ROMA – La guerra nucleare non è un gioco e la Corea del Nord di Kim Jong-Un, il dittatore con la faccia da bambino, dovrebbe fare attenzione alla sua tattica di usare la minaccia atomica come strumento per sedersi al tavolo di quelli che contano e trattare. Allo stesso tempo gli Usa non devono sottovalutare le notizie che vengono da Pyongyang. Ne parla Franco Venturini sul Corriere della Sera in un fondo dal titolo “Via libera all’Attacco nucleare dalla Corea non solo provocazioni”:
“Il ricorso all’opzione nucleare, hanno annunciato le fonti ufficiali di Pyongyang, è stato «esaminato e ratificato» dalla Assemblea del popolo (che ha eseguito le direttive del dittatore Kim Jong-un) e l’esercito ha così ricevuto il «via libera definitivo» all’attacco. Tanto lontano il giovane Kim Jong-un non si era mai spinto, e il poco che si sa di lui in Occidente, sommato alla natura stessa della tirannia nord-coreana, inducono a non prendere sottogamba la minaccia. Gli Stati Uniti, non a caso, hanno deciso di inviare con urgenza a Guam, la loro principale base del Pacifico che si trova nel raggio possibile dei missili di Pyongyang, un sistema intercettore di ultima generazione.
Ma resta poco credibile che la Corea del Nord voglia portare a termine un attacco che si rivelerebbe suicida. Piuttosto i comunicati di Pyongyang, giunti al termine di una giornata di inedita durezza (la chiusura del valico sul trentottesimo parallelo che consente agli operai del sud di andare a lavorare nel distretto industriale «a sviluppo congiunto» di Kaesong), paiono essere la conseguenza dell’estrema frustrazione di Kim Jong-un davanti al proseguimento delle manovre militari congiunte Usa-Corea del Sud e ai magri risultati ottenuti sulla scena internazionale. Per aprire un dialogo e sfruttarlo a proprio vantaggio Pyongyang ha storicamente sempre agitato lo spettro della guerra, e lo aveva tacitamente fatto anche stavolta con lanci di missili, test nucleari e annunci di riapertura di reattori da anni dismessi.
Ma se il gioco non funziona, il «caro leader» del momento si scredita all’interno. Soprattutto presso i suoi militari, e tanto più se il potente alleato cinese tende a diventare critico (lo è stato anche ieri, assieme alla Russia). Tanto vale, allora, alzare la posta. Ma in proporzione aumentano anche i pericoli: che il gioco nucleare possa sfuggire di mano all’inesperto Kim Jong-un, e che dopo aver tanto tuonato una qualche azione militare debba comunque essere condotta, in modo più limitato, per non deludere i marescialli di Pyongyang”.