Conti pubblici, Quirinale, disoccupazione: rassegna stampa e prime pagine

ROMA – Conti pubblici, rischio manovra. Il Corriere della Sera: “Già da quest’anno è possibile il varo di una manovra economica aggiuntiva da 6 a 8 miliardi di euro per rifinanziare una serie di spese non rinviabili: dall’ulteriore slittamento della Tares e dell’aumento Iva alla cassa integrazione in deroga, dallo stanziamento di fondi per gli esodati alle missioni militari all’estero. Allarme della Banca centrale europea: tra ottobre e dicembre 2012 i senza lavoro dell’eurozona hanno toccato livelli mai prima raggiunti e saliranno ancora nel primo trimestre del 2013.”

Una ostinata temperanza. L’editoriale a firma di Antonio Polito:

“Qualche mese fa, prima del voto, si scriveva che Bersani non era mai stato così padrone del suo partito, unificato intorno alla concreta speranza di vittoria elettorale. Il potere, si sa, in politica è un forte collante. Ma l’insuccesso nelle urne, che per molti ha significato il tramonto di ambizioni personali a lungo coltivate, ha scoperchiato le differenze che esistono nel suo gruppo dirigente. Franceschini, per anni stretto collaboratore di Bersani, ha reagito alla mancata elezione alla presidenza della Camera recuperando in pieno il suo ruolo di capo corrente e annunciando (o minacciando) che il Pd è a rischio scissione. Rosy Bindi, che fino a ieri era sembrata la pasionaria del progetto Bersani, ora ne parla come di una pericolosa avventura. I «giovani turchi», giannizzeri del segretario, già veleggiano verso Barca. I toscani si vendicano di Renzi e premiano il capo di una delle due fazioni del Pd senese raccolte intorno al Monte dei Paschi. D’Alema accorre a Firenze per stringere una tregua con l’ex rottamatore proprio mentre è al colmo la sua lite con Bersani. Più che una lotta politica, nel Pd sembra essersi diffuso il caos, che è molto peggio e che in genere nasce proprio dalla mancanza di una esplicita e trasparente lotta politica. La ragione del caos sta infatti nella debolezza della proposta del Pd per uscire dalla crisi. Il governo di minoranza, che Bersani tiene in piedi con l’eufemistica formula del «governo di cambiamento», è considerato nel suo stesso partito o irrealizzabile o pericoloso da un fronte molto ampio e trasversale. Di conseguenza tutti si preparano al dopo, rafforzando il sospetto reciproco che ognuno stia lavorando per la propria «ditta» piuttosto che per il partito. Questa guerra di trincea offre del resto il fianco anche alle manovre, come forse è stato il ballon d’essai di una candidatura Bersani al Quirinale. Non è un caso che la segreteria del Pd si sia precipitata a smentire l’ipotesi che il negoziatore stia negoziando per sé, soprattutto quando la sua leadership nel partito è agli sgoccioli.”

«Manovra fino a 8 miliardi» Le cifre delle spese necessarie. L’articolo a firma di Roberto Bagnoli:

“La versione definitiva del Def approdato ieri in forma definitiva con centinaia di pagine e tabelle è decisamente meno rosea delle anticipazioni. Nel testo si prospetta chiaramente il ricorso a nuovi interventi che variano di intensità a seconda che l’Imu venga confermata o venga abolita. Nello specifico, per proseguire un calo tendenziale dell’indebitamento e per mantenere il pareggio di bilancio strutturale, si parla di manovre per 20 miliardi nel triennio 2015-2017 se l’attuale imposizione sulla casa viene confermata, se invece salta come molte forze politiche vanno sostenendo, le manovre schizzano a 60 miliardi. Tutto questo senza tener conto delle griglie imposte dal fiscal compact che ci impone di ridurre il debito pubblico di un ventesimo all’anno a partire dal 2015. I rischi paventati a caldo l’altro giorno dal responsabile economico del Pd Stefano Fassina sono dunque confermati. E ieri sia Fassina che Pierpaolo Baretta (relatore della finanziaria per il Pd) hanno prospettato la necessita di fare una manovra aggiuntiva già da quest’anno da 6 a 8 miliardi di euro per finanziare una serie di voci: l’ulteriore rinvio della Tares e dell’aumento Iva, la cassa integrazione in deroga, gli esodati, le missioni all’estero, i contratti di servizio con Anas, Poste, Ferrovie e il bonus del 55% per le ristrutturazioni green. «Un intervento che si può evitare — precisa Fassina — se il nuovo governo si deciderà ad andare a Bruxelles come hanno fatto altri Paesi per ottenere una revisione del percorso di rientro».”

La Bce: disoccupazione senza precedenti. L’articolo a firma di Luigi Offeddu:

“«L’Italia non sta contagiando nessuno», dice Mario Monti dal G8, il vertice dei ministri degli Esteri di Londra dove sostituisce Giulio Terzi. Parla di contagio finanziario, di assalti della speculazione ai mercati più deboli, di spread che finalmente sembra placarsi. La sua è una risposta in 24 ore all’allarme lanciato dalla Commissione europea sulla situazione del nostro debito pubblico. Ma per quanto prestigioso e apprezzato in Europa, chi offre questa risposta è un primo ministro uscente, il Mario Monti che guarda al G8 di giugno in Irlanda augurandosi che «ci vada un presidente del Consiglio italiano con pienezza di poteri». Le rassicurazioni di Monti arrivano in un momento delicato. Proprio ieri l’Istat ha segnalato che gli scoraggiati in Italia, coloro che hanno smesso di cercare un posto, sono 1,3 milioni di persone. Se si sommano agli inattivi e ai disoccupati veri e propri, emerge il conto di un esercito di 5,8 milioni di senza lavoro. Anche per questo ieri la Bce ha segnalato che la disoccupazione nell’area euro è ai massimi storici ma salirà ancora. Mentre l’Ocse — l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico — segnala un lieve calo dei senza lavoro a gennaio ma anche un totale nella sua area di 48,7 milioni di disoccupati, 13,9 milioni in più rispetto a quando iniziò la crisi nel 2008.”

Bersani vede Maroni, vertice per il Quirinale. La Lega boccia Amato. L’articolo a firma di Lorenzo Fuccaro:

“Un incontro abbastanza lungo (oltre un’ora) che sarebbe servito a confermare il comune orientamento sui criteri con i quali scegliere il futuro presidente della Repubblica. E il principale è che a eleggerlo sia una maggioranza la più ampia possibile, trattandosi di una figura di garanzia istituzionale. Sulla rosa dei candidati che il Pd dovrà proporre agli altri, invece, la discussione è rimandata alla prossima settimana. Maroni, però, avrebbe espresso la preferenza per un candidato donna e posto un paletto, un veto vero e proprio, su una personalità ritenuta tra i papabili. Se, per esempio, il Pdl fosse orientato a votare uno come Giuliano Amato, sarebbe stato il suo ragionamento, la Lega non seguirebbe l’alleato e si sentirebbe libera di decidere diversamente. «Nessuna rottura — avrebbe argomentato il segretario leghista — ma l’affermazione di un principio di autonomia». Durante l’incontro, riferisce Bitonci, «abbiamo fatto una battuta su Bersani e sul fatto che il suo nome — leggendo alcuni giornali — era stato fatto per il Quirinale. Abbiamo sorriso tutti, benché da parte nostra non vi sia alcuna preclusione». Del resto lo stesso Bersani liquida l’argomento con una battuta, lasciando così intendere di non essere interessato: «Gli unici colli ai quali penso sono quelli piacentini». I padani su questo non agiranno di conserva con gli alleati del Pdl, con i quali invece l’intesa è strettissima su come arrivare al nuovo esecutivo. «Maroni — afferma Bitonci — ha chiesto a Bersani di fare subito un governo forte perché la situazione economica è così grave che non si può aspettare». Ed è la stessa linea sostenuta da Berlusconi che, nel colloquio dei giorni scorsi con il segretario del Pd, aveva ipotizzato che fosse proprio lui a guidarlo.”

Quirinale, la Lega sismarca dal Pdl. La Stampa: “Nelle trattative tra i partiti per scegliere il successore di Napolitano, la Lega si smarca dal Pdl. Solo alla vigilia del voto Bersani comunicherà la rosa dei nomi a Berlusconi. D’Alema vede Renzi: un errore emarginarti.”

“Stufo di prendere schiaffi. Se servo mi chiamino loro”. L’articolo a firma di Federico Geremicca:

“Ma l’umore è traballante, e in certi momenti pare volgere decisamente al peggio. Cos’è successo da far incupire così Matteo Renzi? «Assolutamente niente. Ma sa che c’è? C’è che mi sono stufato di prendere schiaffi in faccia tutti i giorni. Che diavolo ho fatto per meritare un trattamento così? Ho sfidato Bersani a viso aperto, e dopo le primarie ho fatto la campagna elettorale sostenendolo lealmente. Non mi sono messo di traverso mai, né prima né ora, anche se molte cose non mi convincono. Ho detto solo: fate qualcosa, qualunque cosa, ma fatela in fretta. In risposta mi è arrivato sulla testa di tutto, compresa la mortificante vicenda del Grande Elettore…». Verrebbe da chiedere: e allora? Che si fa, dopo l’ultima “offesa”? Si riprende la guerriglia nel Pd? Si minaccia la tanto evocata scissione? Sorprendentemente: si fa l’opposto. «Mi sono stufato dell’immagine che mi stanno cucendo addosso: uno che sta sempre lì a sgomitare, a chiedere e a protestare. Facciano quello che vogliono e come vogliono, io mi sono stancato. Vogliono mettere in campo Barca? Lo facciano? Vogliono puntare sulla Boldrini? Ci puntino. Io leggo i sondaggi su di me e sono contento, la gente continua ad avere fiducia. E sa che le dico? Che se la vedano loro: se hanno bisogno, se pensano di aver bisogno di me, mi chiamano. Io ho 38 anni, me ne sto a Firenze e faccio il sindaco». Un Aventino, insomma. E Renzi che veste i panni del Cincinnato. Possibile? Possibile, soprattutto, considerati il caratterino e l’irruenza? Lo si vedrà, ma è quel che vorrebbe.”

Oliver Stone: ecco il mio Chávez. L’articolo a firma Fulvia Caprara:

“Presentato in anteprima alla 66 Mostra di Venezia, il documentario «Chavez- L’ultimo comandante» esce in Italia il 16 aprile, in 150 sale, due giorni dopo le nuove elezioni in Venezuela: «Piango un grande eroe – aveva dichiarato Stone alla morte di Chavez – odiato dai poteri forti. Amico mio, riposa in pace». Troupe leggera, tono interessato ma anche rilassato, il regista di «Jfk» intervista in sequenza non solo il protagonista dell’inchiesta, ma anche i presidenti degli altri Paesi dell’America Latina che ne hanno condiviso la linea: «Leader dopo leader sembrava di sentire la stessa cosa. Volevano controllare le loro risorse, rafforzare i legami regionali, essere trattati alla pari con gli Stati Uniti e diventare finanziariamente indipendenti dal Fondo monetario internazionale». Alle immagini di repertorio, dai sostenitori di Chavez in festa agli scontri a Caracas durante la crisi economica, si alternano quelle delle interviste dove Stone, più che indagare e incalzare, ascolta e sorride. Scorrono i filmati con Chavez appena eletto («questo potere che mi avete dato non appartiene a me, ma a voi»), si discute del golpe mancato perché «i soldati non l’avrebbero mai appoggiato», si vede il regista che stringe la mano al presidente annuendo «… come exsoldato, posso capire».”

Resa prolungata. Conte e la Champions da ricchi: “Per tanti anni non la vincerà un’italiana”. L’articolo a firma di Massimiliano Nerozzi:

“Lasciate ogni speranza voi che tifate: «Non vedo prospettive di vittoria in Champions League per alcuna squadra italiana, da qui a parecchi anni». Più nera della notte che c’è fuori, la profezia di Antonio Conte vale per tutti, mica solo per la sua Juve appena schiantata dal Bayern. Da un anno e mezzo i bianconeri comandano la serie A, e in due partite contro i campioni di Germania hanno giocato allo stesso sport per una mezz’oretta. «Adesso ci sono superpotenze che stanno davanti al calcio italiano – dice il tecnico bianconero – e bisogna aspettare. Mi hanno chiesto se con due-tre acquisti vinciamo la Champions: pensarlo, è roba da matti». Tutto quel che si racconta di diverso, sono favole: «Devo dire bugie o parlare della realtà? Bene. Chi c’era rimasto in Europa? Noi e la Lazio, che doveva rimontare due gol a una squadra turca. Questo è quel che c’è in Italia e in Europa. Mi allarma, e dico: “Mamma mia”».”

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