Coop 29 giugno. Marino e Nieri, “restituire ai detenuti i contributi elettorali”

Coop 29 giugno. Marino e Nieri, "restituire ai detenuti i contributi elettorali"
Ignazio Marino (LaPresse)

ROMA – Lo scandalo del marcio che corrode Roma, Capitale d’Italia, ha fatto emergere una serie di aspetti imbarazzanti per il Pd e l’alleato Sel a Roma. Ha anche fatto emergere il conflitto di interessi che lega Pd e Coop talmente grande e imbarazzante da rendere opportuno aggirarlo e non parlarne.

Lo fa Franco Bechis su Libero, il quale parte dallo scandalo del Marcio Capitale per arrivare a una inquadratura nazionale del problema del conflitto di interessi. L’articolo di Franco Bechis parte dalle donazioni della Cooperativa 29 giugno guidata da Salvatore Buzzi a vari esponenti politici romani, a cominciare da Ignazio Marino, sindaco di Roma:

 “Trentamila euro al sindaco di Roma, Ignazio Marino. Ventimila euro al suo Assessore alla Casa, Daniele Ozzimo. Circa ventimila euro ai candidati del Pd alla presidenza dei municipi di Roma alle ultime elezioni amministrative. Diecimila euro al Pd comitato cittadino di Roma. Diecimila euro a Domenico De Vincenzi, candidato sindaco del Pd a Guidonia, comune della cintura romana.

E soldi anche al vicesindaco della giunta Marino, Luigi Nieri, che milita nel partito di Nichi Vendola (Sel).

Solo nell’ultimo anno le due coop sociali di Salvatore Buzzi (la 29 giugno e il consorzio Eriches 29), il capo del business di Mafia Capitale secondo le indagini della procura di Roma, hanno versato al partito di Matteo Renzi e ai suoi principali esponenti nella capitale più di 100 mila euro.

Nell’anno e mezzo le due cooperative hanno ricevuto assai più di quella somma dalla giunta capitolina grazie alla proroga di vecchi appalti in corso (la gestione delle aree verdi, la raccolta dei rifiuti, la gestione dei campi rom e dei centri di accoglienza per rifugiati), all’assegnazione di nuovi appalti o alla concessione di uno sconto di quasi 60 mila euro sul prezzo di affitto della sede sociale.

Non stupisce: è chiaro che quando si finanzia qualcuno, c’è almeno la speranza di avere qualcosa in cambio. Se le commesse ricevute erano regolari e dovute, non c’è alcun reato. Solo malcostume: dal sindaco Marino in giù avrebbero dovuto evitare di deliberare appalti e commesse in favore dei loro finanziatori, perché il conflitto di interesse era lampante. Se quegli appalti erano regolari, il problema però sta proprio in quei finanziamenti.

Quelli erano soldi che arrivavano da cooperative sociali, che non sono imprese come tutte le altre. Sono composte da soci speciali (in questo caso ex detenuti in cerca di un modo di tornare in società e lavorare), perfino da soci volontari che non vengono pagati per la loro attività. Hanno vantaggi fiscali e legislativi notevoli, come tutte le Cooperative italiane e quelle di carattere sociale ne hanno più di altre.

In cambio hanno degli obblighi, ad iniziare dalle regole per la distribuzione degli utili.

Non c’è spazio per un finanziamento a un partito politico o a un singolo candidato alle elezioni. Quei 30 mila euro non potevano finire a Marino, e gli altri soldi non potevano andare nelle casse del Pd o a finanziare la campagna elettorale dei suoi candidati.

Al di là delle regole, i percettori avrebbero dovuto rifiutare quei soldi: ogni euro intascato da Marino & c veniva infatti sottratto ai poveri ex detenuti.

C’è anche una aggravante: al momento di quei finanziamenti la Cooperativa che elargiva queste somme ai vari capataz del Pd sosteneva di stare in bruttissime acque. Il sindaco di Roma lo sapeva benissimo. Tanto è che il 29 aprile del 2013 disse: «La cooperativa 29 giugno, che si occupa di dare una mano alle persone più deboli, ha denunciato con severità i tagli subiti dalla giunta Alemanno. Si trova in grande difficoltà e, mettendosi d’accordo con le banche, emetterà delle obbligazioni per potere finanziare la propria attività» (…)

 

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