D’Alema ha d’oro pure gli alberi, Mario Giordano su Libero

D’Alema ha d’oro pure gli alberi, Mario Giordano su Libero
D’Alema ha d’oro pure gli alberi, Mario Giordano su Libero

ROMA – Scrive Mario Giordano su Libero: “Produce spumante rosé, ma gli piace chiamarlo «champagne in esilio». È più chic.Non ha dimenticato l’Ulivo di Prodi, ma gli preferisce decisamente l’ulivo secolare del giardino,che vale 1.500 euro. Che poi non è niente, se confrontato ad altri alberi  ancor più rari, che s’è regalato: un giuggiolo da 15mila euro, per esempio”.

Mostra la sua tenuta messa su con i soldi dell’Europa (60mila euro) e la consulenza dell’enologo deivip: 16ettari divi- gneto, un paio di colline, un casale trasformato in residence d’été, pieno di gioielli del design, uova di Fabergé e collezioni di gufi. Tutto green naturalmente, con tempe- ratura costante, sempre 25 gradi all’interno. Epoi esibiscei suoica- ni, che azzannano persino più di quantoazzannava lui.«Sonomol- tocattivi,sbagliuna mossaetiuc- cidono», dicecon orgoglio.Quello che gli piace più di tutti è Ajace, co- sì feroce da dover rimanere rin- chiuso in gabbia: «Sempre oblia- sti, Ajace Telamonio, ogni pru- denza in guerra…», recita di slan- cio citando Vincenzo Cardarelli. E si capisceche glipiacerebbe fosse un’autobiografia.Infatti ,aggiun- ge, questo cane «non abbaia». Morde direttamente. Sembra quasila caricaturadi se stesso il Massimo D’Alema che salta fuoridai videoinediti edalle paginedellibro diAlanFriedman («Ammazziamo il Gattopardo», Rizzoli):per annil’hanno accusa- to diavere undebole peril lusso, dalle scarpe alla barcaa vela, e lui qui rivendica il diritto a circondar- si di un giuggioloda 15mila euro; l’hanno accusato di essere snob e lui parla di «champagne in esilio» prodotto con l’enologo dei vip; l’hanno accusato di essere aggres- sivo e lui qui si esalta a mostrare cani con denti «che sembrano squali». «Penso ai canini di D’Ale – ma. E al collo di Prodi», commenta Friedman con anglosassone per- fidia. Incasa spuntanodue teiere originalidella rivoluzionefrance- se e una candela rossa che raffigu- ra Mao. Avantipopolo, alla riscos- sa, con lo spumante rosé. Quellacheè statamostratal’al – tra sera nel video di Piazzapulita,e raccontata nelle pagine di «Am- mazziamo ilGattopardo», èla te- nuta diOtricoli, inUmbria. D’Ale – ma se l’è comprataperconsolarsi dellavendita dellabarcaa vela,la famosa Ikarus. È ancora un po’ar – rabbiato per quel distacco, così ar- rabbiato da risultare confuso. Da unaparte,infatti, dicechebarcaa vela non può essere sinonimo di lusso, dall’altra dice che l’ha ven- duta perché costava troppo man- tenerla. La contraddizione è evi- dente. Comunquelui l’harisolta a suo modo:si è comprato16 ettari di vigneti, pregiati filari di caber- netfranc epinotnero chedanno 35mila bottiglie l’anno diunvino che è entrato fra i primi 320 del mondo.Se questoèrisparmiare… Eppure il compagno D’Alema non si accontenta. Al giornalista indica un ex monastero che sovra- sta la sua tenuta e fa capire che vorrebbe comprarlo. «Se l’azien – daandrà bene,forsefaròun po’di soldi…», dice. Si capisce: finora, con le piante da 15mila euro e l’enologo dellecelebrity, èandato al risparmio. D’Alemasi presentaperl’inter – vista in jeans, scarpe da ginnastica e polo bianca firmata Les Copains. «Abbigliamentoda veroviticolto- re»,annota Friedmancheeviden- temente conoscei viticoltoriassai menodellafinanza. Ineffetti:ave- te mai visto qualcunoche pota le viti con la polo firmata Les Co- pains? Il peggioperò arriva quan- do l’ex segretario Ds smette di mo- strare il suo podere e comincia a parlare.Sipavoneggia conillibro di Condoleezza Rice che lo cita (bye bye Massimo, ricordate?), si compiace per qualche telefonata con Berlusconi, si vanta come al solito per i soliti convegni a Craco- via o dintorni (c’è sempre «gente importante»che vipartecipa,ov- viamente) .Ma quando sitratta di arrivare al punto,svicola sempre. Glissa. Glichiedono della Cgile lui si mettea recitare lastoria d’Italia, gli chiedono dell’economia e lui risponde che non c’era mai, e se c’eradormiva («ionon c’entro, io no…»), sela prendecon ilfederali- smo perdendosi in un lungo rac- conto su un cantiere alla foce del Tevere, ma dimenticando che le riforme del federalismo le hanno promosse lui e il suo partito… Prende vita solo quando gli ci- tano Prodi: allora scatta «come una tigre infuriata (o forse come un gattopardo)», annota Fried- man. Nega il complotto del ’98, parla convigore di menzognee di «odio politico». Ma è solo una fiammata.Subito dopotorna ain- serire il pilota automatico, con pa- role sfuggenti e discorsi in politi- chese cheal giornalistaanglosas- sonericordano Andreotti.UnAn- dreotti di sinistra,grande difenso- re dei partiti edella prima Repub- blica, un Andreotti pieno di rim- pianto per il passato, ma anche un Andreotti con spumante rosé, il giuggiolo da 15milaeuro, il design eil caneAjacechenon abbaiama morde direttamente.Un po’stra – no, no? Quando saluta Friedman, D’Alema gli fa un complimento: «La leggo sull’Heraldogni giorno e spesso sono d’accordocon quello che scrive», dice. E il giornalista non ha ilcoraggio di rispondergli la verità: è da 10anni che non scri- ve più sull’Herald. Andreotti l’avrebbe mai sbagliato? Povero D’Alema, caricatura di se stesso, fa quasi tenerezza: i complimenti non sono mai statiil suo forte. Ma adesso il vero problema è che, con buona pace di Ajace, non riesce nemmeno più ad essere cattivo: cerca di sputar veleno, e gli escono solonostalgia, ceramicheindesi- gn e pinot-cabernet.

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