Ubi, Banco po­polare e altri istituti minori, il gruppo De Benedetti ha chie­sto ben altro: una ristrutturazio­ne del debito, con possibile tra­sformazione in capitale, che comporti un taglio nell’ordine dei 600 milioni. Ma se è vero, co­me dice Verbund, che la società vale zero, per gli istituti di credi­to sarà ben difficile spiegare un’operazione di questo tipo ad azionisti e depositanti.

“Spietato l’esame fatto dal gruppo austriaco e rivelato ieri dall’agenzia Radiocor . Per Ver­bund l’analisi di sostenibilità svolto sulla quota in Sorgenia evidenzia «una perdita durevo­le del valore dell’investimento del gruppo nel settore energeti­co italiano »,che determina l’az­zer­amento del valore della par­tecipazione.

[…]

“È una bocciatura su tutta la li­nea dell’intero progetto Sorge­nia, nato nel ’99 su un’idea di [Rodolfo] De Benedetti per diversificare le attività della Cir.L’errore strategico è stato quello di puntare sulle centrali a ciclo combinato, dive­nute poi marginali rispetto a quelle da fonti rinnovabili. Tut­tavia i De Benedetti su Sorgenia sono stati ben attenti a non inve­stire troppo capitale, scarican­do sul socio Verbund il peso de­gli aumenti effettuati nel tem­po, e sulle banche quello dell fi­nanziamento degli investimen­ti.

“Senza peraltro fornire, alme­no a quanto pare, garanzie reali su società del gruppo. Gli unici cespiti a garanzia dei crediti bancari sarebbero gli immobili strumentali, cioè le centrali. Che però, almeno secondo Ver­bund, non valgono più nulla nemmeno quelle. Sarà interes­sante capire dalle banche, che hanno fornito tutto questo cre­dito a un gruppo che non ha mai raggiunto margini di redditività sufficienti a sostenerlo, quali soluzioni riusciranno a trovare. Il problema, ora, è tut­to loro”.

 

 

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