ROMA – “I Rom del campo di Salvatore Buzzi in fila alle primarie Pd” titola il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Tommaso Rodano.
“Ricordo di aver visto gruppi di rom accompagnati in fila ai seggi. Con un’indicazione sulla persona da votare”. La denuncia è di una scrittrice, Cristiana Alicata, membro della direzione nazionale del Partito democratico. Si trattava delle primarie del centrosinistra per eleggere il candidato sindaco di Roma, quelle che spianarono la strada a Ignazio Marino. Era il 7 aprile 2013. Alicata, quel giorno, lo scrisse su Facebook: “Le solite incredibili file di rom che quando ci sono le primarie si scoprono appassionatissimi di politica”. Allora fu sepolta dalle accuse di razzismo, specie all’interno del partito (lei, renziana, parteggiava per il candidato Gentiloni). Oggi quella frase, alla luce dell’indagine sulla mafia di Roma, potrebbe avere un peso diverso. Il seggio in questione era nell’ex XV municipio (zona Magliana – Portuense). “Vicino al campo nomadi di via Candoni”, ricorda Alicata. Una struttura che compare anche nelle carte su Mafia Capitale: in quell’accampamento, nel 2013, la cooperativa 29 giugno di Salvatore Buzzi ha ottenuto una commessa da 86mila euro per la bonifica dell’impianto fognario. Non c’è nessuna prova che colleghi i rom in fila ai presunti tentativi della cupola di inquinare le primarie. Rimangono, però, le anomalie denunciate alla commissione di garanzia del Pd in diversi seggi, poi cadute nel nulla.
Tutto regolare. Eppure lo stesso Pd romano che rimosse la questione, un anno dopo si trova con un commissario, Matteo Orfini, che ha il compito di fare tabula rasa. Cristiana Alicata allora lanciò il sasso, ma nascose (in parte) la mano. “Ho visto con i miei occhi, ma non ho le prove di chi fossero mandanti e beneficiari”. I nomi non li fa nemmeno adesso, con il vaso di Pandora della mafia romana scoperchiato dalla procura. “Non li conosco e non voglio farli – prosegue – perché il tema non è individuale. La responsabilità è collettiva è appartiene all’intera dirigenza del Pd di questi ultimi anni”. Non furono solo i presunti voti di scambio a insospettirla: “Mi chiedo ancora come facessero certi eletti a tappezzare la città di manifesti abusivi, a organizzare cene elettorali pantagrueliche ed eventi da decine di migliaia di euro”. Oggi non lo dice, ma ce l’aveva con l’altro candidato sindaco, David Sassoli. “Scrissi a Epifani di commissariare il partito, con mesi di anticipo sui fatti. Ma non è cambiato nulla: gli stessi consiglieri che hanno assistito inermi agli scandali laziali della regione Lazio, a fine mandato li abbiamo candidati in Parlamento. Invece almeno l’80 per cento dei dirigenti del Pd di Roma dovrebbero essere mandati via”.