X

Da Mao a Deng, le parole chiave del “terzo plenum” del Partito Comunista Cinese

di Gianluca Pace |13 Novembre 2013 12:20

Da Mao a Deng, le parole chiave del “terzo plenum” del Partito Comunista Cinese

PECHINO (CINA) – A Pechino, in un hotel in periferia controllato da un massiccio servizio di sicurezza, si è concluso il terzo plenum del Partito Comunista Cinese. L’agenzia di stampa cinese ha affermato che il “terzo plenum”, iniziato il 9 novembre, ha approvato una decisione sulle “principali questioni che riguardano un completo approfondimento delle riforme”. Quali? Sergio Romano, dalle pagine del Corriere della Sera, racconta e descrive le decisioni che influenzeranno l’economia mondiale:

 La Cina continuerà a credere nel mercato e gli riconoscerà una maggiore autonomia. Ma vuole evitare bolle speculative, eccessivi aumenti del mercato immobiliare e del debito, pubblico e privato. La crescita, nel 2014, dovrebbe aggirarsi intorno al 7% del prodotto interno lordo e i cinesi saranno incoraggiati a spendere più di quanto abbiano fatto nell’ultimo decennio. Ma l’incoraggiamento, a giudicare dallo strepitoso aumento del commercio elettronico negli ultimi giorni, è probabilmente inutile. Sembra che il Comitato centrale del partito sia consapevole dei fattori d’instabilità sociale emersi negli ultimi anni: piccole ma numerose insurrezioni di villaggio, frequenti sfide al potere delle sezioni locali del partito, rabbiose proteste contro il degrado ambientale. Vi saranno maggiori garanzie per gli agricoltori, spesso privati bruscamente delle loro terre. Verrà creato un nuovo comitato per la sicurezza interna, con una implicita allusione al recente attentato di piazza Tienanmen nel quale avrebbero perso la vita cinque militanti uiguri, giunti da una provincia musulmana ai confini con il Kazakistan, il Xinyiang, che chiede una maggiore autonomia
Come tutti i buoni propositi, anche questi verranno messi alla prova sul terreno. Non è mai stato facile governare la Cina, ma le difficoltà, d’ora in poi non possono che aumentare. Il capitalismo di Deng ha creato una moltitudine di topi che si muovono sul mercato con grande aggressività e spregiudicatezza. Il mercato ha prodotto imprenditori intelligenti e dinamici, ma anche una corruzione che ha fortemente inquinato il partito. I personaggi ingombranti, come Bo Xilai, vengono messi in prigione, ma i seguaci sembrano decisi a costituirsi in partito. Le restrizioni demografiche (un figlio per famiglia) hanno rallentato la crescita della popolazione, ma la società cinese è oggi molto più vecchia di quanto fosse all’epoca della Rivoluzione culturale e dovrà affrontare i due grandi grattacapi dell’Occidente negli ultima decenni: il sistema previdenziale e quello sanitario.
Esistono infine problemi che sfuggono alla logica della programmazione. Che cosa accadrà del debito americano depositato nelle casseforti delle banche cinesi? Che cosa farà dei suoi missili il monello nord-coreano, un figlioccio imprevedibile e disobbediente? Quale sarà nei prossimi anni la politica estera del Giappone, dove il governo Abe parla un linguaggio più nazionalista di quello dei suoi predecessori? I cinesi sanno che non tutto può essere previsto e preparato, ma preferiscono avere nel cassetto un piano di lavoro a cui fare riferimento. Si adatteranno agli avvenimenti, ma credono nell’utilità di un progetto concordato al vertice e spiegato al Paese. E’ un retaggio del loro passato comunista, forse il migliore.

Scelti per te