Cyberbullismo e suicidi, Perissinotto sulla Stampa: “Armi spuntate”

Cyberbullismo e suicidi, Perissinotto sulla Stampa: "Armi spuntate"
Cyberbullismo e suicidi, Perissinotto sulla Stampa: “Armi spuntate”

ROMA – Ragazzini che si suicidano dopo essere stati insultati e presi in giro su internet, sui social network, su Ask.fm soprattutto. A Cittadella (Padova) come a Venaria Reale (Torino): quello che era un fenomeno per lo più anglosassone, ristretto a Stati Uniti e Regno Unito, ormai conta diverse vittime anche in Italia.

Alessandro Perissinotto, scrittore e insegnante, in un lungo articolo sulla Stampa cerca di far luce sul cyberbullismo: il suo lato peggiore, sottolinea Perissinotto, è che, a differenza della violenza anche fisica degli Anni Settanta, con coltelli e pistole, oggi la violenza verbale che si manifesta, spesso coperta dall’anonimato, sul web, non può essere lasciata fuori dalla porta di casa, ma perseguita chi la subisce “in ogni luogo, in ogni tempo”.

“Da qualche anno abbiamo iniziato ad aggiornare un macabro archivio, quello degli adolescenti che, in conseguenza di umiliazioni subite in rete, hanno scelto la via del suicidio.

Abbiamo cominciato ad annotarci i nomi, i luoghi e le cause: erano quasi sempre nomi anglosassoni, di ragazzi dell’America profonda e le cause avevano spesso a che vedere con la circolazione incontrollata di foto compromettenti. Poi però l’archivio è cresciuto, i nomi e i luoghi sono diventati più familiari: Cittadella, Novara, Venaria Reale. L’epidemia di suicidi si allarga rapidamente anche dalle nostre parti e le ragioni che spingono i giovani a togliersi la vita non sono più da ricercarsi nella pubblicazione di qualche immagine osé, ma nella trista sequela di insulti e di sfottò che molti ragazzi ricevono quotidianamente attraverso i social network. A ogni nuovo caso, noi, che apparteniamo alla generazione dei padri, ci poniamo una domanda legittima: «Ma, in fondo, queste cose non accadevano anche ai nostri tempi?».

(…) Troppo facile equiparare un episodio di cyberbullismo a una scazzottata davanti alla scuola o a una mortificazione patita durante l’intervallo. Il bullismo degli Anni 70 non era roba da poco e le catene, i tirapugni e i coltelli cominciavano già a girare nelle scuole medie, eppure, bastava allontanarsi dall’edificio scolastico, bastava chiudere la porta di casa per creare una separazione netta tra noi e i nostri persecutori.

 

Con la rete è diverso, con i social network gli insulti e le prese in giro inseguono le vittime in ogni luogo, in ogni tempo: non ci sono porte, o vacanze, o spostamenti che salvino dalle vessazioni.

(…) Non è più questione di impedire ai minorenni di visitare dei siti pornografici o di acquistare in rete merci proibite, si tratta di invadere il loro spazio di relazione. È come se i nostri genitori avessero preteso di rimanere al nostro fianco durante le feste del sabato pomeriggio o le serate in discoteca: ci saremmo ribellati.

Ciò che possiamo fare è provare a combattere la dipendenza da social network, dimostrare che si possono trascorrere delle giornate intere senza postare nulla su Facebook o senza twittare. Ma anche questa è una battaglia che stiamo per perdere.(…) Ed è questa dipendenza che aumenta a dismisura l’impatto del cyberbullismo rispetto alle vecchie forme di persecuzione: anche derisi o insultati, i giovani non riescono a tenersi lontani dai social network, le vittime non possono fare a meno di consegnarsi ai carnefici. (…)

Ma sbaglieremmo a considerare questo come un problema esclusivamente giovanile. L’arroganza, la trivialità, l’aggressività, hanno trovato in rete un habitat perfetto. Basta osservare i commenti on-line dei lettori di qualsiasi giornale, anche del più colto, per rendersi conto che già alla seconda o terza replica cominciano a volare gli insulti. L’anonimato garantito dalla rete aiuta le persone ad esprimere il peggio di sé e non è un caso se il social network che più degli altri è stato accusato di istigazione al suicidio è ask.fm, cioè quello che ha fatto dell’anonimato la propria bandiera.

Bullismo, violenza, ma anche semplici calunnie, stroncature di ristoranti e hotel pilotate dalla concorrenza: l’anonimato sta trasformando il sogno di una comunità globale, nell’incubo del tutti contro tutti. Credo che le leggi internazionali dovrebbero sottrarci la piccola libertà di nasconderci dietro a un nickname per restituirci la grande libertà di usare civilmente e ragionevolmente una delle più strabilianti invenzioni dell’umanità”.

 

 

 

 

 

 

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