D’Alema “sputtanato” dagli amici, non dai pm. Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano

D’Alema “sputtanato” dagli amici, non dai pm. Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano
D’Alema “sputtanato” dagli amici, non dai pm. Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano

ROMA – “Anziché invocare bavagli e destra e manca per magistrati e giornalisti – scrive Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano – Massimo D’Alema dovrebbe forse ringraziare gli inquirenti di Ischia per il servizio che hanno reso a lui e al resto degli italiani”.

L’articolo di Giorgio Meletti: Ai cittadini, aiutandoli a capire i meccanismi della corruzione. A lui, aiutandolo a scegliersi meglio gli amici, anche se di sinistra come l’ex presidente della Cpl Concordia Roberto Casari. La tesi garantista vede infatti nel coinvolgimento di D’Alema nell’inchiesta di Ischia l’ennesimo inserimento in atti giudiziari depositati di intercettazioni irrilevanti che sacrificano onorabilità e privacy dell’estraneo ai fatti. D’Alema si è dichiarato vittima di “sputtanamento”. E ha chiesto una legge a tutela dei non indagati, che senza colpa possono essere diffamati dalle parole degli intercettati.
L’ORDINANZA di custodia cautelare per Francesco Simone, capo delle relazioni esterne della cooperativa Cpl Concordia, e altri otto, indicata come arma dello sputtanamento, racconta un’altra storia. Non solo D’Alema non è indagato, ma non una sola parola del gip allude a suoi comportamenti men che corretti. Lo tira in ballo Simone nelle intercettazioni e in un successivo interrogatorio. Il suo ruolo è descritto come passivo e ignaro, e serve ai magistrati per descrivere l’inclinazione criminale di Simone che ne determina l’arresto.
Scrive il gip di Napoli Amelia Primavera: “Per comprendere fino in fondo e per delineare in maniera completa il sistema affaristico organizzato e gestito dalla Cpl Concordia, appare rilevante soffermarsi sui rapporti intrattenuti tra i vertici della predetta cooperativa e l’esponente politico che è stato per anni il leader dello schieramento di riferimento per la stessa CplConcordia – tra le più antiche cosiddette cooperative rosse – ovvero l’on. Massimo D’Alema. È infatti interessante, anche ai fini cautelari, apprezzare le modalità con le quali la Cpl Concordia si rivolge al mondo politico-istituzionale ovvero a quelle fondazioni o associazioni che, in qualche modo, sono espressione di tale mondo”.
La frase di Simone secondo cui D’Alema “mette le mani nella merda”, scrive il gip, “appare di estremo rilievo sia per il riferimento che gli interlocutori fanno ad alcuni appartenenti alle forze di polizia sia per il modo in cui gli stessi distinguono i politici e le istituzioni loro referenti, operando la netta ma significativa distinzione tra quelli che al momento debito si sporcano le mani, mettono le mani nella merda, e quelli che non le mettono, distinzione che appunto dice tutto a proposito del modus operandi della Cpl e dei suoi uomini, disposti – come si è visto – non solo a pagare e a corrispondere utilità a pubblici ufficiali e politici ma anche a sedersi intorno al tavolo con pericolosi esponenti della camorra campana”.
Si potrà anche considerarlo un giro di parole per aprire la strada allo sputtanamento di D’Alema. Ma è curioso che l’interessato se la prenda con i magistrati e non con Simone, che pure conosce abbastanza bene da chiedergli di comprare il vino dell’azienda agricola di proprietà dei suoi figli e amministrata dalla moglie, ma di cui parla quasi sempre in prima persona singolare.
QUANDO D’Alema ha letto le parole di Simone avrà sicuramente provato una forte delusione, e potrebbe addirittura aver provato gratitudine per la magistratura napoletana che ha fatto luce sulla reale natura e cultura di quei simpatici compagni trafficoni emiliani che organizzavano a Ischia presentazione del libro per il signore e presentazione del vino per la signora. Il gip, commentando la frase di Simone che spinge per “investire” su Italianieuropei, propone argomentazioni interessanti anche per i fior di intellettuali che affiancano D’Alema nella fondazione: “II termine ‘investire’ utilizzato dal Simone rende, più che mai, l’idea dell’approccio del Simone e della Concordia rispetto a tale mondo”. Poi si riferisce dei pagamenti a un’altrafondazione “della quale in tale sede, per ragioni investigative, si omette la denominazione”.
C’è dunque una fondazione messa peggio di quella dalemiana, quanto a sospetti e a indagini che proseguono. Da quanto scrive il gip si evince che su D’Alema non hanno scoperto niente, se non che Simone conquista la sua fiducia e lo esibisce come trofeo, come testimonial con cui impressionare il politico locale da corrompere.
QUESTO passaggio è centrale per capire i meccanismi corruttivi che pure tutti dicono di voler combattere. Non c’è alcuna ragione perché i magistrati lo tengano nascosto, anche perché l’inconsapevolezza di D’Alema è evidente. Si legge nel documento che qualcuno vorrebbe secretato: “Francesco Simone chiama Giuseppe Ferrandino (detto Giosi, sindaco di Ischia arrestato, ndr) e gli dice che Massimo verrebbe il 10 o l’11 maggio a presentare il libro ed aggiunge: ‘sotto la campagna elettorale faremo una cosa…’, sottolineando la concomitanza con il periodo delle elezioni europee ed aggiungendo poi: ‘Questo pure e un segnale forte che ti appoggia tutto il partito’. Ferrandino si mostra molto entusiasta”.
L’INCHIESTA rivela, e perciò D’Alema dovrebbe essere grato ai magistrati, che Simone mostra interesse per lui non perché scrive bei libri e fa un buon vino, ma perché gli serve per commettere reati. E che non finanzia Italianieuropei perché è un’istituzione culturale utile al Paese, ma perché “D’Alema sta per diventare commissario europeo”. Se con queste chiacchiere si vincono gli appalti, è bene che l’opinione pubblica le conosca. E se a D’Alema secca che alla gloria del leader si sostituisca la notorietà del commerciante di vino, pazienza. Non è colpa della giustizia.

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